RRS 7 – «Haight Ashbury Free Medical Clinic»
La settima puntata (*) – proposta da Luca Cumbo – di una Round Robin Story (**) che sarà in “bottega” per qualche sabato
E’ l’orario delle visite alla Haight Ashbury Free Medical Clinic di San Francisco. Due figure femminili, una giovane ragazza e una donna ingrigita, camminano insieme, oltrepassano il sempre fornito Tibetan Gift Corner e si dirigono verso l’entrata della clinica ove campeggia la gloriosa targa ovale.
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Zia Abbey, pensi che il nonno oggi sia più lucido?
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I medici hanno detto che ha aperto gli occhi e che ha farfugliato qualche parola, Grace, stavolta l’ha combinata grossa…
L’esistenza di una clinica gratuita negli Stati Uniti d’America è già di per sè qualcosa di miracoloso, il caso della Haight Ashbury è poi assolutamente scandaloso. In quanti Paesi del mondo esistono cliniche che ti curano dalla tossicodipenza, e dagli eccessi lisergici, senza per questo demonizzare il valore dell’esperienza psichedelica?
San Francisco brulica di barboni, vecchi e nuovi hippies, reduci di innumerevoli guerre dello spirito e dello Zio Sam. Attratti dai generosi sostegni economici che la municipalità cittadina elargisce, arrivano a frotte senza un riparo, senza un letto, senza prospettive. Molti di loro raggiungono di proposito il limite per potere avere un letto alla Haight Ashbury, e quando ci riescono sono talmente devastati che non puoi fare a meno di sospettare che non supereranno la notte.
Zia Abbey e Grace mentre salgono le scale verso le camere dei degenti si confrontano con disappunto sulle politiche permissive dell’amministrazione municipale.
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Zia Abbey, mi chiedo che senso abbia dare più di 300 dollari al mese di sussidio a dei pazzi che certamente poi li spenderanno per intossicarsi di nuovo. E’ un circolo senza fine.
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Vedi Grace, bisogna foraggiare il folclore della baia di San Francisco, sennò i turisti che troverebbero? Riusciresti a immaginare lo splendore della Silicon Valley senza un esercito di pezzenti che ne risalti ancor di più la potenza e la ricchezza? La cartolina dev’essere completa, senza tutti questi morti di fame l’economia non girerebbe.
- Io comunque non capisco, la Summer of Love è morta e sepolta da 50 anni, francamente l’unica esperienza psichedelica che posso capire è la nuova app 3D game del mio iPhone…
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Non dirlo a me, cara, è tuo nonno quello che dovrebbe rassegnarsi alla sua età e a vivere il suo tempo. Appena ritorna in sè prova a convincerlo a ritornare a casa, non è più tempo di fare il barbone intermittente.
- Ci proverò, ma sai che è sempre stato così, è già tanto che sia riuscito a costruirsi una casa e una famiglia, sono da sempre abituata a vedere mio nonno sparire per settimane per andare a giocare al vetero-hippy.
Dalla camera di David fluisce la voce del medico di turno che, dopo aver somministrato la terapia quotidiana, si rallegra del colorito sempre meno vampiresco del suo paziente.
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Sembra che oggi vada molto meglio, David, come si sente?
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Come un uovo all’occhio di bue fritto con olio lubrificante esausto. I miei neuroni devono avere la stessa fisionomia di bollicine di albume bruciacchiate. Lei è un medico o un meccanico?
Proprio in quel momento dalla porta si affacciano Grace e Abbey che udendo il dialogo scherzoso si rallegrano di quelle parole sufficientemente sensate, per quanto tragicamente somiglianti alla realtà. David si è dunque ripreso … e a quel punto infatti si accorge della presenza della nipote e della sorella:
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Ripensandoci, il tuorlo dell’uovo potrebbe essere anche una supernova, mentre le bollicine scoppiettanti tutt’intorno sembrerebbero più una fascia di asteroidi reduce dal cataclisma cosmico.
Abbey ride senza darlo a vedere e, mentre saluta annuendo il medico che esce, riconosce l’ironia del fratello come un segnale concreto della sua ripresa, e di questo ne è naturalmente rassicurata ma le basta lo sguardo rassegnato e impotente di Grace per capire che quella bonaria quanto sbruffona fantasia siderale, su di un letto di ospedale e dopo tre giorni di coma, non fa presagire un grado di consapevolezza “ho imparato la lezione una volta per tutte”.
