Scor-data. 1 aprile 1965
Un grande momento per la storia del fumetto
di Daniele Barbieri (*)
Il 1 aprile 1965 i lettori italiani trovano nelle edicole una nuova, strana, rivista: si chiama «Linus», ed è una rivista di fumetti, ma per adulti. Per adulti non nel senso che allora (e anche adesso) si dava spesso all’espressione, cioè inadatta ai bambini per il tipo di contenuto; lo era invece nel senso che si rivolgeva a persone acculturate e mature – senza con questo escludere affatto i lettori più giovani, ai quali, tuttavia, semplicemente la rivista non era dedicata.
Questo, nel 1965, era davvero qualcosa di strano per la cultura italiana: l’idea di una rivista di fumetti per un pubblico tendenzialmente intellettuale suonava un po’ come un ossimoro. Fumetto, già a partire dal suono stesso del suo nome, suonava come una cosa da poco, adatta al massimo a intrattenere i poveri di spirito; e qui invece Giovanni Gandini pretendeva di affrontarlo come se fosse una cosa seria. Non pago di questo, aveva persino chiamato ad aprire il numero tre intellettuali, un po’ anomali e controcorrente, ma indubbiamente già riconosciuti pubblicamente come tali: Umberto Eco, Elio Vittorini e Oreste del Buono. Tutti e tre, in un modo o nell’altro, si erano pubblicamente esposti sostenendo la qualità intellettuale dei fumetti. Non di tutti, certo: ma qual è il linguaggio con il quale si producono esclusivamente capolavori? Il romanzo? Il cinema?
La rivista aveva preso il nome di uno dei personaggi della serie Peanuts, di Charles M. Schulz, e i tre intellettuali discutevano, nelle pagine di apertura, proprio sui pregi di questa serie, contrapponendola, fra l’altro, ad altre serie a fumetti, magari ancora più famose, ma di qualità inferiore.
I primi numeri di «Linus» hanno un evidente intento didattico. I fumetti che vi appaiono sono preceduti da dotte presentazioni. Molti, come Popeye e Krazy Kat, sono reperti storici; appartengono a un’altra epoca. Lo scopo di Gandini è certamente anche quello di intrattenere, ma prima di tutto è quello di far conoscere un universo straordinario e misconosciuto, relegato sino a quel momento (in Italia) al ghetto della letteratura per l’infanzia – al quale in vari casi è davvero molto poco riconducibile.
Sicuramente, «Linus» può nascere perché in Italia nel 1965 il clima sul fumetto è già cambiato, rispetto agli asfittici e puritani anni Cinquanta. Lo spirito del rinnovamento, che di lì a poco esploderà nel Sessantotto, si sta già facendo sentire in tanti campi. Tuttavia, la rivoluzione del fumetto in Italia era consistita sino a quel momento nello sdoganare temi come la violenza, il punto di vista del male, e l’eros: sempre meglio dell’insipienza che dominava prima, ma non ancora una coscienza critica, indubbiamente.
Ecco quindi il contributo fondamentale di «Linus» al fumetto, non solo italiano, non solo europeo: pur nascendo in una situazione arretrata, per quanto riguarda la condizione culturale del fumetto, «Linus» è la prima rivista al mondo che affronti il fumetto in termini di alta cultura, e non semplicemente di cultura popolare, da valutare con condiscendenza e simpatia, ma sempre da un punto di vista superiore.
Per questo la nascita di «Linus» è un evento così importante, che rompe gli steccati tradizionali fra la Cultura e la cultura. Per questo, oltre ad aprire lo spazio, nel giro di pochi mesi, ad autori di fumetti straordinariamente innovativi – come Guido Crepax (e poco dopo vari altri come Dino Battaglia, Sergio Toppi, Guido Buzzelli, Hugo Pratt…) – può anche permettersi di diventare, quando il timone passa da Gandini a Del Buono, una rivista dichiaratamente politica e movimentista.
Attraverso «Linus» e la sua operazione culturale, il fumetto potrà dunque ben apparire, ai giovani degli anni Settanta, come un linguaggio vergine da compromessi politici, e pronto all’uso con tutta la sua innovativa diversità. Andrea Pazienza, Filippo Scozzari, Igort, Lorenzo Mattotti e tutta la generazione che emerge tra i Settanta e i primi Ottanta sono certamente figli dell’intuizione di Gandini e dell’apertura di Del Buono.
La storia che fa sì che oggi i fumetti si possano vendere in libreria (anche se bisogna chiamarli graphic novel, mi raccomando) è cominciata con quel pesce d’aprile.
(*) Il Daniele Barbieri autore di questa «scordata» è l’altro: insomma, l’omonim(i)o che ogni tanto (e con piacere) incrocio.
Rammento – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 13 marzo avevo ipotizzato: 1566: bolla «Cum primum apostolatum» contro i dissenzienti; 1649: parte il movimento inglese «diggers»; 1776: nasce Sophie Germain; 1809: nasce Gogol; 1866: il Congresso Usa contro gli indiani; 1868: tassa sul macinato; 1898: nasce Roger Bastide; 1939: l’appena eletto Pio XII manda la benedizione a Franco; 1940: nasce Wangari Maathai; 1942: nasce Sam Delany; 1950: muore giovanissimo Charles Drew; 1955: guerra civile a Cipro; 1964: primo golpe in Brasile; 1965: arriva in edicola Linus; 1983: la truffa dei diari di Hitler; 2010: nuovo scontro in Italia sulla Ru486.E chissà, a cercare un poco, quante altre «scor-date» salterebbero fuori su ogni giorno.
Molte le firme (non abbastanza però per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo un gran bisogno per diminuire il sudore e l’affanno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)