Sardegna: più ospedali meno militari
Lunedì 13 aprile il coordinamento contro l’occupazione militare della Sardegna ha lanciato la campagna “Più ospedali meno militari”, in risposta alla ripresa delle esercitazioni militari nell’isola in piena emergenza CoronaVirus, chiedendo di ovviare all’impossibilità di scendere in piazza, o andare nei poligoni, con varie altre forme che diano visibilità alla protesta.
COMUNICATO DI “A FORAS”*
CAMPAGNA “PIÙ OSPEDALI MENO MILITARI / DOTORES PRO CURARE EJA, CANNONES PRO GHERRARE NONO”
A Foras: «È tempo di scegliere. Lanciamo una campagna per ottenere la moratoria delle esercitazioni e lo stop al finanziamento regionale e statale dei progetti legati all’industria bellica. I soldi risparmiati vengano reinvestiti nella sanità pubblica»
L’emergenza sanitaria che ci ritroviamo ad affrontare, ha fatto emergere con grande forza i problemi di una sanità pubblica sempre più abbandonata a se stessa e alla buona volontà degli operatori sanitari. Siamo costretti in casa, e ci restiamo perché bisogna impedire la diffusione del contagio. Ma non per questo siamo disposti a tacere, a spegnere il desiderio di libertà e di decidere sulle nostre vite e sul futuro della nostra terra.
Nel mentre che gli aerei si accingono a sorvolare sui poligoni di Quirra e Capo Frasca nonostante la pandemia, il nostro obiettivo resta sempre quello di liberare la Sardegna dall’occupazione militare italiana, e – non appena le condizioni sanitarie ce le consentiranno – saremo pronti a tornare nelle strade per ribadire le nostre parole d’ordine. Sul momento, però, pretendiamo realismo dalle istituzioni politiche sarde e italiane. È arrivato il momento di fare delle scelte, perché la Sardegna sia in grado di affrontare al meglio una crisi sanitaria che potrebbe prolungarsi parecchio nel tempo.
- Chiediamo che fin da ora si stabilisca inderogabilmente una moratoria su tutte le esercitazioni militari.
- Chiediamo che la Regione e lo Stato ritirino i finanziamenti a progetti utili solo agli interessi delle forze armate e al profitto delle industrie del settore bellico. A titolo di esempio, chiediamo lo stop al finanziamento del progetto SIAT di Teulada, al co-finanziamento pubblico della piattaforma per i test dei motori missilistici nel Poligono di Quirra e al co-finanziamento del progetto Caserme Verdi, che riguarda – in Sardegna – le tre caserme dell’Esercito a Cagliari e quella di Teulada.
- Chiediamo che i soldi risparmiati grazie ai primi due punti siano reinvestiti nel potenziamento della sanità pubblica sarda.
È una questione di priorità: non è possibile continuare ad assistere allo sperpero dei nostri soldi in progetti che contribuiscono alla depressione economica delle comunità a cui apparteniamo e alla devastazione della terra in cui abitiamo, mentre la sanità viene costantemente depotenziata da anni, con i risultati evidenti sotto gli occhi di tutti.
Tra il 2010 e il 2019, segnala l’Osservatorio Gimbe, il finanziamento pubblico alla sanità è stato decurtato di oltre 37 miliardi. Negli stessi anni, abbiamo, visto che le spese militari si attestano su 26 miliardi all’anno, senza contare il miliardo e mezzo che elargisce il Ministero delle finanze “missioni di pace”, i soldi che invese il MISE per le industrie belliche italiane e il Ministero dell’Istruzione per la ricerca militare.
Eppure la NATO continua a chiedere di aumentare queste spese, che dovrebbero passare secondo gli auspici dell’Alleanza Atlantica dall’1,6 % al 2 % del PIL. Tutto questo, mentre emerge senza più paraventi, l’incredibile fragilità e necessità di soldi di un sistema sanitario allo sfascio.
Un dato per tutti: nel 1981 c’erano, negli ospedali sardi, 62 posti letto ogni 10 mila abitanti. Oggi, il rapporto si è quasi dimezzato e ce ne sono circa 35. Il 14,6% dei sardi che ne avrebbe necessità, rinuncia alle cure e il 6 % è costretto ad emigrare in altre regioni per svolgere la propria terapia. Uno scenario incredibile, tragico, con interi ospedali che chiudono e reparti che vengono dismessi in tantissimi centri dell’isola.