- Abuso di dietilammide dell’acido lisergico a 70 anni suonati è un bel traguardo caro David, non credi? Dice Abbey salutando il fratello mentre poggia la sua borsa griffata su di una sedia.
- Albert Hofmann è campato fino a 102 anni imbottendosi di LSD per una vita, io sono ancora lontano da queste prodezze! – risponde David baldanzoso, ma palesemente spossato.
Interviene Grace:
- Ti prego nonno, non riprendere con i soliti discorsi, te la sei vista davvero brutta, te ne rendi conto?
David si accorge di avere l’ago di una flebo avvinghiato come una sanguisuga alla vena del suo braccio sinistro e incomincia a ricordare tra sé, decifrandole, le immagini fantastiche del suo viaggio onirico. Il medico, i liquidi colorati, la tuta spaziale che somigliava alla vestaglia da ospedale, forse dovevano essere collegati al ricovero in clinica mentre era “diversamente cosciente”. Il livello di lucidità mentale consentito per essere un degno cittadino americano a tratti continuava a vacillare, ma il nostro è consapevole di essere ormai saldamente riportato fra i civili. Il suo spontaneo tentativo di mettere ordine fra le visioni passate e il presente medicalizzato, con la costruzione di una linea di demarcazione, viene subito interrotto dall’incalzante Grace.
- Nonno sei ancora tra noi? Mi riconosci?
- Sì Grace, ti riconosco, sono ancora qui.
- Tua moglie Ursula ha detto che non ti rivolgerà mai più la parola se non prometti di fare il bravo e tornare una volta per tutte a casa – dice Abbey.
- Ursula! Che donna! Non avrei potuto desiderare una moglie più tollerante…
- Bravo nonno – fa Grace – ma non ti aspettare che lisciando le penne alle donne di casa ti verrà tutto perdonato. Adesso basta, torna a casa e restaci, non darci ancora pensieri.
Grace è cresciuta bene, pensa David: educata, matura, studiosa, una vera americana. Va al college, veste con stile, sempre aggiornata sulle novità fashion e sulle ultime tecnologie multimediali. E ci mancherebbe con Cupertino a pochi chilometri. I suoi genitori non le hanno fatto mancare niente. In fondo è anche merito mio, pensa David, per quanto io sia stato un genitore “a scomparsa”, alla fine i nipoti sono arrivati e in salute! Grace però ha mantenuto un grave difetto ereditato dai suoi genitori: non si è mai fatta un acido, non si è mai fatta domande radicali sul mondo che la circonda. E le sta bene così.
- Non preoccuparti tesoro, mollata la mia nave spaziale-letto dell’Haight Ashbury tornerò a casa dalla nonna a farmi mettere le pantofole.
- Bravo David, fai il bravo bambino – aggiunge Abbey lasciando comprensibilmente intendere al fratello: “Sei un coglione”.
- Oh, Abbey! Cara sorellina! Tu puoi venire a pulirmi il deretano quando avrò finito di cagare tutti i medicinali salva-America che mi stanno iniettando nella vena.
- Certamente David, ti porterò della carta igienica imbevuta di LSD così potrai fare degli stronzi arcobaleno!
Grace sorride un po’ imbarazzata nonostante sia da sempre abituata ai buffi (e sconci) battibecchi fra il nonno e sua sorella. Chissà come dovevano essere stati da giovani nella casa dei loro genitori, un figlio hippie e la sua nemesi.
Dopo tre giorni David torna a casa con le proprie gambe accompagnato da Grace e dal corredo di battutacce indirizzate ad Abbey. Ancora non ricorda quanti giorni è durata l’evasione dal focolare domestico. Sa di essere stato più o meno una settimana alla Haight Ashbury, dal coma alla convalescenza, ma non ricorda quanto erano durati i suoi viaggi psichedelici prima di atterrare sul letto dell’ospedale.
Grace precede David come per bonificare il campo minato dalla nonna Ursula e, con dosaggio calcolato dei tempi, disinnesca la tensione preannunciando l’ingresso del nonno con voce alta e volutamente infantile:
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Siamo a casa! Si può? Nonna siamo qui! C’è anche zia Abbey!
