Questura di Bologna: ancora un suicidio
di Vito Totire (*)
Ancora una volta la questura di Bologna è stata teatro di un suicidio. Così l’ANSA ieri: «Un poliziotto di 52 anni si è suicidato sparandosi con la sua pistola d’ordinanza nell’ufficio di gabinetto della Questura di Bologna. Lo hanno trovato nel suo ufficio alcuni colleghi di ritorno dalla pausa pranzo. L’agente, un sostituto commissario, si sarebbe sparato un colpo al cuore. Sconosciuti per ora i motivi del gesto: al momento non sarebbero stati trovati biglietti».
Questo evento luttuoso – per il quale porgiamo le nostre sentite condoglianze ai familiari e ai colleghi di lavoro – fa riflettere sull’adeguatezza delle politiche di prevenzione. Purtroppo dobbiamo dire che in Italia non esiste una politica di “contrasto” al suicidio.
In questa circostanza ci troviamo di fronte a contraddizioni evidenti:
- Il lavoro per attività, organizzazione e carichi materiali ed emotivi è particolarmente pesante;
- La facile disponibilità di armi è un fattore che non causa certamente il suicidio ma rende facile il “passaggio all’atto” di pulsioni suicidarie ove esistenti.
Per questo motivo il personale sottoposto a fattori di grave distress va attentamente monitorato e deve poter fare affidamento su misure di prevenzione e di benessere organizzativo che oggi mancano o sono fortemente lacunose COME DA DECENNI DENUNCIANO ANCHE LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DEI LAVORATORI.
Ovvio che il distress lavorativo potrebbe essere causa, concausa più o meno importante o marginale oppure essere, in alcune circostanze, del tutto ininfluente. Ma anche se caso le motivazioni di questo tragico atto fossero totalmente extralavorative rimane il problema della disponibilità dell’arma, rischio “indipendente” che di per sé deve essere monitorato.
CHIEDIAMO A GRAN VOCE L’ADOZIONE DI UN PIANO NAZIONALE DI PREVENZIONE DEL SUICIDIO CHE NECESSITA DI PERSONALE SPECIALISTICO E DI RISORSE DEDICATE ALLA PREVENZIONE SECONDARIA MA NECESSITA ANCHE DI VALUTAZIONI DEL RISCHIO E RIORGANIZZAZZIONE ERGONOMICA DEL LAVORO DI PERSONE CHE TROPPO SPESSO VENGONO CARICATE DELLE VELLEITA’ SICURITARIE DA DECISORI POLITICI CHE ADOTTANO MISURE DISCUTIBILI E INACCETTABILI “MANDANDO AVANTI GLI ALTRI”.
Ribadito il nostro sentimento di cordoglio e di solidarietà, una domanda ai familiari, ai sindacati e ai colleghi: l’agente suicida è un morto sul lavoro? Questo luttuoso epilogo poteva essere prevenuto?
Bologna, 16.6.2018
(*) Vito Totire è medico del lavoro/psichiatra