Quando non si poteva contare fino a 194
una poesia di Savina Dolores Massa
La casa clandestina era in palazzo
salimmo scale, obbligate a non leggere
cognomi veri ai campanelli
a non vedere
fiocchi rosa o azzurri sulle porte
a non sentire alcun suono
di parole verseggiate per insulto
Ognuna, dei mobili in salotto, e delle altre
non ne notò la forma, ma intatto
resterà a vita quel ricordo, di come
si cercassero tra loro
le punte
irrigidite di ogni scarpa
Ognuna, entrò sola nella cucina
il tavolo puzzava di cipolle
triturate per un sugo, raffinate
con la carne e le sue spezie
il giorno prima
Ognuna, su quel tavolo
si spogliò solo le gambe
Il lutto era rosso nella vasca
embrioni da lavare a candeggina
o polvere abrasiva
acqua calda per un prossimo turno
atteso a testa bassa
taciturno
Scendemmo scale
obbligandoci a non leggere
cognomi veri ai campanelli
a non rubare
fiocchi rosa o azzurri dalle porte
a non sentire alcun suono
di parole verseggiate per insulto
UNA BREVISSIMA NOTA
Il riferimento è ovviamente alla legge 194, prima c’era solo l’aborto clandestino (db)
Immensa Savina!
Io amo questa donna!
c.
difendiamo questa legge… chi non vuole l’aborto, puo’ sempre non abortire… difendiamola…
Il dolore di una donna costretta a rinunciare ad un figlio non dovrebbe mai girare dentro bocche non autorizzate a parlarne. Si permetta loro, almeno, di non morire clandestine.
Ciao a tutti :o(