Nel mentre, si spendono miliardi di fondi pubblici per foraggiare l’apparato bellico. Pensiamo al progetto Caserme Verdi, che vale un miliardo e mezzo a livello italiano, è che riguarderà, in Sardegna, le caserme dell’esercito a Cagliari. Pensiamo al nuovo impianto di test per motori missilistici che sarà costruito a Quirra, per una spesa impressionante di 33 milioni di euro, probabilmente destinati a salire. Pensiamo, all’inestricabile tela di interessi incrociati, che ha portato la politica sarda e italiana, quasi senza eccezioni, ad appoggiare la costruzione del Mater Olbia, ospedale privato che sarà finanziato 142 milioni di euro pubblici nel trienno ’19-21, per stringere ancora di più le maglie dell’alleanza tra Italia e Qatar, paese che – ricordiamo – non brilla certo come un faro del rispetto dei diritti umani.
Per questo invitiamo tutti i cittadini e le diverse realtà politiche a fare proprie le richieste di stop alle esercitazioni militari, taglio alla spesa bellica e reinvestimento di essa nella sanità pubblica, in ogni modo, luogo e possibilità, con le forme che ritengano opportune,
Da lunedì 13 aprile, il movimento sardo contro l’occupazione militare, chiama a raccolta tutte e tutti i cittadini che hanno a cuore le sorti della nostra terra, le organizzazioni, le associazioni che lottano per la sanità pubblica, i collettivi e i singoli che vogliono fermare questa vergognosa deriva, ad essere parte integrante della campagna “Più ospedali meno militari / Dotores pro curare EJA, Cannones pro gherrare NONO”.
- Esponi sul tuo balcone o sulle finestre di casa, sulla macchina uno striscione o un cartello con scritto PIU’ OSPEDALI MENO MILITARI, disegni o altri hashtag a tua scelta.
- Scrivitelo sul corpo o sulla tua mascherina. Non possiamo usare i nostri corpi per manifestare, bloccare i convogli militari o volantinare, ma possiamo scriverci! Testa, gambe, gomiti o polpacci decidi tu dove, ricorda PIU’ OSPEDALI MENO MILITARI.
- Attivati sui social. abbiamo preparato un motive per l’immagine del profilo che puoi aggiungere alla tua foto, puoi condividere le impact images, le infografiche o cambiare l’immagine di copertina del tuo profilo. Tutto il materiale sarà disponibile sul sito www.aforas.noblogs.org
- Scarica il volantino, il manifesto, l’adesivo o l’infografica sul sito di A Foras, stampa e attaccalo nei luoghi che puoi frequentare durante la quarantena: market, farmacie, tabacchini, uffici. Tutto il materiale sarà disponibile sul sito www.aforas.noblogs.org
Si tratta di piccoli gesti, quelli che possiamo fare durante la quarantena. Ma sono cose importanti per continuare a sentirci vive e vivi, aspettando di rincontrarci e riscoprirci ancora pieni di amore per la nostra terra.
#piùospedalimenomilitari
A Foras
* A Foras è un’assemblea nata il 2 giugno del 2016 a Bauladu, composta da comitati, collettivi, associazioni, realtà politiche e individui che si oppongono all’occupazione militare della Sardegna.
https://www.facebook.com/aforas2016/
- La frase “Si svuotino gli arsenali, si colmino i granai” la pronunciò l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, nel messaggio di fine anno del 1979, ribadendo quanto contenuto nel suo discorso di insediamento del 9 luglio 1978 “si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame.”
Ma quanto durerà ancora questa dipendenza? Sto leggendo il mitico “Il discorso sulla schiavitù volontaria” di metà del secolo XVI. I sardi hanno consegnato la loro libertà in pegno perenne?
