Sciopero delle donne: solo tre giorni ancora
Quest’oggi, per sollecitare i lettori sullo sciopero del 25 novembre, inseriamo un bel post di Daniele Barbieri risalente al 13 gennaio 2011 (la scordata del 14 gennaio 2011).
Per maggiori informazioni sullo sciopero e le iniziative da intraprendere andare ai link:
http://www.scioperodelledonne.it/
http://scioperodonne.wordpress.com/
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Si può aderire allo “sciopero” scrivendo a scioperodonne2013@gmail.com
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Grazyna, Rosetta e Sharna (*)
di Daniele Barbieri
Un giorno purtroppo come altri. Grazyna Tarkoowska, 46 anni, è uccisa con 10 colpi di pistola nel proprio appartamento a Civitanova Marche (Macerata). E’ il 14 gennaio dell’anno scorso. A spararle è il marito Maurizio Foresi. L’uomo aveva già aggredito la moglie nel dicembre 2011.
Lo stesso giorno a Scicli (Ragusa) Rosetta Trovato, 38 anni, è strangolata nel suo appartamento. Verrà rinviato a giudizio il marito Massimo La Terra.
Ancora il 14 gennaio: a Monza viene strangolata, nell’appartamento dello zio, la diciottenne Sharna Abdul Gafur. I carabinieri cercano un uomo di 26 anni, che aveva una relazione con Sharna, il quale pare sia scappato in Bangladesh.
Tre storie al Sud, al Nord, al Centro.
Un giorno qualunque in Italia.
Sono 80 le donne italiane assassinate fra gennaio e settembre del 2012 quando il giornalista Riccardo Iacona chiude «Se questi sono gli uomini» pubblicato da Chiare Lettere. Da questo libro ricavo nomi e storie, senza controllarle – come farei in altri casi – perché Iacona è un giornalista serio (uno dei pochi). E’ una ricerca importante, fatta a caldo, recandosi per mesi su molti dei luoghi, «da Enna a Milano», di quella «Italia 201, la strage delle donne» (così il sottotitolo) per cercare di capire qualcosa con l’aiuto di Sabrina Carreras, un’altra giornalista, che Iacona ringrazia perché è stata lei a fare il lavoro iniziale e più duro: «contattare le famiglie, i testimoni, le vittime» e «convincere le persone schiacciate da un dolore immenso a parlare in prima persona, rompere il muro di omertà e vergogna che circonda gli omicidi di donne in Italia», delitti che nel 2011 erano stati 137 ma pochi fra loro avevamo trovato risalto (e approfondimenti ancor meno) nei media. Uccisioni ma anche pestaggi quasi quotidiani: però «il 93 per cento delle violenze perpetrate dal coniuge o dall’ex non viene denunciato» conclude l’Istat nel 2007 dopo una indagine sull’anno precedente.
Prima di entrare nei dettagli del libro di Iacona accenno a una polemica: so che alcuni gruppi di donne hanno contestato le sue scelte soprattutto per lo spazio che lui ha dato al lavoro e/o al punto di vista di alcune persone e/o associazioni di donne rispetto ad altre. Può darsi che abbiano torto o ragione, non ho alcuna competenza per entrare nel merito. Ma le puntualizzazioni e i disaccordi, le critica per le imprecisioni sono, secondo me, del tutto secondarie nella valutazione di un libro che io vorrei tantissime persone leggessero. E che, a mio avviso, ha tre grandissimi meriti.
Nessuno uomo in Italia – che io sappia (se sbaglio spero di essere corretto) – aveva raccontato con tanta passione oltreché con la necessaria precisione giornalistica quello che giustamente viene definito «femminicidio». Spiega all’inizio Iacona: «Di guerra si tratta, di uomini che si armano per uccidere le loro donne, quelle con cui stanno e quelle con cui sono stati».
Secondo merito. Contrariamente al malcostume corrente della stragrande parte del giornalismo italiano, Iacona pone subito e non abbandona la questione centrale: questi delitti non sono casi isolati, non riguardano quella donna o l’altra, non si spiegano con la patologia di quell’assassino o con la biografia di quell’altro e dunque sono tutti parte dell’assalto – delle nuove forme di una antica violenza – che i maschi (una gran parte di loro con purtroppo una infinità di complici) portano alle donne “che amano”. Il titolo è crudele quanto chiaro: «Se questi sono gli uomini» non si può andare avanti, bisogna che i maschi cambino in modo radicale. Non può essere solo questione di leggi, di polizia o di (pur importantissimi) servizi. E anzi Iacona chiama in causa se stesso assieme a tutti noi: «Mi ci metto anch’io, dobbiamo fare un semplice esercizio: quanti di noi si riconoscono in questi racconti? Proviamoci veramente con sincerità e senza auto-assoluzioni. Le liti durate per ore. Le inutili scene di gelosia. L’incapacità di parlare, di rispondere durante le discussioni. La scorciatoia delle urla e delle grida. Le offese, le ingiurie, le parolacce. Le minacce e la mano alzata. Quanti di noi?». Non è “a affetto”, un richiamo forzato, il titolo «Se questi sono gli uomini» ma significa centrare la questione.
