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La Bottega del Barbieri

Riflessioni a un anno dall’alluvione in Emilia Romagna/1

di Alexik (*)

Milano, 16 maggio 2024.

È tornata la stagione delle piogge e nuove alluvioni si abbattono sul Belpaese senza che nessuno abbia ancora messo seriamente mano ai danni inferti da quelle di un anno fa. Nuovi eventi metereologici estremi, sempre più frequenti, tanto da diventare ormai abituali, si abbattono sulla vita delle persone: le vite perdute, le case allagate, i campi distrutti…

In mezzo a tanta incertezza sul futuro, comunque, una sicurezza c’è: lo Stato (quello che stanzia 8 miliardi per i carri armati Leopard), non correrà in loro soccorso.
L’Emilia-Romagna è l’esempio di ciò che le aspetta: a un anno esatto dal disastro la maggior parte delle persone colpite non ha visto ancora un euro degli aiuti promessi. Nelle zone dell’alluvione del maggio 2023, a fronte di 8,5 miliardi di danni stimati (5 del settore pubblico e 3,5 dei privati) al momento solo 400 milioni sono arrivati a destinazione per gli interventi sulle 81.000 frane, sulle strade e sui fiumi, più 100 milioni ai privati per spese urgenti, ed altri 1,4 milioni di ristori attraverso la piattaforma regionale Sfinge.
Irrisori i rimborsi decisi sulla carta, allucinante e costosa la pratica per richiederli (per i dettagli rimandiamo ai numerosi servizi giornalistici di questi giorni) (1).

 

Conselice sott’acqua, by Cesare Berillà, Wikimedia Commons.

Sul versante dei lavori pubblici, con fondi insufficienti, l’Emilia-Romagna si concentra – comprensibilmente – sulla messa in sicurezza delle frane, sul ripristino degli argini e della viabilità.
Non è però in alcun modo all’ordine del giorno un ripensamento complessivo sulle politiche del territorio che vada ad incidere su alcune delle principali cause del disastro. Perché, se da un lato è innegabile che l’alluvione del 2023 abbia avuto origine da una eccezionale estensione e intensità delle piogge torrenziali, è altrettanto innegabile la vulnerabilità dei territori interessati, frutto di decenni di politiche di “sviluppo”.
Il problema investe molteplici aspetti: i cambiamenti climatici, l’espandersi dell’urbanizzazione (anche in zone a rischio), l’artificializzazione dei corsi d’acqua, la distruzione dei territori naturali, la gestione dei suoli, la subsidenza connessa ad attività industriali ed estrattive, la mancata
valutazione dei rischi.
Proviamo, in questa sede, ad affrontarne alcuni.

Eventi estremi

Son passati ormai più di 30 anni da quando l’IPCC ha lanciato i primi allarmi riguardo alla correlazione fra aumento della temperatura globale e intensificazione degli eventi metereologici estremi con riferimento anche alle inondazioni, fra le altre tipologie di catastrofe. Da allora questo tipo di allarmi, corredati da centinaia di studi scientifici, si sono fatti sempre più gravi e frequenti.

Le caratteristiche temporali dei flussi della corrente [dei corsi d’acqua] in quasi tutte le regioni hanno mostrato una maggiore variabilità e amplificazione degli estremi, con maggiori volumi di inondazione e picchi di flusso, accanto a un aumento degli episodi di magra… (IPCC 1992)
Il rischio di alluvione dei fiumi aumenterà in gran parte del l’Europa” … (IPCC 2001)
Un clima più caldo, con la sua maggiore variabilità climatica, aumenterà il rischio di inondazioni e siccità … Le alluvioni dipendono dall’intensità delle precipitazioni, dal volume, dai tempi, dalle condizioni antecedenti dei fiumi e dei loro bacini di drenaggio … L’invasione umana nelle pianure alluvionali e la mancanza di piani di risposta alle alluvioni aumentano il potenziale di danno” … (IPCC 2007)

Allarmi che sono cresciuti di pari passo alla moltiplicazione dei disastri nella realtà.
Tra il 1970 e il 2019 la World Meteorological Organization (WMO) ha registrato a livello mondiale più di 11.000 catastrofi – classificate come tali in base ai criteri dell’International Disaster Database
(EM-DAT) (2) – dovute a condizioni metereologiche estreme, che hanno causato più di 2 milioni di morti e $ 3,64 trilioni di danni. Il 44% erano associate a inondazioni, correlate in più della metà dei casi a esondazioni fluviali.
Nel corso di mezzo secolo il numero di catastrofi dovute a condizioni metereologiche estreme registrate dalla WMO è quasi quintuplicato, passando dai 711 del periodo 1970-1979 ai 3.165 del decennio 2010-2019.
In Europa, negli stessi periodi a confronto, è aumentato più di sette volte.
(3)

