Questioni di plastica
Maria Rita D’Orsogna e Marco Astorri fanno il punto sulla plastica… un’altra plastica è possibile
Finita l’era del petrolio, Exxon e Shell investono nella maggior produzione di plastica – Maria Rita D’Orsogna
Non sono mica scemi quelli dell’oil and gas.
Il prezzo del petrolio non e’ piu’ lo stesso di qualche anno fa, il mondo capisce che occorre passare al sole e al vento per la generazione di energia elettrica, il mercato delle automobili del futuro e’ rinnovabile e non fossile, l’astio verso big oil e’ planetario.
Il loro modello di business, e lo sanno anche loro, e’ destinato al fallimento.
E quindi devono invenatarsi un modo per andare avanti con il loro business.
Uno penserebbe: va bene, si ri-inventeranno come ditte fornitrici di energia solare, o eolico, o penseranno a come creare batterie, auto ad idrogeno o qualsiasi altra cosa che sia green.
E invece no.
E invece… invece decidono di investire nella plastica.
Cioe’ vogliono che aumenti la produzione e il consumo di plastica a livello mondiale in modo da sopperire alle perdite collegate al declino del prezzo e del consumo del petrolio e derivati.
Ovviamente questo non fara’ altro che aumentare l’inquinamento da plastica nel pianeta, dall’Artico all’Amazzonia. E proprio nel momento in cui ci si rende conto che occorre diminuire la produzione di plastica nel mondo.
Tutto questo arriva da uno dei piu’ grandi consorzi di produzione di plastica nel mondo: la American Chemistry Council. Confermano infatti che la Exxon e la Shell hanno deciso di investire ben $180 miliardi di dollari — leggi 180 mila milioni di dollari – per la produzione di plastica con l’obiettivo di aumentarne la circolazione del 40%.
Sono cifre enormi.
La tendenza non e’ nuovissima, nel senso che le petrolditte negli scorsi anni di declino di introit da prodotti petroliferi e di costi della materia prima, hanno creato circa 300 nuove societa’ di plastica.
Ma adesso hanno messo la quinta e partono alla grande.
Fanno di tutto per aggrapparsi al passato e per non dover mettere in discussione il loro modello economico.
In questo momento i petrolieri producono il 99% della plastica che circola a livello mondiale, e questo solo per capire l’intimo legame che sussiste fra petrolio e plastica
E come per il tabacco e il tumore, come per il petrolio e i cambiamenti climatici, l’evidenza e’ schiacciante.
E lo sanno anche loro.
Gia’ degli anni ’70 i produttori di plastica (leggi i petrolieri) sapevano che i loro prodotti stavano inquinando mari, isole, fiumi e prati e hanno fatto finta di niente, investendo e facendo pressioni affinche’ non ci fossero leggi e sensibilizzaizone a contenere la plastica prodotta.
Appunto come tabacco e come petrolio. Esattamente lo stesso modello. E adesso cercano di continuare avanti, visto che la sensibilizzazione sul tema plastica non e’ ancora arrivata a livelli cosi forti come per tabacco e petrolio. Cioe’ cercano di spremere finche’ possono.
La produzione di plastica e’ invece fuori da ogni limite. Non se ne parla tanto, ma negli scorsi dieci anni abbiamo prodotto piu’ plastica che nei precedenti cento anni e milioni e milioni di tonnellate finiscono nei nostri mari, per quanto ci si sforzi di reciclare o di riusare.
E siccome la plastica non e’ biodegradabile, almeno nel tempo normale delle nostre vite e per le generazioni immediate, ci stiamo dirigendo verso uno stato di inquinamento irreversibile.
Dall’Oceano Pacifico, all’Artico, da Citarum in Indonesia alle isole Marshall la plastica e’ dappertutto, e non ce ne serve altra a soffocare altri uccelli, altri pesci, altre vite.
Quante altre cose migliori si possono fare con $180 miliardi di dollari?