Scor-data: 10 ottobre 1941
Nasce Ken Saro-Wiwa, là dove il petrolio si tinge di sangue
di d. b. (*)
Sono in molti a credere – chi tremando e chi pensando a come guadagnarci su – che la prossima guerra mondiale per il petrolio sarà nel delta del Niger. Ed è in questa chiave, purtroppo fosca, che va riletta la vicenda di Ken Saro-Wiwa, nato in Nigeria il 10 ottobre 1941.
Un grande scrittore, un difensore del suo popolo. Impiccato il 10 novembre 1995 dalla dittatura militare (ottima alleata degli Usa) per aver dato voce alla resistenza nonviolenta contro la Shell che dal 1958 ruba petrolio e per di più avvelena il delta del fiume Niger: l’inquinamento uccide gli Ogoni che abitano lì e se provano a resistere vengono arrestati, ammazzati o costretti a emigrare.
Anche l’italiana Agip-Eni è collusa con il regime militare nigeriano, pur se ha un potere ben minore della Shell. Fra l’altro vale ricordare che nel 1987-88 sono state scaricate illegalmente in Nigeria 3800 tonnellate di rifiuti tossici italiani. E probabilmente questo non è l’unico episodio ma il solo a noi noto.
Di tutto questo i grandi media italiani non parlano. Poco è stato tradotto dello scrittore – e perlopiù dopo la sua morte – che pure è considerato fra i più grandi del secolo scorso. In italiano si trova il radiodramma «La radio a transistor» (in «Teatro Africano», Jaka Book, 1976), una bellissima antologia di racconti «Foresta di fiori» (Socrates), il romanzo «Sozaboy» (Baldini-Castoldi-Dalai) ristampato nel 2010 con prefazione di Roberto Saviano, infine «Un mese e un giorno», con il sottotitolo «Storia del mio assassinio» (sempre Bcd editore).
Spesso non si fa nulla per salvare gli eroi e le eroine… per celebrare poi il loro ricordo. «Potete uccidermi ma il mio popolo avrà giustizia»: con questo titolo il «Corriere della sera» presentò l’uscita di «Un mese e un giorno», in sostanza l’autodifesa di Ken Saro-Wiwa al processo e il diario che tenne durante il suo primo arresto (per 31 giorni) nel 1993. E’ un bene se il «Corsera» parla di Ken Saro-Wiwa e nelle brevi (e non troppo precise) note che accompagnano l’anticipazione del libro si possa leggere: «nel 2009 la Shell è stata condannata a risarcire la famiglia Wiwa per la perdita di Ken e gli Ogoni per i danni causati nel delta del Niger». In sostanza fu la Shell a commissionare (al dittatore nigeriano) l’assassinio di Saro-Wiwa come all’epoca alcuni – i soliti pochi, per esempio «il manifesto» – scrissero, mobilitandosi per salvare la vita allo scrittore e agli altri militanti nonviolenti che difendevano i diritti del popolo Ogoni. Purtroppo allora i grandi media italiani erano distratti ma veramente distratti.
Non mi pare che i grandi media dedichino articoli seri a quel che attualmente accade in Nigeria. Eppure i disastri non si fermano e continua la resistenza, spesso sotto forma di attentati e rapimenti. Pur se alcuni tecnici (dell’Agip) italiani vennero sequestrati, nessuno o quasi (fa eccezione ancora «il manifesto» in scarna compagnia) ha cercato di capire le ragioni dei ribelli del Mend. Eppure tre anni fa venne tradotto (da Terre di mezzo) «Il prossimo Golfo», sottotitolo “Il conflitto per il petrolio in Nigeria”, un documentatissimo libro di Andy Rowell, James Marriott e Lorne Stockman dove appunto si spiega cosa combina la Shell e perchè molti ne scrivono ormai omettendo la S iniziale (“hell” in inglese significa inferno). Quel “prossimo Golfo” significa che proprio lì la lotta per il petrolio può presto precipitare in un nuovo e catastrofico conflitto internazionale. Ed è molto probabile che questa nuova, strana ondata di attentati “religiosi” in Nigeria sia finanziata da chi vuole impadronirsi di un pezzo pregiatop – cioè pieno di petrolio – del Paese.
Va ricordato invece che spesso a teatro – uno dei pochi luoghi in Italia dove ancora si informa e si fa memoria – si è parlato di Ken Saro-Wiwa. Per esempio con lo spettacolo «Sulle tracce delle conchiglie», a lui dedicato, con attori-rifugiati e attrici-rifugiate. La conchiglia è il logo della Shell ma è anche un oggetto pieno di significati simbolici. C’è anche con un oratorio, intitolato a lui, «Non mi piace l’Africa» per la voce e la regia di Roberto Biselli e con musica, trombone, conchiglie e live electronics di Gerard Antonio Coatti.
Forse per ricordare Ken Saro-Wiwa – e per tenere a mente che, nel silenzio dei media, molti cercano di fermare le prossime guerre del petrolio e magari finiscono in galera, pur se nonviolenti – conviene citare una sua poesia intitolata «La vera prigione».
«Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
insufficienti per uomo o bestia.
Neanche il nulla del giorno
che sprofonda nel vuoto della notte.
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
le orecchie per un’intera generazione.
E’ il poliziotto che corre all’impazzata in un raptus omicida
mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
in cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
la punizione, lei lo sa, è ingiusta.
La decrepitezza morale
l’inettitudine mentale
che concede alla dittatura una falsa legittimazione.
La vigliaccheria travestita da obbedienza
in agguato nelle nostre anime denigrate.
È la paura di calzoni inumiditi.
Non osiamo eliminare la nostra urina.
E’ questo
E’ questo
E’ questo
amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
in una cupa prigione».
(*) Altre volte in blog si è parlato di Ken Saro-Wiwa. Fra l’altro potete leggere un suo racconto (è qui: Ken Saro-Wiwa: Garga) che ho ripreso – con l’autorizzazione delle Edizioni Socrates – dalla splendida antologia «Foresta di fiori» tradottta nel 2004. Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 10 ottobre fra l’altro avevo ipotizzato: il «Global Work Party» OPPURE: 732: battaglia di Tours; 1518: si apre il romanzo «Q»; 1609: nasce Gerrard Winstanley; 1837: muore Charles Fourier; 1861: nasce Fridtjof Nansen; 1871: incendio di Chicago; 1917: nasce Thelonius Monk; 1930: nasce Harold Pinter; 1947: inizia il grande sciopero dei ferrovieri in Senegal; 1952: nasce Urania; 1965: gli hippies marciano su Oakland; 1977: il golpista Massera in udienza privata dal papa; 1979: l’affare Bokassa; 1985: muore Orson Welles; 2003: l’azienda Kappa interrompe i rapporti con la Birmania, dopo il boycott internazionale; 2009: proposto un «obesity day»; 2010: il ministro dell’Interno offre 2 milioni di euro alla famiglia Aldrovandi e in cambio chiede di non costituirsi parte civile nei procedimenti aperti; richiesta respinta.E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)