                  

Ciò che registriamo adesso come emergenza mondiale non è dunque una novità piombataci all’improvviso fra capo e collo, ma un processo graduale ampiamente annunciato, di cui non si è voluta – coscientemente – invertire la tendenza, per evitare di mettere in discussione la preminenza degli interessi del capitale sugli interessi comuni di specie (non solo la nostra). E per lo stesso motivo non si è voluta invertire la tendenza di processi di espansione urbana, agroindustriale, infrastrutturale, capaci di rendere i territori sempre meno “resilienti” (tanto per utilizzare una parola più che abusata) a fronte degli eventi estremi, e che in questi ultimi decenni si sono al contrario accelerati.
Da questo punto di vista, l’Emilia-Romagna non ha fatto eccezione. Il disastro del 2023 è frutto di questi processi convergenti.

All’indomani dell’alluvione, la prima relazione dell’ARPAE ne ha descritto l’intensità ed estensione: “La cumulata di precipitazione registrata nel periodo 1-17 maggio è il record storico di cumulata a 17 giorni per oltre il 65% dei pluviometri dei bacini del settore centro-orientale della regione, alcune con serie di dati superiori ai 100 anni, con valori oltre i 300-400 mm cumulati nel periodo, e massimi di 609,8 mm a Trebbio (Modigliana, bacino del Lamone), e 563,4 mm a Le Taverne (Fontanelice, bacino del Santerno)”.
Non si è trattato solo della quantità delle piogge, ma della vastità del territorio coinvolto, con precipitazioni di particolare intensità e durata a monte, sulle aree di origine dei fiumi e torrenti che hanno riversato enormi quantità di acqua su una pianura già intrisa dalle precipitazioni a valle. In 23 sono esondati, alcuni anche più volte e in più punti. I canali di bonifica, pensati per drenare l’acqua delle paludi e non certo le esondazioni dei fiumi, non hanno retto. L’Adriatico in mareggiata non riusciva a ricevere.

                            

                        

In pochi giorni un’intera ideologia di gestione del territorio, basata su una assurda pretesa di poter comprimere l’acqua dentro camicie di cemento e muraglie di argini, ha dimostrato la sua inadeguatezza e inutilità. Ed è saltata. Ma non poteva essere messa in discussione prima della catastrofe? 
Perchè c’erano già stati eventi minori, segnali di allarme del fatto che la situazione stava mutando velocemente in peggio, e che era necessaria una presa d’atto e una assunzione di responsabilità.

Dal 2010 alla fine di aprile 2023, l’Osservatorio Nazionale Città Clima di Legambiente ha raccolto evidenze e mappato 828 allagamenti per piogge intense e 210 esondazioni fluviali distribuite per tutta la penisola ed isole maggiori. Per restare in Emilia-Romagna, questa è la rassegna delle alluvioni nei 10 anni che precedono gli eventi del 2023.

Rimini 24 giugno 2013

24 giugno 2013. La provincia di Rimini viene interessata da un forte temporale, registrando accumuli record con 147 millimetri in un’ora. L’intensità delle precipitazioni espone la città a criticità elevate nel giro di pochissimo tempo, rendendo difficili anche le operazioni di soccorso. Due vittime.

19 gennaio 2014. Il fiume Secchia rompe l’argine destro all’altezza di San Matteo (MO), inondando Bastiglia, Bomporto, San Prospero, Camposanto, Finale Emilia, Medolla e San Felice sul Panaro.
Si stima il volume d’acqua fuoriuscito tra i 36 milioni e i 38 milioni di metri cubi, con un colmo dell’onda di piena superiore ai 400 metri cubi al secondo. Quasi due metri di acqua e fango s
ommergono i comuni della Bassa modenese.

20 settembre 2014. Dopo una nottata di nubifragi i fiumi tra bolognese orientale e Romagna centro occidentale raggiungono dei livelli localmente mai raggiunti da quando si effettuano le misurazioni. Le zone più colpite sono quelle di Riolo Terme, Brisighella, Casola Valsenio ma anche i bacini del Santerno (nell’Imolese), del Senio, della Sintria, del Lamone e del Marzeno con i rispettivi affluenti. L’acqua del Lamone a Faenza si infiltra nelle condotte di scarico uscendo per le strade e provocando allagamenti. Il Santerno esonda a Imola, e a monte danneggia pesantemente diversi ponti.

