Scor-data: 1 febbraio 1932

Farabundo Martí,  “guerrillero heroico” salvadoregno

di David Lifodi*

Sfogliando le pagine di atlanti e dizionari storici, la figura di Farabundo Martí viene liquidata in poche righe: “rivoluzionario salvadoregno, guidò l’insurrezione contro un governo golpista, ma fu fucilato”. In realtà Martí, al pari di Sandino e Zapata, meriterebbe uno spazio di primo piano, perlomeno nel pantheon dei primi lottatori sociali centroamericani, in una piccola porzione di continente che ha subìto prepotenze di ogni tipo ed ha sofferto, più del Cono Sur latinoamericano, le ingerenze della Dottrina Monroe.

Farabundo Martí venne fucilato il 1 febbraio 1932 insieme a due suoi compagni: aveva guidato una delle innumerevoli rivolte contro il governo di Maximiliano Hernàndez Martìnez, uno dei tanti dittatori che hanno fatto il bello ed il cattivo tempo in El Salvador. Nonostante la vita del militante salvadoregno sia stata breve (era nato nel 1893), ha attraversato e scritto pagine significative del movimento politico-sindacale salvadoregno. Prima della rivolta del 1932,  Farabundo Martí aveva partecipato attivamente alla fondazione del Partito Comunista Centroamericano e, in qualità di portavoce della Lega Antimperialista delle Americhe, lavorò a fianco di Sandino in Nicaragua.  La situazione di El Salvador diventa critica agli inizi degli anni venti del secolo scorso: un’ondata di scioperi attraversa il paese ed ha come principali protagonisti ferrovieri ed operai, riuniti sotto le insegne della Coes, la Confederazione Operaia di El Salvador. In seguito alla grande depressione del 1929 crolla il prezzo del caffè, prodotto su cui si fondava buona parte dell’economia del piccolo paese centroamericano: molti contadini perdono terra e lavoro, le condizioni di vita peggiorano quotidianamente. C’è bisogno di un uomo forte che metta fine alle mobilitazioni permanenti dei salvadoregni. Nel Novembre del 1931 arriva il golpe di Martìnez, che abbatte il governo di Arturo Araujo, di timide tendenze socialdemocratiche. Su El Salvador scende la notte: in poche settimane la dittatura elimina migliaia di oppositori politici, fatto che spinge il Partito Comunista a lanciare una vera e propria insurrezione popolare, prevista per il 21 Gennaio 1932. Farabundo Martí, che pure era già stato espulso innumerevoli volte dal proprio paese, ed aveva partecipato come protagonista ad un ciclo di lotte popolari in Guatemala e Messico negli anni venti, fu arrestato pochi giorni prima e poi fucilato. I campesinos scesi nelle piazze e nelle strade sorpresero solo inizialmente i militari, che ripresero facilmente il controllo della situazione e repressero con violenza i moti popolari. El Salvador non stava attraversando una fase prerivoluzionaria, e Farabundo Martí, al contrario di altri dirigenti del Partito Comunista, lo sapeva bene, tanto che riteneva più giusto aspettare ancora un po’ prima di lanciare un’offensiva che sarebbe stata facilmente schiacciata. La figura di  Martí però è rimasta nel ricordo e nel cuore delle organizzazioni popolari salvadoregne, al pari del suo coraggio e della sua determinazione: per questo nel 1980, dopo decenni di giunte militari e sull’onda del successo sandinista del 25 Luglio 1979 nel vicino Nicaragua, in El Salvador sorge la guerriglia del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln), composto dal Partito Comunista, dalle Forze Popolari di Liberazione e dal Partito Rivoluzionario dei Lavoratori Centroamericani. Il paese diventa nel frattempo un laboratorio per le peggiori pratiche di repressione degli anni ’80, messe in atto dagli squadroni della morte del presidente Duarte e del maggiore D’Aubuisson (mandante dell’uccisione del vescovo Oscar Romero), addestrati dai battaglioni Usa, fin quando nel 1992 il Fmln non si trasforma in un partito politico, in seguito agli accordi di pace di pochi anni prima. Le cose però non cambiano: l’ultradestra di Arena (Alianza Republicana Nacionalista), nata dalle ceneri della dittatura, fa il pieno di voti in tutte le tornate elettorali fino allo storico 15 Marzo 2009, quando, per la prima volta, gli efemelistas vanno al potere. L’unico precedente exploit del Frente era stato nel 2005: allora Violeta Menijvar, al termine di una campagna elettorale durissima, aveva battuto il candidato della destra e per due mandati si era riconfermata come sindaco della capitale San Salvador. Stavolta la guerra sucia non aveva funzionato, e nemmeno lo slogan “Patria si, comunismo no”,  agitato dagli areneros per impaurire gli elettori in caso di vittoria dell’Fmln, che peraltro aveva candidato Mauricio Funes, moderatissimo presidente di tendenze socialdemocratiche ed ex giornalista della Cnn corrispondente dal Centroamerica: non esattamente un pericoloso guerrigliero. In effetti dal suo successo non ci sono stati particolari cambiamenti, ed il paese continua ad avere molti problemi, dall’estrema povertà nelle campagne alla violenza delle maras, le bande giovanili dedite alla delinquenza.

Si narra che la sera della vittoria alle presidenziali a San Salvador siano scesi in piazza anche quegli oppositori politici torturati dal regime durante gli anni ’80: alcuni, a cui avevano mozzato le mani, tenevano tra i denti la bandiera del Frente per celebrare una vittoria dedicata a Farabundo Martí e a tutti quei militanti della giustizia sociale che dal secolo scorso si erano battuti affinché diritti e democrazia giungessero anche in El Salvador.

* Articolo tratto da Il Dirigibile del 1 febbraio 2012

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