Savina Dolores Massa: “Mia figlia follia”
Tre anni fa a Cagliari, una calda sera durante la rassegna Marina Cafè Noir: molte decine di persone arpionate dallo scrittore Tahar Lamri con la storia del “figlio dimenticato” cioè come una donna in Mauritania può andare da un uomo e dire “mi hai lasciato un bimbo nella pancia”… e quell’uomo, chiunque sia, invece di offendersi o negare lo prende per un onore. Quella sera la gente non voleva andar via, rimase ad ascoltare Lamri anche quando i tecnici staccarono le luci. Il nuovo romanzo di Savina Dolores Massa, “Mia figlia follia” (Il maestrale, 190 pagine per 16 euri) può fare lo stesso effetto. Una storia stranissima: più che leggere l’ascolti e nulla può interrompere questa magia.
E’ matta Maddalenina? Sembrerebbe se a 50 anni d’improvviso decide di volere un figlio da tre padri (anzi quattro contando un cero, sì proprio quelli di chiesa), se parla con una strega “di ossa e parapioggia” che neanche le risponde. E’ brutta Maddalenina, sporca anzi puzzolente, orfana, povera e scema. Dalla scuola l’hanno cacciata subito: “mette freddo alla classe” disse la maestra. La parola che più spesso le dicono è “Vattene”. Talmente sola che neanche l’ombra le fa compagnia. Eppure Maddalenina “si desidera eguale agli altri”. E ha capito che “le bambole e le persone sono diverse”, si dispiace “per gli occhi degli altri”.
Trecce rubate a una dodicenne, un susino, fritture di “zucchero e liquerizia”, una vecchia macchina da scrivere “con il tasto M” oleoso, “la melodia dei tarli quando russano”: non è il nostro l’universo di Maddalenina e Maria. Qualcosa in comune c’è: la peggior malattia è la paura.
Eccoli i tre padri inverosimili e ignari. Uno è Quirico Malannata, in fuga da non si sa dove e senza “cognome da tramandare” cioè rovinato (negli attributi maschili) da un toro. Il secondo è un ragazzino, Graziano Lucente che per ribellarsi alla tirannia di una famiglia dove si campa 100 anni vuole suicidarsi prima di arrivare a 15. Terzo ipotetico papà è Rocco delle Spezie, un vecchio professore che alle donne ha sempre preferito burberi marinai. Davvero poco plausibili come fecondatori ma… chissà.
La pancia di Maddalenina cresce “rigogliosa” o è immaginazione? E nascerà un “mostro a tre teste con un cero in mano”? O lei chiama figlia “un cancro che le lacera gli intestini”? La strega-guaritrice, cioè Maria Carta, non parla perchè è telepatica o invece non esiste?
Chi è morta e chi è viva in questa storia? Chi legge i pensieri a chi? La strega si domanda chi sia il regista invisibile di questa “assurda commedia a cui ho l’obbligo di partecipare”. In un famoso apologo il bruco sogna di essere una farfalla che immagina di essere un bruco. Anche qui, alla fine, scopriremo che tutto è sogno? “Due possibilità dovrebbe darci la vita: la prima solo per imparare e l’altra per esistere capendo”. A tutte le domande Savina Dolores Massa sa dare una risposta, forse lei ha avuto due vite.
Quando si legge un libro davvero insolito subito scatta il gioco del paragone: chi ci ricorda questo “Mia figlia follia”? Forse i migliori libri del realismo magico latinoamericano. Ma chi conosce Theodore Sturgeon – autore poco amato dagli editori italiani ma osannato altrove – ritroverà certe atmosfere, empatie, inquietudini e soprattutto la capacità di trovare la poesia in quello che qualcuno definirebbe “la parte più sporca degli esseri umani” ma che probabilmente è solo un’altra parte di noi stessi… però spesso preferiamo dimenticarcene. In ogni caso il gioco dei paragoni qui funziona poco: dsavverro non ha parenti stretti (o ispirazioni visibili nella pur vasta biblioteca di Babele) questo “Mia figlia follia“.
