Scor-data: 1 luglio 1766
Brucia in piazza il «Dizionario filosofico» di Voltaire
di Fabrizio Melodia (*)
«I preti sono, in uno Stato, pressappoco quel che sono i precettori nelle case dei cittadini; obbligati a insegnare, pregare, dare l’esempio; non possono avere nessuna autorità sui padroni di casa, a meno che non si provi che colui che paga un salario deve obbedire a chi lo riceve. Fra tutte le religioni, quella che esclude nel modo più assoluto i preti da ogni autorità civile, è senza dubbio quella di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare”, “Non ci sarà, tra voi, né primo né ultimo”, “Il mio regno non è di questo mondo”. Le contese fra l’impero e il clero, che insanguinarono l’Europa per più di sei secoli, non furono quindi, da parte dei preti, che ribellioni contro Dio e gli uomini e un peccato continuo contro lo Spirito Santo.
Da Calcante, che assassinò la figlia di Agamennone, fino a Gregorio XIII e a Sisto V, due vescovi di Roma che vollero privare il grande Enrico IV del regno di Francia, la potenza sacerdotale fu fatale nel mondo»: così Voltaire in «Dizionario filosofico» (è un estratto dalla voce “prete”).
Voltaire, figura cardine dell’illuminismo francese, al secolo Francois Marie Arouet, iniziò a scrivere l’opera fin dal 1752, ispirato innanzitutto dall’impresa letteraria dell’epoca, quella «Encyclopedie» dell’amico D’Alembert e di tutti i filosofi e letterati che vi gravitavano intorno, oltre che da un gioco letterario avvenuto probabilmente alla corte di Federico II di Prussia, di cui era segretario particolare e ciambellano.
Infatti, durante un evento, ogni letterato presente avrebbe dovuto scrivere, per il giorno seguente, una voce per un dizionario di nuova concezione, ovvero inteso in modo illuminista.
Solo Voltaire prese seriamente l’idea e la portò avanti, creando cosi un’opera mordace e un dizionario dei concetti filosofici e pratici di grande impatto, vista anche la portabilità dell’opera, una piccola enciclopedia tascabile che ancora oggi diverte con le sue dimensioni “tablet”.
Voltaire credeva fermamente nella capacità di razionalità di ogni persona, creando cosi un’opera facilmente fruibile. Era un grande divulgatore, sapiente e velenoso quanto bastava, agile e semplice nell’esposizione come fine poeta e filosofo.
Una spina nel fianco, in quanto egli, deista convinto, voleva depurare la religione stessa da tutto il ciarpame sedimentato dal tempo, affermando solo un modo razionale d’intendere la divinità.
Sostenitore della tolleranza e anticlericale convinto, Voltaire arrivò a pubblicare la sua opera solo nel 1764, in buona parte scritta da lui oltre che da altri autori illuministi che prestarono convinti la propria opera.
«L’opera che iniziamo […] ha due scopi: in quanto enciclopedia, deve esporre quanto più è possibile l’ordine e la connessione delle conoscenze umane; in quanto Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, deve spiegare i principi generali su cui si fonda ogni scienza e arte, liberale o meccanica, e i più notevoli particolari che ne costituiscono il corpo e l’essenza»: così il «Discorso Preliminare» di Jean le Rond d’Alembert tratto dal primo volume dell’«Encyclopédie».
Precetto che Voltaire seguì alla lettera, non tenendo a freno di certo la sua lingua tagliente, in quanto preso nell’eliminare ogni superstizione e pregiudizio, oltre che a usare politicamente l’illuminismo per combattere l’antico regime e liberare le menti dalle catene fisiche che ancora imprigionavano la Francia in pantani medioevali.
L’opera è introdotta da una prefazione in cui si afferma che essa è destinata soltanto a «persone illuminate» essendo che «l’uomo volgare non è fatto per simili conoscenze; la filosofia non sarà mai suo retaggio». Voltaire afferma che «le opere di filosofia non son fatte che per i filosofi, e ogni uomo onesto deve cercare di essere filosofo, senza vantarsi di esserlo». Sempre nella prefazione afferma di aver tratto le voci «dai migliori autori europei» e che «non ci siamo fatti scrupolo di copiare talvolta una pagina da un libro conosciuto, quando tale pagina si è dimostrata necessaria alla nostra collezione». In particolare egli ringrazia gli autori che hanno collaborato con lui e quelli che non ha potuto includere nell’opera per ragioni di tempo.
Gli argomenti dell’opera sono i più disparati: quelli filosofici e teologici sono i più ricorrenti.
L’aspirazione era indicare quella che Voltaire concepisce come «la verità» su una serie di argomenti appositamente segnalati, di contro a quelli che sono presentati come pregiudizi irrazionali.
L’autore tratta, nelle varie voci, anche di casi di cronaca e giudiziari a lui contemporanei, prendendo una netta posizione critica contro le autorità giudiziarie e l’Inquisizione, che egli accusava di ingiustizia e arbitrarietà.
La bomba esplose potente: non era la prima volta per Voltaire di affrontare l’autorità a muso duro, ormai abituato ad affrontare persecuzioni, persino l’esilio come già egli era stato costretto a fare per tre anni in Inghilterra, da cui poi vedranno la luce le celebri «Lettere filosofiche sugli Inglesi» (1734), anch’esse date alle fiamme per ordine del Parlamento, in quanto colpevoli d’ispirare un “libertinaggio” pericoloso per la religione e per l’ordine della società.
Il 1 luglio 1766 il «Dizionario filosofico» seguì il medesimo destino, ma ebbe maggior fortuna nel sopravvivere.
Dato che oggetto delle critiche del libro erano frequentemente le religioni tradizionali, in particolar modo il cattolicesimo e le gerarchie ecclesiastiche, l’opera suscitò anche vive reazioni di sdegno. In essa Voltaire esprime infatti un punto di vista decisamente teista e anti-cristiano. In particolare critica l’Inquisizione e le autorità giudiziarie, che taccia – citando e commentando casi giudiziari della sua epoca – di parzialità e iniquità.
L’odio e l’ostilità verso Voltaire, la sua opera e le idee illuministe non nascevano però dai contenuti ma dalla critica feroce alle autorità, le quali vedevano minacciati il proprio potere e la supremazia nello status quo del regno di Francia.
Quindi il rogo fu, come sempre, pesantemente politico.
L’Illuminismo, dal suo stesso nome, portava a una illuminazione dal punto di vista spirituale, la Ragione era l’anima da risvegliare da secoli di buio, in cui superstizione, violenza, poteri assoluti avevano sprofondato nell’oblio.
Un sonno della ragione da cui molte forze oscure vorrebbero che l’essere umano mai si svegliasse.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)