Scor-data: 24 ottobre 2005
Muore Rosa Parks, la donna che non si alzò
di Mauro Antonio Miglieruolo (*)
(Nata Rosa Louise McCauley a Tuskegee, il 4 febbraio 1913, e morta a Detroit il 24 ottobre 2005, è conosciuta come “the woman who didn’t stand up” cioè la donna che non si alzò, di cui al titolo).
Una definizione questa relativa al suo atto di coraggio, non avere ottemperato all’intimazione dell’autista di alzarsi per aver occupato un posto riservato ai bianchi, che rappresenta una involontaria diminuzione dell’atto stesso e del significato globale che ha avuto per l’intera umanità; perché il coraggio di quella donna straordinaria è un coraggio lungo, che non dura l’attimo di decidersi se alzarsi o restare seduta; è un deliberato atto di rivolta che ha diverse tappe, in ognuna delle quali non viene mai meno. Potete immaginare quanta fermezza sia occorsa a Rosa per resistere alla violenza materiale e psicologica, alle abitudini e alla ferocia dell’ambiente (siamo in Alabama, profondo Sud, non dimentichiamolo)! Resistere anche a se stessa, alle paure e agli effetti di oltre un secolo di sfruttamento e oppressione! Non dimentichiamo nemmeno che un po’ dello “zio Tom” c’è in ognuno di noi. Non è difficile immaginare che in Rosa possa essercene un pizzico in più.
Siamo nel 1955, primo dicembre. Nonostante l’interiorizzazione del “saper stare al proprio posto”, arma ideologica vincente della borghesia, Rosa sfida il doppio divieto (quello della società e quello interiore). Probabilmente sale sull’autobus già determinata a non fare il viaggio in piedi, il che l’aiuta ad assumere la grave decisione. Constatando che l’unico posto disponibile è nella sezione riservata ai bianchi, sfida pregiudizi e norme regolamentari e “fa la cosa giusta”. Sta tornando a casa, è stanca perché non dovrebbe farlo? Raccoglie dunque il coraggio necessario e siede dove non le sarebbe concesso. Poco dopo però salgono alcuni bianchi (sono pietoso verso costoro, mi limiterò a definirli scostumati) che rivendicano il posto di Rosa. Ma Rosa rifiuta di alzarsi. Sollecitato dai passeggeri interviene l’autista che gli intima di farlo. Rosa rifiuta ancora. Rifiuta anche quando l’autista ferma l’autobus, si rivolge a alcuni agenti e la fa arrestare.
La notte stessa Martin Luther King e una cinquantina di attivisti contro la segregazione razziale si riuniscono e organizzano per il giorno dopo una manifestazione. È il punto di partenza di una lotta gigantesca, 381 giorni di boicottaggio degli autobus, che si concluderà con la sconfitta dei razzisti; e la dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Suprema (1956) della segregazione sugli autobus.
Una lettura superficiale della disobbedienza civile praticata da Rosa Park potrebbe indurre qualcuno, qualcuno meno coraggioso di lei, a definirla semplicemente una ostinata. E forse è vero, tanta ne serve di ostinazione, oltre che coraggio, per affrontare a viso aperto i mostri che tutt’ora, continuando la tradizione del “civilissimo” ventesimo secolo, vegliano nel cuore degli uomini. Ma io con Martin Luther King preferisco definire quell’atto che è “l’espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà“. Se il bisogno materiale può spingere alla ribellione, quello spirituale impone alla ribellione una carica tale da trasformare qualsiasi essere umano in uno straordinario eroe. Un eroe capace di andare al cuore dei problemi ed andarci in modo efficace, indovinando tempi e inventando modalità atte a toccare l’immaginazione degli oppressi, atti a farli muovere con moto spontaneo dell’anima proprio quando nessuno se lo aspetterebbe; determinando pertanto condizioni nuove che permettono di approdare a risultanti importanti.
