Reddito di Cittadinanza, una riforma migliorativa
di Diogene (*)
L’Alleanza Contro la Povertà ha prodotto un documento politico, rivolto a tutti i partiti impegnati nella campagna elettorale, per sottolineare che, nonostante il Reddito di Cittadinanza non sia una misura ancora perfetta, è comunque uno strumento fondamentale per contrastare la povertà in Italia e quindi va difeso, rafforzato e migliorato.
Ogni povertà è quasi sempre multidimensionale e complessa, non se ne può dare – come invece spesso accade nella propaganda elettorale – una versione monocausale e tutta incentrata sul lavoro. L’Alleanza in questi anni ha studiato, verificato e raccolto elementi per superare le criticità della misura e renderla più adatta alla fase sociale in corso. Rimandiamo ai documenti specifici la trattazione più puntuale, in questa sede ci limitiamo a sintetizzare le principali richieste per riformare il RdC. Esse sono:
Modifiche dei requisiti all’accesso
Presentazione della domanda: partire col piede giusto accompagnando le persone nella fase di presentazione della domanda presso i punti unici di accesso.
Scala di equivalenza: la scala attuale penalizza le famiglie con più figli. La soluzione coerente consiste nel far uso della scala di equivalenza Isee.
Stranieri: la norma attuale prevede un vincolo discriminatorio per cui per essere beneficiari del RdC occorre essere residenti in Italia da 10 anni. Si tratta di portare tale vincolo sul più ragionevole livello dei 2 anni.
Patrimonio mobiliare: sarebbe importante allentare il vincolo aggiuntivo sul patrimonio mobiliare, prevedendo un innalzamento della soglia per includere coloro che sono poco sopra il margine o renderlo più flessibile.
Modifiche della presa in carico e della gestione
Analisi preliminare: la normativa del RdC prevede un automatismo rispetto alla destinazione della presa in carico (personalizzata) tra Centri per l’Impiego e Servizi
sociali comunali. Si tratterebbe allora di reintrodurre l’analisi preliminare del nucleo beneficiario in modo da valutare adeguatamente i suoi bisogni multidimensionali, rivedendo il meccanismo automatico di selezione dei percorsi di inserimento per migliorare la capacità di intercettare il disagio sociale. Inoltre, è importante rafforzare la collaborazione e il coordinamento tra CpI e Servizi sociali territoriali tramite la definizione di protocolli di lavoro congiunto e promuovere l’utilizzo integrato delle banche dati degli enti coinvolti nell’implementazione del RdC (INPS, Comuni, GEPI, MyAnpal).
Progetti utili alla collettività: i PUC dovrebbero essere resi volontari, secondo una logica basata sull’empowerment e capacitazione dei soggetti più fragili.
Percorsi di riqualificazione: serve accogliere i nuovi profili a rischio di povertà; il sostegno economico deve essere una delle due gambe del RdC, i servizi per favorire il ritorno al lavoro devono essere l’altra, tenendo conto della nuova platea di poveri. Il RdC deve prevedere percorsi ben funzionanti e mirati di aggiornamento e miglioramento delle competenze e un nuovo disegno della compatibilità tra RdC e reddito da lavoro, per evitare la trappola della povertà.
Inwork benefit: un RdC “amico dell’occupazione”: si tratterebbe di ridurre l’aliquota marginale (la “tassazione”) applicata al reddito da lavoro, abbassandola dal 100% fino al 60%; aumentare il reddito.
(*) ripreso da diogeneonline,
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