Saviano-Fazio, povera Szimborska del “Che tempo fa”

di Bozidar Stanisic

C***, 1 febbraio 2012
caro amico,
questa settimana credo che la letteratura e la vera, grande poesia abbiano subito una perdita irreparabile con la morte di Wislawa Szymborska. Come credo di averti già scritto, ho avuto la fortuna di conoscerla personalmente trascorrendovi nel 2008 una intera giornata insieme. Ne serbo un ricordo indelebile. Sono assolutamente persuaso
che pochi poeti del Novecento possano vantare la sua limpidezza di scrittura, la leggerezza di una solo apparente semplicità che attraversando un universo di quotidianità riesce sempre, con un senso di ingenuo stupore, ad aprire la via ai più profondi interrogativi esistenziali. E mi commuove pensare che appena due mesi fa era venuto a mancare Pietro Marchesani, suo massimo studioso e impareggiabile traduttore, oltre che, sul piano umano, persona di grandissima disponibillità e – dote ormai quasi estinta- di incomparabile garbo.
Con sinceri saluti, B***

C***, 5 febbraio 2012
caro amico,
come sai non ho un buon approccio con la televisione. Assistere ai programmi di intrattenimento con pretese culturali è circostanza cui talvolta m’inducono quelle inerzie del tempo che sono per lo più una pausa, o forse più esattamente una fuga dalla ragione. Ebbene, in uno di questi iati che coprono d’imbarazzo il più elementare amor proprio, quasi un’ora fa mi sono imbattuto nel monologo di Saviano su Wislawa Szymborska. Credo che le parole non bastino per tradurre lo sbigottimento provato al pensiero che un servizio pubblico d’accatto possa riservare alle chiacchiere da bottega cui è stato affidato il ricordo di uno dei più grandi poeti del ‘900. Mi astengo dall’entrare nel merito delle doti di cui Saviano può essere stato munificato dalla natura; certo è però che il senso della misura non deve essergli stato adeguatamente dispensato, se ritiene di poter spingersi su sentieri per i quali – a parte forse Fazio con i suoi risolini da cicisbeo – difficilmente potrebbe trovare compagni di viaggio diversi da povere figure con sottobraccio il giornale portato via dal parrucchiere. Ancora mi sfugge cosa abbia veramente compreso della poetica della Szymborska, anche se non mi coglie di sorpresa la disponibilità al favore dell’applauso da parte di un pubblico di cui per fortuna sono stati negati i volti; motivo questo di parziale sollievo, visto che rimuove riflessioni inquietanti sul fenotipo della stupidità affidandolo benevolmente all’incertezza dell’immaginazione. Pensavo alla fine come la straordinaria capacità di stupirsi abbia permeato tutta la poesia della Szymborska. E tanto con una dimensione concettuale e lirica naturalmente non colta dal suo inusuale celebratore della domenica, ascoltando la cui esternazione forse anche la povera Wislawa avrebbe dovuto rubare da qualche parte le parole per  esprimere la più ingenua meraviglia. Ma tant’è. Sinesio di Cirene nel suo “Elogio della calvizie” sosteneva che i chiomati sono i più lontani dalla sapienza, che appartiene piuttosto ai calvi, che la chioma hanno perso. A ben guardare, mi pare che Saviano i capelli li abbia solo tagliati…
Con sinceri saluti, B***
……..
E’ passata una settimana e io sono in debito di rispondere a B***, amico e appassionato lettore degli scrittori e poeti dell’Est. La prima ragione è che appena oggi, dopo una settimana del pessimo contributo di Saviano-Fazio all’opera della celebre poetessa  polacca, sono riuscito via youtube a vedere e ascoltare l’autore di “Gomorra“. E’ inutile che io mandi a B*** qualche parola semplice di consolazione: i tempi cambieranno, sulla Szimborska o su un altro grande protagonista d’arte della nostra epoca un giorno (forse anche prima) parlerà un esperto della letteratura polacca, uno dei suoi traduttori, magari un poeta italiano sensibile alla vera poesia (perchè no, ad esempio, il poeta friulano Pierluigi Cappello oppure uno come Gianmario Villalta?). E’ inutile perchè B***, uomo intelligente e di alta cultura, mi farebbe una domanda semplice: quando verrà quel giorno con tutte queste cricche subculturali che hanno invaso schermi e vari altri palcoscenici in modo più invadente della famosa mela di Magritte? E io non saprei come rispondergli. Perchè è vero, anzi verissimo, che con quella presentazione di basso livello e di una cattiva recita delle poesie della Szimborska, un uomo che per il suo corraggio intellettuale merita attenzione e grande stima, com’è il caso di Saviano, si è abbassato (di nuovo) al meccanismo dell’offerta- richiesta della tv. L’unica consolazione sua sarebbe forse questa – che non è unico. Il mercato di questo tipo, nettamente applaudito dai suoi consumatori, funziona: se Saviano dice che la Szimborska è grande, i libri della poetessa vengono più venduti. Per fortuna, scriverò al caro B***, che la Szimborska, lungo la strada della sua vita, non era vendibile. E sapeva bene, da sempre, che tempo fa.

