Riflessioni sul Solarpunk
Mauro Antonio Miglieruolo in risposta all’articolo «raccontare il mondo, cambiarlo» di Franco Ricciardiello
Ho letto Solarpunk: raccontare il mondo, cambiarlo di Franco Ricciardiello e mi ha molto stimolato. Però ho difficoltà a intervenire. Sul piano puramente letterario mi sento – e sono – una sorta di dinosauro, la cui specie si è formata nel pieno del periodo aureo della Fantascienza; e la cui scomparsa coincide con la caduta di un devastante meteorite. Mi riferisco all’epoca ormai antidiluviana nella quale è stata celebrata la fine dell’utopia (non letteraria, quella sociale); l’avvento del pensiero debole; la polemica antideologica promossa dai sacerdoti dell’ideologia (l’ideologia loro e dei mandanti che concedevano e concedono prebende e privilegi. Privilegi piccoli, ma sofficienti a determinare la corruzione intellettuale di almeno un paio di generazioni di pensatori). Oggi la situazione è cambiata e forse anche per questo (concausa) possono sorgere movimenti quali quelli descritti (e promossi anche da Ricciardiello) nell’articolo.
Ma le difficoltà mie non sorgono da quest’unica carenza. Nascono anche dal fatto che di quello che è stato pubblicato negli ultimi venti, forse trenta anni, ho scarsa conoscenza. Il che mi costringe a una doverosa reticenza. Non vorrei diventare come i tuttologi televisivi che parlano senza sapere nulla (almeno a giudicare dalle falsità e castronerie con le quali ci umiliano: evidentemente ci ritengono tutti cretini).
In quanto però assiduo frequentatore di ciò che è stata la vecchia fantascienza mi sento autorizzato a argomentare almeno sulle cause che l’hanno determinata. Ognuno, confrontando le condizioni di allora con quelle di oggi, potrà valutare sia la consistenza dell’offerta Solarpunk, sia la fondatezza della speranza di un certo successo. Speranza che è mia prima di qualsiasi altro, esclusi i fondatori del movimento, che hanno diritto a ogni primazia e considerazione per l’audacia immaginativa: il che fa ben sperare sull’esito della storia di questa proposta. La teoria, per quanto bella, in specie le teorie non scientifiche, trovano avallo nella pratica: auguro pertanto a tutti i fondatori del Solarpunk un felice compimento delle loro speranze.
Ritengo comunque opportuno, a proposito delle condizioni che hanno favorito la nascita della fantascienza (che, anzi, l’hanno resa necessaria), soffermarmi su una di cui non ho mai scritto. Non almeno nei termini nei quali credo sia opportuno parlarne adesso. E cioè il dato oggettivo, la spinta materiale che ha necessitato allora (anni ’20) il sorgere della moderna fantascienza; e che potrebbe oggi necessitare la nascita del Solarpunk. Questo dato oggettivo è presto detto: l’esistenza di lotte operaie e sociali che a partire almeno dall’epoca dei sanculotti e del giacobinismo hanno alimentato per più di due secoli le istanze di cambiamento. E le hanno pure in parte realizzate! La fantascienza moderna in particolare è nata in un periodo caratterizzato da varie rivoluzioni mondiali, alcune delle quali hanno portato, se non i lavoratori al potere, a profondi cambiamenti istituzionali. La Rivoluzione Cinese, quella messicana, l’Ottobre Russo, l’irrompere della speranza dei Consigli in vari Stati (Ungheria, Germania, Italia eccetera). Persino quando la spinta mondiale era ormai esaurita, cioè nella guerra di Spagna, il proletariato ha continuato a sfidare la borghesia; insistendo nel dopoguerra con i movimenti di liberazione dal colonialismo che hanno alimentato l’illusoria speranza di una prossima fine del capitalismo. Capitalismo che in realtà stava solo prendendo le misure al suo nemico; che stava preparando una nuova offensiva, il cui indiscutibile successo è stato assicurato dalla combinazione di una coppia di elementi estremamente favorevoli: il discredito nel quale erano caduti i regimi nati dalle rivoluzioni dei primi decenni del secolo; il riformismo dei partiti che da quelle esperienze erano nati che il capitale aveva intuito fosse giusto assecondare. Cosicché le masse erano state acquietate e l’idea di cambiamento screditata. Il trionfo della borghesia inevitabile. Annullata ogni istanza di prevedere un domani migliore.
Mi chiedo dunque – a tutti e tutte – se nelle diverse condizioni qui delineate sia possibile “ripartire”: anche se gradualmente si scorge una tendenza al declino dell’influenza delle idee di conservazione, quindi un ritorno (almeno) allo stato delle cose che hanno caratterizzato la fine dell’Ottocento sarà possibile ripetere non l’esplosione poetica della poesia dell’avvenire (la fantascienza ha contribuito a plasmare il senso comune forse più di quanto abbiano fatto i futuristi) ma quantomeno porre le basi per la Nuova Letteratura che non dovrà essere necessariamente centrata sul trionfo del radioso avvenire.
