Rom e Sinti esclusi dai sostegni per il covid
di Gianluca Cicinelli
La giornata mondiale dedicata ai Rom appena trascorsa, fissata dalle Nazioni Unite per l’8 aprile, ne abbiamo parlato nell’articolo qui linkato, è un’occasione importante per mettere a fuoco la più rimossa fra le questioni sociali in Italia come nel mondo: 22 milioni di persone nel mondo, 12 milioni solo in Europa, dove costituiscono la minoranza etnica più diffusa. Furono 220 mila le vittime rom e sinti durante il nazismo, eppure la questione del massacro non è stata nemmeno sollevata durante i processi di Norimberga.
Secondo Dijana Pavlovic, attrice e attivista del movimento Kethane, oltre il 24% dei rom e sinti vive senza accesso ai servizi primari come acqua ed elettricità e l’aspettativa media di vita è inferiore di circa 10 anni rispetto alle altre persone. 40 mila bambini, ha denunciato, sono completamente tagliati fuori dal sistema scolastico. Eppure il pregiudizio verso di loro, nelle istituzioni e nella popolazione, è radicato al punto da non voler vedere la drammaticità delle condizioni in cui una buona parte dei rom sono costretti a vivere. Ad aggravare la situazione il covid, che ha fatto cessare le attività di produzione di piccolo artigianato legato alla vendita nei mercati cittadini, chiusi con la pandemia, una fonte di entrata che corrisponde a circa il 40% dell’economia vitale della comunità.
Per loro non sono previsti ristori o aiuti di nessun tipo, come se non esistessero. Non soltanto i rom chiedono d’inserire nel Recovery Plan le problematiche delle comunità (rom e sinti) ma “dobbiamo avere il coraggio di dire che siamo una risorsa importante per il nostro Paese” ha spiegato l’attrice, chiedendo allo Stato italiano di riconoscere il loro ruolo all’interno della rinascita. Da parte sua l’Opera Nomadi ha invece sottolineato come le maggiori problematiche per rom e sinti riguardino la difficoltà nel trovare un lavoro regolare, la devianza e il basso livello di istruzione. L’associazione ha deciso di non partecipare per protesta alla giornata internazionale di cui, secondo il presidente Massimo Converso, “il 99% dei nomadi non sa nemmeno l’esistenza”.
Secondo l’associazione 21 luglio – da cinque anni presenta in Senato il Rapporto annuale che fotografa numeri e condizione delle comunità rom e sinti – è impossibile oggi quantificare la loro presenza sul territorio nazionale. Le stime istituzionali, contestate dalla 21 luglio, valutano invece in una cifra tra i 170.000 e i 180.000 rom e sinti stanziati in Italia. Diversa la questione per i cosiddetti “campi rom”, dove è stata censita la presenza di 18 mila persone, 11.500 delle quali vivono in 111 insediamenti formali di circa 60 Comuni italiani, a cui si aggiungono circa 7 mila insediamenti informali, per lo più “micro” realizzati dagli stessi abitanti. La metà dei cittadini ha la cittadinanza italiana.
Secondo una ricerca sui pregiudizi contro i rom e i sinti condotta nel 2014 dal Pew Research Center in sette Paesi europei (Italia, Regno Unito, Germania, Spagna, Francia, Grecia e Polonia), l’Italia, risulta al primo posto con ben l’85% degli interpellati che ha espresso un’opinione indistintamente negativa riguardo ai rom. Dalla stessa indagine emerge anche che i rom sono la minoranza più discriminata in Europa e in Italia. Non risultano diminuzioni dei pregiudizi al 2021.