Redazione
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5 commenti

  • Scrive l’amico DB:
    “L’unica consolazione sua sarebbe forse questa – che non è unico. Il mercato di questo tipo, nettamente applaudito dai suoi consumatori, funziona: se Saviano dice che la Szimborska è grande, i libri della poetessa vengono più venduti.”
    Mi chiedo perchè sia una consolazione. Saranno maggiori guadagni per la Adelphi. Neanche per il povero, e grandissimo, e umanissimo Marchesani.
    Wislawa Szymborska andrebbe letta al netto da Saviano (il medesimo de “i cinesi non muoiono mai” e altrettali informazioni socio-politiche) e Fazio.
    Non accendo la tv da mesi, mi fa bene all’anima vederla buia
    gf

  • Non credo al “coraggio intellettuale” di Saviano, noto ipocrita sionista… e non lo stimo… è un prodotto del mercato, in veste di vittima-eroe a seconda dei casi. E straparla spesso, valicando i limiti della propria ignoranza che mette al servizio di certi poteri …

  • DI CHI È LA POESIA?

    di chi è la poesia?
    non dei poeti che,
    scrivendola,
    evidentemente,
    fanno di tutto per
    liberarsene:
    da ubriachi
    te lo dicono pure:
    che peso mi son tolto,
    non vedevo l’ora.
    per le poetesse
    dev’essere diverso
    il rapporto
    con la poesia.
    oltretutto, quasi mai
    s’ubriacano in tua compagnia.
    Non degli editori
    che piuttosto di correre
    il rischio
    di pubblicar poesie
    e ritrovarsele
    mute e secche e invendute
    e sterili d’ogni profitto
    preferiscono
    lasciare i poeti
    (e, per parità, anche le poetesse)
    senza i quattrini
    per il mutuo o per l’affitto.
    Non dei moderni librai
    che nei loro scaffali
    ingombri di gadget multicolori
    le poesie non si ce le mettono
    quasi mai.
    Non degli esperti e dei professori
    che nei loro cassetti e armadi
    conservano un’infinità
    di poesie morte ammazzate,
    finite, il più delle volte,
    strangolate con un robusto
    filo di nylon, dopo orrende torture.
    Rimangono i lettori
    (e le lettrici, per parità, per carità)
    che in qualche misteriosa maniera
    periodicamente
    se ne riforniscono,
    qualche volta venendo alle mani
    addirittura azzuffandosi tra loro
    pur d’assicurarsi qualche striminzito verso.

  • …dopo Pabuda…un po’ mi sento inadeguato…ma dato che Gino gia mi ha aperto la strada…”il paese piu democratico del mondo nel quale andrei a vivere subito è israele” :parole del nazisionista saviano:di camorra di certo è uno dei piu grandi esperti(per forza vive e vegeta e si prende i gelati con la benemerita…),si limiti alle sue esperienze,che di GAZA, no sa nulla…per fortuna. Marco Pacifici.

  • bene Pabida. Aggiungerei, per una riflessione su “chiacchiera e poesia”:
    “La chiacchiera è la possibilità di intendere tutto senza alcuna appropriazione preliminare della cosa da comprendere.La chiacchiera garantisce già in partenza dal pericolo di fallire in questa appropriazione. La chiacchiera, che è alla portata di tutti, non solo esime da una comprensione autentica, ma diffonde una comprensione indifferente, per la quale non esiste più nulla di incerto.
    …………..La chiacchiera, rifiutandosi di risalire al fondamento, è sempre e recisamente un procedimento di chiusura.
    Questa chiusura è ulteriormente aggravata dal fatto che la chiacchiera, con la sua presunzione di possedere sin dall’inizio la comprensione di ciò di cui parla, impedisce ogni riesame e ogni nuova discussione, svalutandoli o ritardandoli in modo caratteristico”
    (Heidegger, Essere e tempo, trad. P.Chiodi, Longanesi 1976, pp,213-214)

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