Parma 13 ottobre 2014

13 ottobre 2014 Piogge incessanti colpiscono l’alto Appennino parmense scaricando in poche ore accumuli eccezionali: a Marra cadono 308.8 mm. I fiumi Parma e Baganza aumentano la loro portata velocemente e nel tardo pomeriggio esondano su diverse aree. L’alluvione per fortuna non provoca vittime ma tantissimi danni. Fortemente colpito anche il piacentino con diverse frane e danni.

4 – 7 febbraio 2015 Colpite le province orientali: andati in piena in particolare i corsi d’acqua principali della rete di bonifica nelle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, a partire dagli affluenti di destra del fiume Reno, fino a tutti i bacini pedecollinari e di pianura dal Reno alla Romagna. Tracimazione di acqua marina oltre la spiaggia con allagamenti anche di molti centri abitati. La coesistenza delle piene dei canali e della mareggiata non ha permesso il normale deflusso delle acque verso il mare.

13-14 settembre 2015 Perturbazione concentrata sulle province di Parma e Piacenza, principalmente sui bacini dei fiumi Trebbia, Aveto, Nure, e Ceno, Estesi fenomeni di divagazione dell’alveo e di erosione delle sponde lungo i corsi d’acqua interessati. Danni ingenti e diffusi alle infrastrutture, attraversamenti stradali, insediamenti produttivi e centri abitati.

27 febbraio – 27 marzo 2016 Eventi di piena sul reticolo idrografico principale e minore del territorio montano e di pianura: interessati tutti i fiumi emiliani affluenti del Po, dal Tidone al Panaro, più il fiume Reno con i suoi affluenti, nelle province di PC, PR, RE, MO, BO, FE. Danneggiamenti di opere idrauliche, erosioni spondali, esondazioni e tracimazioni di fossi e canali con conseguenti allagamenti e parziali asportazioni di strade, importanti accumuli di materiale detritico, danni alle strutture dei ponti con conseguente chiusura al transito, nonché cedimenti di parti delle reti fognarie.

giugno, luglio e agosto 2017 Una successione di perturbazioni (25 – 29 giugno, 11 luglio, 6 agosto) colpisce le aree del modenese, del ravennate, del bolognese e del piacentino, fino al mare Adriatico. Ingenti danni diffusi, danneggiamenti a linee elettriche e telefoniche con conseguenti blackout e ritardi a treni ed aerei. In provincia di Modena, tra Castelfranco Emilia e Spilamberto, invece, sono riportati anche scoperchiamenti di tetti.

Reggia di Colorno dicembre 2017

8-12 dicembre 2017 Interessati i principali corsi d’acqua del settore centro occidentale della regione, dal Trebbia al Reno da piene ragguardevoli con superamento dei livelli massimi storici registrati. Sono stati particolarmente sollecitati sia i tratti montani, con forti erosioni e danneggiamento delle opere di difesa, sia i tratti arginati di pianura del reticolo idrografico. La situazione più grave ha interessato il fiume Enza in comune di Brescello con sormonto e rottura arginale con conseguente allagamento della cella idraulica adiacente, interessata da edifici residenziali e diverse attività produttive.

2 febbraio-19 marzo 2018 Livelli idrometrici elevati per un lungo periodo di tempo (più di un mese) creano condizioni di criticità idraulica alle opere di difesa, sia sul reticolo principale sia sul reticolo secondario e di bonifica. Nei corsi d’acqua delle province occidentali, (Trebbia, Tidone e Nure PC) (Taro, Ceno, Parma e Baganza PR) (Enza e Secchia e loro affluenti Reggio Emilia) (Dolo Dragone e Leo Scoltenna rispettivamente affluenti di Secchia e Panaro MO) i rilevanti depositi di sovralluvionamento degli eventi delle scorse stagioni, hanno concentrato le correnti, di queste ultime piene, contro le opere di difesa di sponda interessandole con fenomeni di sovra incisione e di erosione fino alla compromissione delle stesse. Nelle pianure di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì Cesena si sono verificati diffusi dissesti alle arginature del sistema consortile. Il sistema della viabilità provinciale e comunale è stato fortemente compromesso sia a causa delle erosioni spondali sia a causa del dissesto idrogeologico.

ottobre 2018 Piogge intense nei territori montani di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena: interessati in particolare la APSFR regionale Taro, esondazioni di rii minori, con danni alle opere idrauliche, alla viabilità comunale e provinciale.