Nel 2004, quando divenni anche cittadino Svizzero inviai a amici italiani e svizzeri una lettera sul mio sentirmi sardo e sentirmi italiano, provando a spiegarlo soprattutto agli svizzeri. Ma anche motivando il mio richiedere la cittadinanza svizzera. L’occupazione militare della Sardegna era un tema dominante in quella lettera. È sta pubblicata proprio ieri nel blog della Fondazione Sardinia, per chi fosse curioso. La propongo soprattutto per l’approccio un po’ speciale.
http://www.fondazionesardinia.eu/ita/?p=17362
Il diritto alla salute in Sardegna ai tempi del COVID-19
La pandemia da COVID-19 ha evidenziato tutte le gravi criticità del servizio sanitario a livello mondiale e ha dimostrato la necessità di servizi sanitari pubblici forti. In Sardegna negli ultimi decenni la tendenza alle privatizzazioni nella sanità ha subìto un’accelerata dalle politiche bipartisan dei vari schieramenti che si sono succeduti nella gestione della Regione: significativi sono stati gli accreditamenti e i convenzionamenti esterni nella gestione della sanità, come i circa 150 milioni di euro a favore del Mater Olbia e l’incremento di ulteriori 100 milioni per la strutture private. La stessa gestione della pandemia ha accelerato tale tendenza con il ricorso a tre strutture private come centri di riferimento COVID-19.
Per discutere sulle prospettive della sanità in Sardegna, Il manifesto sardo, Medicina Democratica Sardegna, con la collaborazione della Rete Sarda difesa Sanità pubblica, organizzano una video conferenza sul tema Il diritto alla salute in Sardegna ai tempi del COVID-19 che si svolgerà il primo luglio alle ore 18.00 in diretta dal sito, dalla pagina Facebook e YouTube del manifesto sardo.
Coordina il confronto Roberto Loddo de Il manifesto sardo e partecipano Francesco Carta presidente di Medicina Democratica Sardegna; Claudia Zuncheddu portavoce della Rete Sarda difesa Sanità pubblica e il medico Massimo Dadea. Intervengono il medico Antonello Murgia; Cristina Cimino, assessore ai servizi sociali Comune di San Vero Milis; il giovane medico Luca Ippolito; Carmina Conte consulente nazionale per la comunicazione di Medicina Democratica e AIEA; Sabina Contu dell’AIEA, associazione italiana esposti amianto; Mario Fiumene infermiere, ex coordinatore cure domiciliari e territoriali Regione Sardegna e Fulvio Aurora di Medicina Democratica nazionale.
Le richieste di assistenza dopo il lockdown sono aumentate e sono diversi gli interventi pubblici necessari per garantire il pieno funzionamento della sanità pubblica, nonché determinanti per il futuro dello stesso servizio sanitario. Durante la fase 1 tutte le visite ritenute non urgenti sono state rinviate a data da destinarsi e tutt’oggi la sanità pubblica garantisce solo le prestazioni urgenti: non sono accettate prenotazioni per visite relative ai controlli delle malattie croniche e le liste di attesa si allungano ulteriormente, aggravando la situazione precedente l’epidemia già difficile di per sé. Allo stesso tempo invece le strutture private hanno ripreso piena attività e la situazione rischia di creare un ulteriore grave distanziamento tra la popolazione e il servizio sanitario. Il crescente ricorso alle strutture private inoltre aggrava la situazione: i fondi utilizzati per remunerare le prestazioni private sono sottratti al comparto pubblico, che invece ha necessità di risorse per coprire il personale mancante, le tecnologie e le strutture. Sarebbe necessario un piano immediato e tempestivo nella gestione della sanità pubblica per recuperare visite e prestazioni pregresse e garantire l’accesso alle cure ai malati cronici e oncologici che vivono questa fase in grave sofferenza. E un ulteriore ritardo potrebbe determinare un grave danno economico e di credibilità per la sfera pubblica a vantaggio evidente e oggettivo delle strutture private.
In Sardegna esistono delle eccellenze nella sanità pubblica che necessitano di una valorizzazione concreta. In diretta streaming si discuterà dei compiti primari della regione come la riorganizzazione della medicina territoriale e delle cure primarie, la prevenzione primaria e la gestione delle malattie croniche con specifici progetti, al fine di migliorare la qualità della vita e ridurre il ricorso all’ospedalizzazione. Una discussione per cercare di capire come e se in Sardegna si stia cercando di favorire la sanità privata a scapito di quella pubblica.
Si potrà seguire la diretta da questo link:
https://www.youtube.com/watch?v=McpgewAGpVM