Ho qualche dubbio sia oggi possibile delineare le caratteristiche di una nuova letteratura (valuto la fantascienza come parte intrinseca della letteratura, non in subordine, ma come espressione primaria). Non sarà facile, nelle attuali condizioni di oscurantismo culturale, arrivare a comporre un corpo di opere che costituiscano una poetica compatta e in grado di incidere. Certo – lo si vede – le forze e il coraggio non mancano. Neppure manca il contributo delle donne che, mi sembra di capire, sono in prima linea. Esistono le distorsioni, le contraddizioni, le nefandezze da rovesciare e rimproverare. Però non sono assenti ottime intenzioni. L’articolo di Ricciardiello è chiaro in proposito. Con molto coraggio si tenta di lanciare qualcosa di nuovo, che tale sarà se riuscirà a attrarre a sé forze sufficienti, tali da costituire quella massa critica letteraria in grado, a sua volta, di attrarre le masse. Attrarle prima e poi convincerle a seguire, dare sostegno; e a fornire gli elementi con i quali espandersi più efficacemente nella direzione auspicata. Le masse sono decisive non solo nella lotta politica e ideologica ma anche in quella artistica. Da una parte gli intellettuali avvertono il cambiamento e lo mettono in evidenza; dall’altro la convinzione che riescono a creare spinge a radicalizzare sempre più il pensiero: a ricomporlo in forme nuove ed esteticamente corrette.
Questo scritto dunque non ha altro scopo che porre sull’avviso. Occorreranno energie, molto attivismo e anche un pizzico di fortuna. Ma anzitutto la perseveranza unita alla capacità di correggersi, stare sempre all’erta per non incorrere in errori e non prestare il fianco alle aggressioni che verranno – e verranno! – una volta che si comincerà a incidere. Verranno anche dall’interno della fantascienza. Scoraggiatevi allora, se del caso, dopo 30 anni di tentativi almeno. Prima no, non è ammesso.
Con tutti i miei auguri e questa strana premessa che vorrebbe essere promessa di incoraggiamento.
LE IMMAGINI SONO DI JACEK YERKA
Caro Mauro Antonio
perdona il tono forse troppo confidenziale, ma il tuo intervento mi ha ispirato un senso di fratellanza e la voglia di proporre qualche considerazione a caldo.
Ho apprezzato la tua rievocazione di anni lontani della fantascienza che ora ritornano significativi.
“il dato oggettivo, la spinta materiale che ha necessitato allora (anni ’20) il sorgere della moderna fantascienza; e che potrebbe oggi necessitare la nascita del Solarpunk”
Mi riconosco in questa tua analisi oggettiva e politica sulla nascita della “moderna fantascienza”. Nella volontà di riesaminare a ritroso un lungo processo e di individuarne le somiglianze con altri che stanno accadendo ora.
Mi ha fatto rabbrividire questa tua frase
“l’illusoria speranza di una prossima fine del capitalismo. Capitalismo che in realtà stava solo prendendo le misure al suo nemico; che stava preparando una nuova offensiva…”
Perché, naturalmente anche oggi potremmo, noi solarpunk, illuderci e poi perdere.
Però, oggi, in questa lunga lotta contro il capitalismo, stiamo fronteggiando un’urgenza troppo forte per essere liquidata facilmente da un modello produttivo che ormai si sta autodivorando per la troppa avidità.
D’altra parte, i giovani di oggi hanno talmente tanto da perdere (e contemporaneamente più niente da perdere) da non aver più la pazienza di ascoltare chiacchiere.
Il muro contro il quale il capitalismo sta per sbattere è una crisi climatica indifferibile, che sta dimostrando tutta la propria forza (e la sua (del capitalismo) debolezza. Qualunque cosa accadrà in questi anni poi niente sarà più come prima.
Quindi sì, capisco e concordo con quanto scrivi:
“…non prestare il fianco alle aggressioni che verranno – e verranno! – una volta che si comincerà a incidere. Verranno anche dall’interno della fantascienza. Scoraggiatevi allora, se del caso, dopo 30 anni di tentativi almeno. Prima no, non è ammesso.”
Hai ragione: non è ammesso, non possiamo e non vogliamo permettercelo.
La fantascienza, che ha spesso immaginato futuri radicali, non può sottrarsi a questo impegno e molti di noi sentono, come te, il bisogno di un po’ di fiducia reciproca, di un sogno condiviso.
L’amica Silvia Treves, scrive: Perché, naturalmente anche oggi potremmo, noi solarpunk, illuderci e poi perdere.
Tranquilla, Silvia. A certe condizioni questo è davvero impossibile. Chi progetta per la propria vita esiti diversi da quelli previsti; chi per realizzare tali progetti spende con generosità e coraggio le proprie forze; chi trova nell’avanzamento generale il proprio un tornaconto personale (la realizzazione di un’idea, un’ambizione, una speranza); non può perdere. Anzi, ha vinto già come comincia. Vince perché rende utile la propria vita, mette a frutto la propria cultura, offre possibilità di espansione alla propria persona, a partire dall’intelligenza; là dove invece si vorrebbe che restasse passiva, silenziosa, stupido oggetto a disposizione del potere, non soggetto per sé . E’ quale miglior progetto che inventare una letteratura della vittoria e del trionfo? l’affermazione che la speranza non è morta, che sotto la cenere del passato cova ancora il fuoco? che occorre aprire gli occhi, rovesciare ciò che vediamo, nelle possibilità che presentiamo?
A patto di non illudersi sulle possibilità e arrivare a credere che il sogno, la fantasia, la visione nuova possono sostituirsi agli atti concreti piccoli e grandi con i quali ci si oppone all’oppressione e allo sfruttamento, si è già impresso un’impronta nel presente, ci si è iscritti nel registro dell’avvenire.
Il cammino è lungo, le difficoltà grandi: siete giovani, avete la possibilità di percorrerlo fino in fondo.
Non è un augurio, è una realtà.
Sì, hai ragione, già soltanto agendo da “soggetto per sé”, rovesciando insieme ciò che vediamo, non possiamo perdere. A presto.
Mi viene in mente Tommaso Campanella, mio illustre conterraneo. Possiamo prenderlo in considerazione, a patto di dare un passo avanti e disegnare non l’utopia della Città del Sole, ma mille racconti che aggiungano all’ideale di quel sogno mille momenti magici di scrittura e lettura.