Dice così imitando il tono degli scolari giapponesi che chiedono permesso rientrando in casa. Cresciuta con i cartoni animati del Sol Levante, Grace andava matta per quelle rigorose procedure formali che regolano la compostezza fra gli esseri umani nella cultura nipponica. Tutto l’opposto del nonno, vecchio hippie a volte imborghesito, a volte scapestrato, di certo non somigliante a un dignitoso anziano giapponese con il suo yukata.
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Eccovi qui… – risponde Ursula con lo stesso tono di Grace, come a dire “accetto l’ambasciata, vi offro un salvacondotto, entrate in pace”.
Ursula trattiene sia la contentezza del pericolo scampato sia la rabbia per l’ennesima fuga psichedelica di David. Nel frattempo Abbey corre in aiuto di Grace:
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Buongiorno Ursula, ti ho riportato il seguace (decisamente sfigato) di Albert Hofmann e la sua nipotina innocente, sii clemente, avrete tempo di legnarvi…
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Grazie Abbey, ho colto il messaggio, per oggi eviteremo discussioni.
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Brava nonna, tu sì che sai essere comprensiva…
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Sì Ursula, tu sì che sai essere comprensiva – sono le prime parole di David varcando la soglia di casa.
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Ti trovo bene caro David, hai tutta l’aria di un giocatore di poker ridotto sul lastrico e che sa di non avere più carte buone!
Sentendo la parola “carte” David pensa anche a “mazzo” e ha un’immagine improvvisa del suo viaggio, ma subito pena che non era ancora il momento, come non lo era prima in clinica, di provare associazioni mentali e ricomporre una trama coerente. E’ consapevole di trovarsi ancora in un fragile confine tra viaggio e ritorno.
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Signore, vorrete scusarmi, ho bisogno di mettermi in poltrona, sento di non potere ancora reggere una discussione con voi tre donnacce.
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Vai pure, caro, queste tre “donnacce”, che ti ricordo essere le tue congiunte più prossime, possono benissimo sparlarti anche senza averti davanti – dice Ursula seguendo con lo sguardo il suo malconcio David che si allontana.
Non è certo la prima volta che David abusava di sostanze psicotrope o che viene ospitato alla Haight Ashbury, ma questa volta i bagordi per festeggiare i 70 anni gli hanno lasciato un sapore diverso. Il fisico ovviamente non è più quello di un tempo ma proprio per questa consapevolezza ritiene che l’intorpidimento mentale debba essere collegato anche a qualcos’altro. Le visioni devono significare qualcos’altro. David si mette in poltrona di fronte alla sua amata biblioteca personale. Pensa che quella parete di libri, riviste e film, alcuni in vhs e perfino in bobine, possa stimolargli un sonnellino tranquillo. Apre e chiude gli occhi, a volte si assopisce, altre volte è colto da lampi di ricordi. Non riesce ad addormentarsi. Guarda gli scaffali più vicini alla finestra e meccanicamente legge i titoli dei libri sistemati con cura, ma senza una catalogazione per generi o autori. Da un paio di romanzi di Murakami, mai amato, si passa subito a racconti assortiti di Lovecraft, quindi le Finzioni di Borges con tutte quelle librerie infinite simili a un’opera di Escher. David indirizza la linea della vista verso gli scaffali all’angolo opposto quasi sotto il soffitto: in quella posizione sono posizionati l’Inferno di Dante, ma chissà dove sono finiti Paradiso e Purgatorio, poi il De Rerum Natura di Lucrezio (mai letto per intero, in verità). La chiusura della fila dei volumi tocca a The Waste Land di T.S. Elliot. Più in basso ammira con gusto la completa collezione del glorioso San Francisco Oracle, la bibbia della sua gioventù ora incellofanata con cura, come fanno tutti i bravi collezionisti con i propri pezzi rari.
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Chissà se anche io sono un pezzo raro da incellofanare – dice David con un tono di voce così basso da far venire il sospetto che lo abbia solo pensato.