Ma tutto ciò riguarda Rosa, emblema della lotta contro i “soprusi accumulati giorno dopo giorno”; l’atto in sé va molto oltre la donna, l’atto si configura come una tappa decisiva di quella lotta per l’uguaglianza che dà corpo alla “sconfinata aspirazione delle generazioni future” (è sempre Martin Luther King a parlare). La lotta inaugurata da Rosa, e portata a termine in suo nome (nome che evoca quello di un’altra grande del Movimento Operaio – Rosa Luxemburg – che però ha avuto meno fortuna, e vita più corta), è una delle più significative testimonianze di quanto possa risultare efficace la lotta di massa per spezzare l’accerchiamento dell’ideologia borghese, l’ideologia della divisione e della mortificazione. Contro il proletariato nero la borghesia era riuscito a costruire una tale barriera di isolamento, fondato sull’odio razziale, che la svolta positiva impressa dagli attivisti dei diritti civili negli anni 1955-1956 non possono, ancora oggi, che stupire e produrre ammirazione.
Ricordo pertanto Rosa Sparks come qualcosa di più che emblema delle pur importanti lotte di emancipazione degli afro-americani; la ricordo in quanto simbolo della lotta universale contro la discriminazione. E per la libertà: quale mia eroina e mio personale punto di riferimento.
È morta alla venerabile età di 92 anni.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 24 ottobre fra l’altro avevo ipotizzato: 1648: pace Westfalia; 1868: nasce «Alexandrine»; 1917: battaglia di Caporetto; 1929: crollo a Wall Street; 1931: Al Capone condannato per evasione fiscale; 1944; in un lager ucciso Seelebinder; 1950: la Cina invade il Tibet; 1960: tragedia astronautica (segreta) in Urss; 1972: muore Jakie Robinson, una storia antirazzista; 1974: mandato di cattura per Sindona; 1978: sentenza Ipca. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)
Ho letto anni fa (forse proprio in occasione della morte di Rosa Parks) sul quotidiano “il manifesto” un articolo di Sandro Portelli, profondo conoscitore della società Usa. Non l’ho conservato e dunque vado a memoria. Quel che mi colpì nell’articolo è che Portelli spiega come Rosa Parks fosse una militante: quel gesto dunque non fu l’improvvisato rifiuto di una donna stanca (e giustamente indignata) ma un’azione politica. Perchè allora alla storia quel “mi seggo dove c’è posto” di Rosa Parks è passsato come un no improvviso? Più facile da raccontare? Nella testa dei giornalisti (dove l’auto-censura è più potente della censura) si può dire quasi tutto tranne che l’organizzazione conta più del corsaggio o dell’eroismo individuale, insomma che la politica dal basso può vincere?
In ogni caso se qualcuno è così bravo da confernare il mio ricordo e dare altre notizie e/o linkare il pezzo di Portelli… GRAZIE in anticipo, Credo sua utile per completare questo bel post di Mauro Antonio, (db)
Grazie dell’apprezzamento, Daniele. Confermo il tuo ricordo: Rosa Sparks era una militante dei diritti civili. Confermo anche la tua condividibilissima ipotesi che il “no improvviso” è più facile da raccontare (e più fascinoso).
Di là però da tali considerazioni quel che appare “a tutto tondo” son o gli effetti dell’azione politica con la quale Rosa Sparks ha costretto l’esistente a modificarsi. Verò è che gli avvenimenti successivi (la notte stessa Martin Luther King convoca una riunione dei pochi militanti dei diritti civili) possono far pensare a una azione preordinata. Ma è un pensiero che si oppone alla dinamica degli avvenimenti, così come li conosciamo.
Anzitutto perché se di un’azione preordinata si è trattato, si sarebbe trattato di un’azione preordinata male che è riuscita bene. Preordinata male a causa dell’assenza di altri militanti presenti che con il loro pur pacifico intervento avrebbero dato risalto all’azione (in merito dubito sapremo mai la verità). Nonché per dare sostegno a una donna che lanciava una sfida grave e gravida di conseguenze. Perché la sfida era lanciata all’interno di un’ambiente prontissimo a passare a vie di fatto in caso di turbativa del pregiudizio.
Non nego che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) essersene parlato. Non ritengo possa essersi trattato di qualcosa di organizzato.
Quel che più mi induce a optare per la versione “romantica”, cioé di una azione tesa a “cogliere al volo” una possibilità, cioé dell’intuizione (e esasperazione) di una donna coraggiosa è la dinamica medesima degli avvenimenti. Rosa Sparks, o chi per lei, non poteva sapere si sarebbe verificato l’incidente (la salita di bianchi arroganti sull’autobus) che, con le loro proteste avrebbero dato il via all’arresto della donna. Nè sapere come, né quando si sarebbe verificato l’incidente. Non ci sono inoltre notizie di precedenti tentativi da parte di Rosa Sparks per provocare comunque quel poi è accaduto. Tutta fa pensare a avvenimenti casuali, all’incontro tra l’iniziativa individuale e un movimento che era pronto a fare il salto di qualità.
