Rigaglie: eroi, armi, macerie
di Andrea Appetito (*)
Alla vigilia di una partita di calcio, un allenatore intervistato ha risposto così: «Siamo a un bivio, essere dimenticati in fretta o diventare degli eroi». Le prime pagine dei nostri giornali sono spugne intrise di bellicismo light: si esaltano gli eroi che si fanno saltare in aria per arrestare l’avanzata del nemico. Si esaltano anziché riflettere sulla disperata assurdità di ogni sacrificio umano. Mentre l’inflazione cresce, il costo della vita evidentemente diminuisce. Gli Eurofighter italiani sorveglieranno lo spazio aereo sul Mar Nero: erano anni che ci chiedevamo come giustificare il continuo esborso di denaro pubblico per i nuovi armamenti (nel 2019 la spesa militare mondiale aveva quasi raggiunto i 2.000 miliardi di dollari, il più alto livello dal 1988 al netto dell’inflazione). Sembra che tutto abbia finalmente una spiegazione: la morte ha un senso, le bandiere sventolano con una certa veemenza, persino il carbone torna di moda. Forse il nuovo secolo sarà una brutta copia del precedente o forse siamo il secolo vintage.
Quando questa guerra sarà finita, ci volteremo a considerare le macerie ammucchiate ai margini dei nostri discorsi. «Si diventa ciò che si pensa» dicevano le Upanishad quasi trenta secoli fa. Evidentemente il nostro bellicismo ha radici molto profonde.
Nell’immagine (di Juan Rulfo) sfilano le vedove.
(*) «Rigaglie» ovvero recensioni molto velate e riflessioni stimolate da una citazione iniziale… per onorare la fonte dell’ispirazione. Qui le precedenti: Rigaglie: per Deligny, Rigaglie: per Ceronetti, Rigaglie: per Chuang-Tzu, Rigaglie: per Tsao Chih, Rigaglie: per Victor Jara, Rigaglie: per Julien Gracq, Rigaglie: per gli alberi