Romano Mazzon: La crisi è strutturale
Ultimamente ho incontrato tante persone per lavoro. Un lavoro strano che parte dalla crisi, già perché qualcosa bisogna fare con chi perde momentaneamente o definitivamente il proprio lavoro e, proprio grazie a questo qualcosa, un po’ si lavora.
Ho incontrato anche chi lavora, ma mica tanto convinto, oppure chi lavora ma non capisce come e perché. Un’umanità varia fatta di contratti a tempo indeterminato, soci lavoratori, contratti di collaborazione sino alle partite IVA. Un’umanità a cui anch’io, quello con cui colloquiano, appartengo: appeso per un pezzo a contratti di collaborazione e per un pezzo a partita IVA (day by day o, se si preferisce, on the road again).
Un marasma poi anche tra contratti di collaborazione e partite IVA, tutti diversi! Già anche la partita IVA oggigiorno non è più una categoria unica: vi sono almeno tre tipi diversi, di cui due tremendamente vicini al lavoro parasubordinato.
In questa umanità varia e casuale (ma nulla è caso) ci sono persone di 20 anni come di 54/55, ci sono laureati e terze medie. Un mare di situazioni diverse. Essendo poi in Veneto qualche leghista ci sarà pure e, magari, pur essendo in Veneto, anche qualche comunista.
Un’umanità multicolore, quando si tratta di operai, e rigorosamente ariana quando si tratta di diplomati/laureati.
Un’umanità così varia per cui il leghista è in cassa integrazione insieme all’immigrato e il sinistrato, come me, precario o ivato.
Nuovi termini si pongono innanzi a questa varia umanità: curriculum europeo, bilancio di competenze, colloquio di lavoro, ricerca attiva del posto di lavoro, piano d’azione individuale. Tutto, soprattutto, individuale.
Ci scappano i colloqui di gruppo ma lì il gruppo serve da specchio e basta! L’altro serve per misurarti, per farti un’idea della concorrenza: se diminuiscono i posti di lavoro e verrà assunto solo chi passerà una selezione allora quello che devo capire è cosa ho io in più da offrire rispetto all’altro e come offrirlo.
C’è anche chi inizia a contare i morti di questa industria diffusa, non solo quelli sul lavoro o da lavoro ma anche la morte di quelli che abitano i territori inquinati da queste industrie, quelli che bevono acqua velenosa e respirano miasmi non certo termali.
L’ideologia imperante cerca di riprodursi, lo sanno anche le pietre ormai, e cerca di farlo impedendo di sognare. La razionalità, l’efficienza, gli obiettivi da raggiungere, ci vengono passati in tute le salse come dati di realtà e non, come sono, frutti di un’ideologia che ha tra i suoi adepti una strettissima fetta di umanità,.
Fortunatamente però l’umanità è varia e non sempre capisce quello che l’ideologia vuole. Ultimamente, poi, sono vari anche i messaggi. Se ognuno, negli ultimi anni, ha avuto la propria personale idea di cosa significasse essere di sinistra forse sta arrivando il momento in cui esisteranno anche opinioni personali su cosa significhi essere capitalista, speriamo con le stesse conseguenze che ciò ha avuto per la sinistra.
La chiusa è fantastica! Ottimo tutto il post…
😉