Rime d’amianto a Bologna: com’è tardi in via Bignardi

di VITO TOTIRE (*)

Il Comune rifiuta un approccio ragionevole sull’amianto ma ha francobolli da sprecare. Potrebbe invece fare una fotocopia dell’ordinanza dell’ex sindaco di San Lazzaro

 

Via Bignardi: si bonifica l’amianto? è tardi…

Il 9 dicembre 2015 segnalavamo, assieme a Legambiente, alcuni siti con presenza di cemento-amianto che necessitavano di bonifiche e uno di questi era via Bignardi. Di via Bignardi si occupò la stampa di Bologna (fra l’altro la Repubblica 20.11.2106): un contesto paradossale di immobili sottoposti a sequestro giudiziario da parte della Procura – probabilmente dopo un tentativo di occupazione – che non ebbe a focalizzare la esigenza/urgenza di una contestuale bonifica.

Descrivevamo il sito industriale dismesso come un sito abbandonato da anni e connotato da una condizione molto avanzata di vetustà e degrado delle coperture. Forse oggi , dopo circa due anni , arriviamo finalmente alla bonifica che – disposta da una ordinanza sindacale evidentemente effetto delle nostre sollecitazioni – doveva essere conclusa entro il 30 settembre 2017 ma la proprietà ha ottenuto una proroga al 30 novembre 2017 .

C’è un detto secondo cui “meglio piuttosto che niente”: possiamo essere d’accordo? No, perché quando si parla di amianto il fattore tempo è decisivo; ci sono dunque alcune puntualizzazioni da fare:

  1. dobbiamo “sperare” che in questi due mesi non si verifichino eventi atmosferici (o di altro tipo) avversi in grado di lesionare la copertura; dalle foto allegata si deduce che la zona in questione è stata già investita di recente da forti correnti d’aria;
  2. abbiamo documentato la presenza di una consistente colonia di piccioni che, appoggiandosi alle coperture, con le loro graziose zampette, possono muovere e trasportare fibre;
  3. come già argomentato e documentato, le coperture dismettono fibre di amianto già a partire da 18 mesi (circa) dopo l’inizio della esposizione all’aria;
  4. come per la mega-tettoia dei Prati di Caprara le condizioni che giustificavano l’intervento di bonifica esistevano da lunghi anni: tutte le fibre aerodisperse CHE FINISCONO NEI POLMONI DEI CITTADINI sono l’effetto di una politica attendista, che è sfociata nell’incuria, di una autorità sanitaria locale che NON HA VOLUTO VEDERE I RISCHI E NON HA VOLUTO ADEGUATAMENTE CENSIRLI
  5. infatti il Comune di Bologna ha sempre testardamente rifiutato la proposta del censimento capillare tramite obbligo di autonotifica , metodo adottato da Marco Macciantelli, ex sindaco del Comune di San Lazzaro per cui nel territorio di “Bologna città” i siti da bonificare vengono scoperti e bonificati con ritardi intollerabili; questo grazie agli amministratori comunali di Bologna che non hanno voluto sentire ragioni;
  6. comunque andiamo avanti: indicando ancora tre siti a “Bologna città” da bonificare subito: a) caserma Perotti di via Carlo Marx; persino dall’esterno si osserva una tettoia in fibrocemento; il portone di accesso all’area porta l’avvertenza “pericolo di crollo”; sul sito il Comune di Bologna argomenta che c’è un “fascicolo aperto”; la Ausl ipotizza una bonifica nel corso del 2018; la tragicomica cartellonistica militare avverte i cittadini potenzialmente esposti alla dispersione di fibre che il muro è un “limite invalicabile”; siamo al paradosso: i militari dichiarano un limite invalicabile ma le fibre sono libere di violare il confine nella direzione opposta. Poche storie: la tettoia, ben visibile nell’angolo via Legnani/via Marx del muro di cinta, deve essere bonificata immediatamente! Il tempo ragionevole sarebbe 60 giorni; b) “fascicolo aperto” anche per l’area ex-militare ex-Staveco: possiamo sapere quanto cemento-amianto c’era, quanto ne è rimasto e quindi quanto ancora deve essere bonificato? E soprattutto quando? Che la città ragioni sulla destinazione d’uso va bene ma vogliamo discutere della destinazione d’uso di una area bonificata e salubre; c) tettoia interno al sant’Orsola visibile da via Massarenti; abbiamo richiesto informazioni: confermato che si tratta di cemento-amianto autocertificato “sopportabile” fino al marzo 2018. Intendiamoci: questa tettoia ci da l’occasione per rilanciare una proposta; dobbiamo riscrivere le linee guida regionali che lasciano spazio a valutazioni troppo soggettive e a eccessivi temporeggiamenti; come dimostra la vicenda di un altro capannone a San Lazzaro, Comune virtuoso (rispetto a Bologna) che vede una situazione migliorabile (torneremo nel merito nei prossimi giorni) ma almeno in movimento.

La Regione E-R deve prendere atto che il ritardo negli interventi di bonifica, portando il manufatto dallo stato di degrado parziale allo stato di degrado massimo, comporta una differenza molto concreta: una differenza di milioni di fibre di amianto che possono finire nel nostro organismo!

A reiterare quello che è già successo per i Prati di Caprara: una bonifica che doveva essere fatta alcuni decenni prima; neanche la vicinanza anzi la contiguità territoriale con l’Ospedale Maggiore è stata sufficiente per velocizzare la bonifica… Tanto poi lo Stato italiano a ogni malato di mesotelioma elargisce – su domandina modello carcerario – la stratosferica somma di 5.000 euro!

Basta con gli “assegni funerari” vogliamo politiche di prevenzione primaria!

Ai cittadini e ai lavoratori: segnalateci i siti , li seguiremo un per uno.

Bologna, 6.10.2017

(*) Vito Totire a nome del circolo Chico Mendes, del centro Francesco Lorusso e di AEA, l’Associazione Esposti Amianto e rischi per la salute)

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