Il terzo valore del libro è nel riconoscere il lavoro di molte associazioni di donne e di alcune (ben poche purtroppo) istituzioni nel contrasto alla violenza maschile. La scelta di pubblicare in appendice l’elenco dei «Centri antiviolenza aderenti alla Rete nazionale 1522 e all’associazione nazionale DiRe (donne in rete contro la violenza)» non è un modo per riempire 30 pagine: significa ribadire che questi luoghi – ma anche altri evidentemente – sono importanti, la via da seguire mentre criminali sono le istituzioni che ne boicottano in ogni modo il lavoro e/o che solo ogni tanto sganciano qualche elemosina per “imbrodarsi” e poi rimuovere.
Le ultime righe del libro – non le riassumo anche perché davvero vorrei che molte e molti lo leggessero per intero – indicano un cammino possibile, difficile e necessario da intraprendere. Accenno solo, prima di lasciare Iacona e il suo prezioso lavoro, che purtroppo i fatti mostrano come l’Emilia-Romagna (dove da circa un ventennio abito) è ai primi posti nelle classifiche della violenza sessuata: parlando dell’anno precedente Iacona scrive «quando il 4 ottobre 2011 si viene a sapere del terzo omicidio di una donna, qui a Cesena non si stupisce più nessuno»; e l’anno dopo sarà peggio. Se una regione di grandi tradizioni sociali e culturali come questa è messa così, forse gli alibi sono finiti e bisogna ricominciare da capo (o quasi).
Due ultime questioni.
L’informazione è – o meglio – sarebbe importante. Ed è in primo luogo (come per altri argomenti) non questione di commenti ma in primo luogo di notizie “sparite” e di notizie “sparate”. Esagerate, inventate, “sparate” sono le cazzate che abitualmente vengono propinate anche intorno a questa tragedia, senza controlli, intelligenza, un minimo di amore per la verità. Nascoste, censurate, “sparite” sono le tante notizie scomode ai poteri, cioè all’antifemminismo del patriarcato, del capitalismo e delle grandi religioni organizzate.
Non aggiungo altro perché su codesto blog – uso “codesto” per indicare qualcosa che vorrei fosse a eguale distanza fra me e chi legge – sia l’avvocata Barbara Spinelli che Monica Lanfranco e, con frequenza quasi quotidiana, Maria G. Di Rienzo ne hanno parlato. Ma rimando anche a post con la voce di «Maschile plurale» e di «Uomini in cammino» cioè un diverso punto di vista – contro il patriarcato – degli uomini (pochi a me sembra ma di certo ne esistono anche in Italia).
E’ sulle reazioni che di recente vi sono rispetto agli articoli di Maria G. Di Rienzo in codesto blog che vorrei chiudere questo post; per la serie “io non credo che i panni sporchi si lavino in famiglia”. Nei commenti pubblici (insomma quelli postati) tutto tranquillo. Registro invece con sconcerto e con dolore che alcune persone – tutti maschi, non sarà un caso – mi scrivono privatamente per dire che ‘sta tipa «esagera», è di parte. Non mi dicono (pur se lo chiedo) in cosa «esagera». Nei fatti no, Maria è puntigliosissima, inattaccabile direi. Nei commenti a mio avviso no, però caso per caso se ne potrebbe discutere caso ed è magari utile. Strappo però a un paio di persone – sono amici e questo accalora la discussione ma in un certo senso la rende semplice – questa osservazione che riassumo alla buona: l’attuale femminicidio fa parte di un indiscriminato odio, che cresce nella società, di tutti e tutte contro tutto, cioè contro tutte/tutti. Drammaticamente interessante: avrei 100 obiezioni (statistiche in primo luogo) da fare ma chiedo: «perché non discuterne in blog?». Ed ecco un caro amico – chiamiamolo Zy – rispondermi all’incirca: «non voglio essere processato dall’ortodossia femminista». Se è una battuta, non la comprendo. Se invece Zy parla sul serio… non capisco lui e ciò mi agghiaccia perché è una di quelle persone con le quali condivido mondi e valori, storia e spero futuri.
Dovrei scrivere una bella frase finale. Non mi viene. Posso solo ringraziare tutte le persone (in testa Maria G. Di Rienzo) che mi aiutano a sapere ciò che davvero accade, a capire qualcosa, a cercare di costruire vie d’uscita anziché vie di fuga.
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http://danielebarbieri.wordpress.com/2013/01/13/scor-date-14-gennaio-2011/