Gli scaffali più in basso sono dedicati ai film e alle serie tv. Altra rarità delle sue collezioni è la serie completa dell’annata 1970 del “Doctor Who”, la prima a colori, la prima propriamente psichedelica. Che lagna la prima versione in bianco e nero (si è mai visto qualcosa di psichedelico in bianco e nero?). Uno scaffale è dedicato alle foto incorniciate. Immancabili le immagini di David e Ursula da giovani hippie, doverose le foto di Grace appena nata e poi bimba. Un’altra foto a cui David è legato: quella di Horty, il suo compare di gioventù lisergica, poi sparito nel nulla in India o in Tibet a fare il santone. Horty è stato l’iniziatore di David, nella sua memoria è rimasto cristallizzato nella giovane guida mistica come quando partì. Intuitivamente David ricollega le immagini della sua ultima “sbronza” lisergica ai libri e agli oggetti di casa. Si rende conto che a prescindere dai motivi anagrafici ormai la carica rivoluzionaria di quegli anni è perduta per sempre, e forse neanche lui ci ha mai creduto sul serio: più che all’apertura delle porte della percezione, lui pensava fondamentalmente a spassarsela o per lo meno a distinguersi dalla cosiddetta massa per darsi un tono. Del resto cosa ha trasmesso ai figli? Quali valori se non la sola preoccupazione di non farne dei disadattati in un mondo sempre uguale a se stesso, che non sarebbe cambiato mai. E così è stato, i figli hanno trasmesso ai loro stessi figli valori ingenuamente ancora più annacquati. Così Grace è brava, ma soltanto questo. Lo stesso David, del resto, ha avuto una vita discretamente agiata, nonostante periodiche fughe, nonostante i numerosi colpi di testa in gioventù.
Alla sinistra della sua poltrona c’è uno schermo piatto ultra-opzionato, un telecomando universale che può contemporaneamente comandare un impianto audio ad alta definizione, il condizionatore d’aria e, all’occorrenza, anche la lavatrice computerizzata. Gli arredi e i vestiti inusuali sono pur sempre roba che non tutti avrebbero potuto permettersi.
- Tutto sommato non si sta tanto male qui – pensa David – tutto sommato le comodità borghesi non sono da buttare, adesso potrei anche godermele. In fondo cosa posso fare io? Timothy Leary è morto, la Weather Underground è morta, le Black Panthers sono morte e un negraccio è diventato presidente degli Stati Uniti con il Nobel per la pace appuntato sul petto per bombardare mezzo mondo, per la pace naturalmente. Chi dovrebbe opporsi è ridotto a fare la macchietta nel mercato della militanza, ognuno col suo micro-collettivo, ognuno col suo mini-tema per dare un senso alla propria vita del cazzo e pulirsi la fottuta coscienza una volta ritornati a casa. L’acido mi ha mostrato complotti intergalattici, lavaggi del cervello in multiversi infiniti, infinite greggi di pecore che seguono il proprio pastore. I russi non sono più rossi e i neri dicono cose rosse. Che casino. Non si capisce più un emerito cazzo. Che si fottano tutti, la realtà delle cose è molto più tragica delle mie allucinazioni e non ha alcun bisogno di complottare o dissimulare, le persone sono sufficientemente idiote per farsi fottere volontariamente e felicemente. Quindi fanculo, io mi godo le mie comodità.
David pensa che forse sta esagerando, ci sono tante cose buone da difendere nella sua vita e in tutto ciò che nel mondo prova a ribellarsi. Pur non condividendone le scelte ha lasciato liberi i figli di seguire le proprie strade, opposte alle sue. Eppure un’amarezza latente e consapevole come non mai lo accompagna nei pensieri finchè non si addormenta. Forse sogna la continuazione del viaggio, di non essere anziano, le porte della percezione aprirsi per davvero, spalancargli possibilità al di fuori del tempo e dello spazio mai osati prima…
[LA RRS CONTINUA fra 7 giorni]
(*) Le puntate precedenti sono in bottega. Basta andare a:
https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/round-robin-story/
(**) Cos’è una «Round Robin Story»? E’ un gioco di scrittura. Una storia dove autori/autrici si susseguono, a turno, per scrivere “al buio” (cioè senza accordi preventivi) pezzi di una storia; di solito chi inizia è “condannato” anche a concludere, cioè a tirare fuori il finale. Divertente ma difficile. Qui in “bottega” alcune persone hanno accettato di giocare. Ogni sabato… finché ci saranno giocatori/giocatrici: abbiamo messo nel conto una decina di puntate, forse due di meno (diserzioni?) o due di più (altre pazze e altri pazzi si vogliono aggiungere?). Il “buio” fa paura e affascina. Il logo della nostra RRS, appunto Round Robin Story, è stato disegnato da Energu che lo varierà – sempre? – un poco a seconda dell’estro, del sole o no, della variabile Zyx, del vino.Ci ritroviamo qui fra 7 giorni. (db)
Agghiacciante…