Quanto poi al problema che poni, il problema dei problemi, il rapporto tra spontaneità e organizzazione, non sono in grado di abbozzare una risposta. Credo nessuno sia in grado oggi di abbozzare una risposta. Che potrà essere trovata domani all’interno di un quadro di esperienze di lotta di classe molto più avanzato. E non nel cielo della teoria, ma nel concreto delle esperienze concrete.
Sul piano personale, per quel che vale, credo nel primato delle iniziative di massa; che però, in assenza di una organizzazione che sappia capitalizzare le lotte (che anzi può nascere e mantenersi a patto che quelle lotte vi siano), non possono che involversi in impotenza, frustrazione e qualunquismo politico.
Il primato SEMBRA essere dell’organizzazione (illusione ottica). Il primato è delle masse le quali possono essere efficaci se sono dirette da una delle due classi fondamentali: borghesia o prelatariato (il fascismo è stato un fenomeno di lotte di massa egemonizzoto – e promosso – dalla borghesia). Le formazioni ideologico/politiche possono pure preesistere. Ma possono essere efficaci nella loro azione a partire dallo sviluppo dei movimenti.
su Portelli e Rosa Parks:
http://edwardlynchpolitica.blogspot.it/2013/03/portelli-su-rosa-parks.html
Invito tutti quelli che passerano attraverso questo spot a andare a leggersi il bell’articolo di Portelli su Rosa Sparks “stufa di essere stufa” (il link è postato per gentile iniziativa di Slec1. Grazie Slec1!)
Condivido emotivamente la valorizzazione che fa Portelli dell’azione della militante americana; accetto anche l’esagerazione di averla paragonata a Marx. Quello che però è davvero interesante e che aiuta a riflettere sui nostri compiti nel prossimo futuro è quello che dall’articolo si deduce: che si è trattato di un’azione spontanea da parte di una militante di lungo corso. Il che forse ci richiama al concetto di egemonia di Gramsciana memoria: è la diffusione di certi valori nella popolazione nera oppressa (stufa di essere stufa: Rosa non è la sola!) che determina la decisione individuale di Rosa Sparks. Che in questo modo si configura come azione collettiva. Rosa è la prima a muoversi. Dietro di lei tutti gli altri. Gli innumerevoli già “pronti a muoversi” e stufi di essere stufi.
IN MEMORIA DI ROSA PARKS, NELL’ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
Si e’ svolta nel pomeriggio di giovedi’ 24 ottobre 2013 a Viterbo per iniziativa del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” una commemorazione di Rosa Parks, nell’anniversario della scomparsa della grande attivista antirazzista nonviolenta avvenuta il 24 ottobre 2005.
Rosa Parks (4 febbraio 1913 – 24 ottobre 2005) e’ la donna che diede inizio al grande movimento nonviolento contro la segregazione razziale a Montgomery, Alabama, nel 1955.
Segnaliamo alcuni articoli sulla sua figura disponibili nella rete telematica: Maria G. Di Rienzo: Rosa Parks, ne “La nonviolenza e’ in cammino” n. 1096; Alessandro Portelli ricorda Rosa Parks, ne “La nonviolenza e’ in cammino” n. 1099; Gianfranco Accattino: Rosa Parks, e Paul Rogat Loeb: Rosa Parks, ne “La domenica della nonviolenza” n. 46.
Concludendo l’incontro il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha messo in evidenza il nesso inscindibile tra la lotta contro il razzismo e la lotta per la pace: ovvero per la difesa della vita, della dignita’ e dei diritti di tutti gli esseri umani. Rosa Parks e’ stata una combattente nonviolenta la cui testimonianza ancora illumina la via, ancora convoca ai compiti dell’ora, ancora parla ad ogni persona e all’umanita’ intera e chiama alla nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’.
Nel giorno in cui ricorre anche la fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel giorno in cui ogni anno si apre la Settimana internazionale per il disarmo, ci commuove fare memoria di Rosa Parks, che con lotta incessante, con animo saldo, con sguardo profondo, con volto e con voce di donna ci ha insegnato come l’umanita’ dovrebbe essere: solidale, generosa, libera e giusta, nonviolenta.
Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 24 ottobre 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/