Argelato febbraio 2019

febbraio 2019 Particolarmente interessati i bacini di Taro, Parma, Enza, Secchia, Panaro e Reno (interessato quest’ultimo anche da una rotta arginale nel tratto di APSFR distrettuale). Rilevanti danni vengono registrati al sistema della bonifica a causa di tali volumi straordinari. Interessati da diversi danni i fiumi Taro, Secchia, Panaro, Santerno, Savena e Idice con gravi danni ai ponti e alle infrastrutture a valle. Registrate diverse criticità in alta val Nure, val Trebbia (Cortebrugnatella) e in val Boreca. Particolarmente colpito il territorio montano modenese e bolognese.

maggio 2019 Interessati i territori delle province di Parma, Reggio-Emilia, Modena, Bologna Ferrara e la costa (eventi del 5 e del 6 maggio 2019) e il settore centro-orientale, dal Reggiano alla Romagna (nei giorni 12, 13 e 14 maggio 2019). In questo secondo evento sono state colpite le aree di media-alta collina, a partire dal bacino del Fiume Enza (province di Parma e RE), per proseguire con il Tresinaro, Secchia, Tiepido e Panaro nel Modenese, Samoggia, Lavino, Reno, Idice, Quaderna, Sillaro e Santerno nel Bolognese, Senio e fiumi romagnoli Lamone, Montone, Savio e Marecchia nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini con piene fluviali eccezionali e persistenti che in alcune sezioni idrometriche hanno raggiunto e superato i rispettivi record storici, segnatamente sui fiumi Secchia, Samoggia, Sillaro, Lamone, Montone, Ronco e Savio. Criticità nel reticolo idraulico principale e minore con rotte fluviali, sormonti, rigurgiti, occlusioni di ponti a causa della vegetazione accumulata, erosioni spondali ed arginali, esondazioni.

22 giugno 2019 Eventi atmosferici eccezionalmente severi sull’intero territorio regionale con fenomeni grandinigeni, associata alle forti raffiche di vento, allagamenti localizzati.

Budrio, esondazione dell’Idice, novembre 2019

ottobre-novembre 2019 I corsi d’acqua centro-orientali della regione sono interessati da uno stato di piena quasi permanente. Piene superiori ai massimi storici sui fiumi Samoggia, Sillaro, Idice, e 4 rotte arginali che interessano i tratti di pianura di Savena abbandonato, Quaderna, Idice – APSFR regionale – ed il canale diversivo della Burana. Nei tratti vallivi di Secchia, Panaro e Reno (APSFR distrettuali) gli eventi di precipitazione consecutivi mantengono elevati livelli idrometrici per parecchi giorni, mettendo in crisi il sistema arginale ma anche il reticolo idraulico secondario e quello dei Consorzi di Bonifica, che mettono in atto numerose manovre di opere idrauliche, anche straordinarie, al fine di limitare i fenomeni di allagamento sul territorio fino all’esaurimento delle piene.

giugno-luglio 2020 Allagamenti localizzati nel reggiano e nelle zone collinari e montane del Bolognese, e intensi fenomeni fluvio-torrentizi con erosione, trasporto ed accumulo di detrito, che interessano edifici e viabilità nel comune di Alto Reno Terme. Rapidi innalzamenti dei livelli idrometrici sono registrati nei tratti montani di Reno, Panaro e dei loro affluenti montani, con fenomeni di erosione delle sponde che causano danni alla viabilità nel Modenese.
Le precipitazioni intense e in alcuni casi persistenti provocano danni e allagamenti in particolare nella bassa parmense, bassa reggiana, fascia pedecollinare modenese e in Comune di Valsamoggia (BO).

Nonantola dicembre 2020

6 dicembre 2020 Modena finisce sott’acqua a causa dell’esondazione del Panaro. Allagata, in particolare, la zona Fossalta. L’esondazione del fiume Panaro, a causa della rottura di un argine tra Castelfranco Emilia e Gaggio, ha provocato ingenti danni a Nonantola. Toccata per prima la frazione di Bagazzano e poi la zona industriale. L’esondazione coinvolge poi tutta la parte a sud della Strada Provinciale fino a via Masetto e la zona a nord fino al termine della frazione di Casette. (1. Continua)

(*) Tratto da Ecor.Network.


Note:

1) Bernardo Iovene, Presto che è tardi, Report RAI, puntatadel 14/01/2024.
Sara Scheggia, Danni certificati per 8 miliardi e mezzo, ai privati rimborsi a rilento, TG3 Emilia Romagna del 15/05/2024.

2) Vengono definiti come disastri eventi imprevisti e spesso improvvisi che causano danni significativi, distruzione e sofferenza umana, che superano le capacità locali e che richiedono una richiesta di assistenza esterna a livello nazionale o internazionale.

3) World Meteorological Organization, WMO Atlas of Mortality and Economic Losses from Weather, Climate and Water Extremes (1970–2019), 2021, pp. 90.

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alexik

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