Per dirlo in tre parole: un libro strepitoso. E come il precedente (“Undici”: ne ho accennato nel mio reportage dal Senegal ma ci tornerò su) della stessa autrice sembra pronto per essere messo in scena. O raccontato all’aperto in una sera e nessuno vuole andar via prima della fine.
UNA PICCOLA NOTA PER I/LE MARTE-FANTAS-CHETTIERI/E
Siamo qui riunite/i per l’abituale assemblea del martedì con la fantaschietteria della galassia tutta ovvero i moschettieri e le moschettiere della fantascienza.
Il dibattito è aperto.
Vedo una mano alzata. Prego, dica il suo nome.
“Buongiorno, sono Vico di Gallarate. Ho letto la recensione qui sopra. Ho due domande da fare. La prima: si tratta della stessa recensione uscita domenica sul quotidiano L’unione sarda? La seconda domanda: ma è fantascienza o piuttosto fantasy?”.
Mentre altre/i scaldano i neuroni il conduttore di oggi, db, risponde a Vico.
“Alla prima domanda la risposta è sì, quasi identica alla rec dell‘Unione sarda, con forse 7-9 parole mutate. La seconda domanda che a lungo tormenterà i bipedi pensanti del sistema solare, dividendoli fra etichettisti e non, ha 74 risposte possibili ma per brevità ne do due. La prima è: macchissenefrega al quadrato. La seconda: comunque fantasy proprio no, semmai è fantastico con ascendenze sulla favola nera”.
Vedo una chela alzata, prego.
“Il mio vero nome è difficile da pronunciare per voi della Terra ma chiamatemi pure Wqzy. Di solito i recensori o le recensore – voi siete un pianeta sessuato no? – tengono per sè qualcosa, soprattutto se non hanno capito un punto di ciò che hanno letto. E’ successo così a Barbieri?”.
Se allora Barbieri vuol rispondere…
“Grazie, sono molto contento di questa opportunità perchè in effetti c’è un punto del libro che non ho del tutto compreso, forse per ignoranza botanica. Vorrei dunque chiedere a Maria, a Maddalenina o forse a Savina: come si fa a capire se un susino è secco? Soprattutto: deve esserci il susino oppure basta immaginarlo?”.
Bene, su questa interessante questione… se non ci sono altri interventi chiudiamo la nostra assemblea del fanta-martedì. Ricordo a presenti e soprattutto assenti che possono scrivere al solito indirizzo. Il servizio telepatico non è in funzione su codesto segmento spazio-temporale. Grazie ci risentiamo, con probabilità N alla settima potenza, fra una settimana.
(il polipo pensante di turno, Ziguratt Ytryryr)
Mi sono beata: recensione prima e più ancora intervista dopo. Se poi è di Savina che si parla, o meglio dei suoi pensieri narrati, scritti, appuntati, sputati, etc. etc… beh, è davvero un senso di soddisfazione, quello che provo.
Grazie Savina e grazie a te, Daniele.
clelia
Savina è magica.
“Due possibilità dovrebbe darci la vita: la prima solo per imparare e l’altra per esistere capendo”.
Sarebbe bello…
Proverò a leggere questo libro…mi intriga…
Leggo la bella recensione di Daniele mentre sto finendo la mia a UNDICI di Savina,per la rivista on line Kuma. Leggerò il nuovo libro di Savina riflettendo su quanto ha detto La Rochefoucauld: “Chi vive senza follie non è savio quanto crede”. Savina regala saggezza ai suoi lettori.
Mi ha incuriosito tanto la recensione di questo libro.
Lo leggero’ sicuramente.
Un’ottima, sincera e delicata recensione che ben descrive questo piccolo capolavoro di follia narrativa. Complimenti.