Ribolla: vi ricordate quel 4 maggio 1954?
La strage mineraria nel paese della Maremma grossetana provocò la morte di oltre 40 minatori a causa dello scoppio di grisou. La Società anonima delle miniere di Montecatini riuscì a strappare l’assoluzione. A distanza di 70 anni, purtroppo, non è cambiato niente e quasi quotidianamente avvengono nuove morti sul lavoro.
di David Lifodi
Foto ripresa da http://www.ribollastory.net/
Settant’anni fa, a Ribolla, nella Maremma grossetana, oltre 40 minatori rimasero uccisi a seguito dello scoppio di grisou, a 354 metri sotto terra, nel pozzo Camorra. La “padrona”, così era chiamata dagli abitanti del villaggio minerario la Società anonima delle miniere di Montecatini, amministratrice della miniera stessa, si era sempre disinteressata delle misure di sicurezza per tutelare la vita degli operai.
L’esplosione di quel 4 maggio 1954 non colse di sorpresa il paese e non fu una tragica fatalità. Il grisou era scoppiato anche anni prima, nel 1925, nel 1935 e ancora nel 1945, ma la produzione e il profitto, allora come ai giorni nostri, passavano avanti ad ogni cosa. Per chi lavorava a Ribolla e segnalava i rischi che correvano gli operai sul posto di lavoro, non era così raro essere spediti per punizione a Carbonia, nella miniera Serbariu, o in altre miniere della Sardegna, con l’appellativo di “comunista” e “sovversivo”.
Non a caso, con amara ironia, riferendosi alla tragedia mineraria di Ribolla, Luciano Bianciardi, nel suo “La vita agra”, scriveva: «Ma la mattina del tre la festa era finita, e allora sotto a levare lignite. Si erano riposati abbastanza o no, questi pelandroni?
Eppure il caposquadra aveva fatto storie: diceva che dopo due giorni senza ventilazione, giù sotto, era pericoloso scendere, bisognava aspettare altre ventiquattro ore, far tirare l’aspiratore a vuoto, perché si scaricassero i gas di accumulo.
Insomma pur di non lavorare qualunque pretesto era buono».
Le testimonianze di allora e gli allarmi sulla pericolosità del lavoro sotto terra furono sottovalutate, se non addirittura ignorate, come del resto succede oggi. A Ribolla e in tutti paesi della Maremma grossetana, quei giacimenti di lignite e pirite scoperti tra gli anni Trenta dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sembravano rappresentare una manna perché producevano posti di lavoro, soprattutto durante la prima e la seconda guerra mondiale.
Tuttavia, secondo uno schema ancora oggi rimasto invariato nel sud del mondo e non solo, arriva un’impresa che pretende di amministrare i giacimenti. Dal 1924 la Montecatini, significativamente denominata anche “la piovra”, non acquista soltanto la miniera, ma dispone della vita e perfino degli svaghi degli stessi operai.
Grazie alla Montecatini aumentano i posti di lavoro, il paese di Ribolla cresce e si sviluppa tanto da avere anche un teatro, ma, al tempo stesso, agli operai viene razionata l’acqua: solo due brocche a famiglia. Nulla era gratis: i servizi venivano scalati dallo stipendio a fine mese. Soprattutto dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il lavoro inizia a diminuire e i conflitti sindacali aumentano, fino a deflagrare.
La Montecatini, anche dopo la sciagura, continua a credere di poter disporre liberamente della vita degli operai, ma di fronte alle medaglie al valore concesse alle famiglie dei morti sul lavoro, sono gli stessi familiari a scagliarle contro i dirigenti dell’impresa. Ribolla, in quei giorni, rappresentò il centro di un dolore condiviso da tutti quelli che erano abituati a vivere nei sotterranei della storia, ma al tempo stesso si trasformò in una sorta di paese auto-organizzato che rivendicava uno slogan che anni dopo sarebbe stato gridato nei mille conflitti sociali tra gli anni Sessanta e Settanta in tante piazze e fabbriche del nostro paese: “Il potere dev’essere operaio”!
In quei momenti così drammatici i minatori, di fronte agli aiuti che tardavano ad arrivare, avevano formato autonomamente delle squadre di soccorso, tanto che erano gli stessi agenti di pubblica sicurezza inviati per il servizio d’ordine ad attenersi direttamente alle indicazioni della Cgil.
Ai funerali “era impressionante vedere quel mare di gente; c’erano diverse centinaia di uomini della celere perché si temeva una sommossa”, ricorda una testimone di allora.
Foto ripresa da https://www.ilgiunco.net/fotogallery/66-anni-fa-la-tragedia-della-miniera-di-ribolla-le-foto-storiche/
E ancora, un minatore salvatosi casualmente, racconta al quotidiano Il Tirreno, che dedicò uno speciale alla strage il 3 maggio 1994, nel quarantennale della tragedia: “Scesi giù nella galleria di base dove c’erano gli incendi; la notte c’erano stati un minatore di Ribolla, il Bianciardi, conosciuto da tutti come Cartolina, e due di Roccastrada che avevano lavorato a tener bassi questi fuochi. Misurai l’aria con la lampada grisoumetrica che avevo perché ero capo-compagnia, e la miscela era alta.
Dissi: “Se parte il gas qui non si salvano nemmeno i topi”.
Uscimmo fuori. Arrivai al pozzo, il pozzo era libero; erano le 7 e 20, il trenino ci portò ai pullman.
Quando arrivai a Montemassi vidi un pennacchio di fumo sopra il Camorra e pensai che fosse partito il fuoco dentro la 33; invece era partita la botta del gas.
Il tempo di prendere un caffè in casa, sentivo gridare la gente fuori e un amico mi riportò giù in motocicletta; ritornai a Ribolla».
Purtroppo quei morti servirono solo a spingere la Montecatini alla fuga, ma non ad assumersi le proprie responsabilità. Non solo, nel 1958, il processo per la strage di Ribolla si concluse con una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto, ma l’impresa aveva già abbandonato il paese dopo aver deciso di chiudere le miniere perché la lignite non serviva più.
Alle sue spalle la Montecatini lasciò solo macerie, morali e materiali, cercando inoltre di imporre ad Otello Tacconi, minatore e sindacalista, di ritirare un articolo pubblicato su l’Unità alcuni mesi prima della strage, il 25 febbraio 1954, dal titolo eloquente : “Nelle miniere della Montecatini usano ancora il porcellino d’india per segnalare l’ossido di carbonio”.
Gli avvocati della Montecatini prima provarono a blandirlo, poi gli proposero un nuovo lavoro in uno stabilimento della società o, in alternativa, un assegno da 25 milioni, ma il minatore non si fece mai comprare.
Le testimonianze sulla strage mineraria sono consultabili sul sito web http://www.ribollastory.net/tragedia.html
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega