Scor-data: 11 gennaio 2002
Apre il campo di prigionia di Guantanamo
di Fabrizio Melodia (*)
L’11 settembre 2001 ha lasciato una profonda ferita nel cuore degli Usa che si è trasformata in un cancro, portando paura, sconforto e violenza, tutto abilmente orchestrato dalle alte sfere del potere.
Le politiche imperialiste Usa e l’industria del terrorismo abilmente nutrita dalle lobby degli armamenti penso siano sotto gli occhi di tutti: Michael Moore ha tracciato un bellissimo e dolente affresco del “Paese della libertà e della democrazia” nel suo impegnato e caustico «Farenheit 9/11» come pure fanno molti intellettuali da Noam Chomsky al compianto Kurt Vonnegut nel suo libro «Un uomo senza patria» (edito in Italia da Minimum Fax).
Una delle tragiche conseguenze dello stato di emergenza in cui la politica americana ha precipitato il mondo intero è il Patriot Act, voluto da G. W. Bush, da Rumsfeld e da tutto lo Stato Maggiore. In tempi d’emergenza vengono meno i diritti fondamentali della persona, garantiti dalla legge. Per incriminare qualcuno occorre vi sia il corpo del reato (l’habeas corpus latino), un principio venuto meno guarda caso durante tutte le dittature e le crociate contro gli infedeli. Gli eserciti del “Bene” non possono avere pastoie che limitino la purificazione.
L’ 11 gennaio 2002 sotto l’amministrazione Bush viene aperto un campo di prigionia speciale all’interno della base navale statunitense a Guantanamo, a Cuba. L’area di detenzione è divisa in tre: il Camp Delta (che include il “Camp Echo”), il Camp Iguana e il Camp X-Ray (che sarà poi chiuso).
Secondo le intenzioni del governo statunitense il campo di Guantanamo doveva servire alla detenzione di prigionieri catturati in Afghanistan e ritenuti collegati ad attività terroristiche.
Il numero totale di prigionieri ammonta a circa 800: dai 158 del gennaio 2002 ai circa 650 del 2003. Almeno 367 prigionieri, secondo «Washington Post» nel 2004 e 500 nell’ottobre 2006, Solo per 10 (dieci!) di questi prigionieri è stato formalizzato un capo d’imputazione con conseguente rinvio a giudizio. Nel febbraio 2011 sono detenuti a Guantanamo ancora 172 prigionieri.
Infinite le polemiche: dalle condizioni inumane all’effettivo status giuridico-fattuale dei reclusi. Si sostiene infatti che gli incarcerati non sarebbero classificati dal governo Usa come prigionieri di guerra né come imputati di reati ordinari (il che potrebbe garantire loro processi e garanzie ordinarie) ma sarebbero invece ristretti come detainees (detenuti) senza altro titolo.
Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha diffuso alcune fotografie dei detenuti nella base militare. L’allora segretario della Sifesa Donald Rumsfeld ha dichiarato che questi prigionieri sarebbero «combattenti irregolari» cui non si applica «alcuno dei diritti della Convenzione di Ginevra». Essi «non saranno considerati come prigionieri di guerra, perché non lo sono» dichiarò.
Nel gennaio 2002, l’Alto commissario per i diritti dell’oomo dell’Onu, Mary Robinson, ha protestato contro le condizioni di detenzione dei prigionieri, insistendo sugli «obblighi internazionali, che vanno rispettati».
Il 29 giugno 2006, in occasione dell’appello di un detenuto (Salim Ahmed Hamdan) una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito la violazione della Convenzione di Ginevra e del Codice di giustizia militare statunitense per le modalità di detenzione dei prigionieri all’interno di Guantánamo e per i tribunali militari speciali istituiti per giudicarli.
Amnesty International riferisce che i Tribunali di revisione dello status di combattente (Csrt) istituiti dal governo Usa nel 2004 hanno reso noto, nel marzo 2004, che il 93% dei 554 detenuti esaminati erano da considerarsi a tutti gli effetti combattenti nemici. I detenuti non avevano un rappresentante legale e molti di loro hanno “rinunciato” a partecipare alle udienze dei Csrt che potevano avvalersi di prove segrete e di testimonianze estorte sotto tortura. Il rapporto di Amnesty riferisce inoltre che nell’agosto 2005 un imprecisato numero di reclusi ha ripreso lo sciopero della fame, già iniziato a giugno, per protestare contro la perdurante mancanza di accesso a una corte indipendente e contro le dure condizioni di detenzione, che sarebbero state caratterizzate anche da violenze e pestaggi. Più di 200 detenuti (cifra contestata dal Dipartimento della Difesa) avrebbero partecipato almeno a una fase della protesta. Diversi prigionieri hanno denunciato di essere stati vittime di aggressioni tanto fisiche quanto verbali e che venivano alimentati a forza: alcuni hanno riportato lesioni causate dall’inserimento brutale di cannule e tubi nel naso. Il governo ha negato qualsiasi maltrattamento.
A novembre 2005 tre esperti in diritti umani delle Nazioni Unite hanno declinato l’offerta di visitare la base di Guantánamo presentata dal governo degli Stati Uniti, poiché quest’ultimo aveva posto restrizioni contrastanti con quanto normalmente stabilito dagli standard internazionali sulle ispezioni di questo tipo.
La legislazione del dicembre 2005 negli Usa (la legge sul trattamento dei detenuti) ha di fatto revocato la possibilità da parte dei prigionieri di presentare ricorsi di habeas corpus presso le corti federali ststunitensi riguardo alle condizioni di maltrattamento e detenzione. Ironicamente permetteva limitati appelli contro le decisioni dei Tribunali di revisione dello status di “combattente” e delle commissioni militari. È così stato messo in discussione il futuro di circa 200 ricorsi contro la detenzione in seguito a una sentenza della Corte Suprema che nel 2004 aveva decretato il diritto a presentare tali ricorsi.
Nel dicembre 2008 inizia a essere affrontato il problema della chiusura della prigione, dopo che il neo-eletto presidente Barack Obama manifesta tale intenzione. Il 21 gennaio 2009 Obama firmò l’ordine di chiusura del carcere (ma non della base militare) che doveva essere smantellato entro l’anno. A più di quattro anni di distanza, ciò non è ancora avvenuto: anche a seguito del voto contrario del Senato degli Stati Uniti, il quale con 80 voti sfavorevoli e 6 favorevoli ha respinto il piano di chiusura, agitando anche il pretesto che sarebbe costato troppo (circa 80 milioni di dollari).
PER APPROFONDIRE
Maddalena Oliva, «Fuori Fuoco. L’arte della guerra e il suo racconto», Odoya 2008.
Carlo Bonini, «Guantanamo. Usa, viaggio nella prigione del terrore», Einaudi 2004.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)
vi segnalo il comunicato stampa di Amnesty International:
CINQUE ANNI FA LA PROMESSA DI OBAMA.
AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE DI CHIUDERE GUANTANAMO E PORRE FINE ALL’IPOCRISIA SUI DIRITTI UMANI
Leggi anche il post sul blog “Le persone e la dignità”:
http://lepersoneeladignita.corriere.it/2014/01/10/guantanamo-non-chiude-nonostante-le-promesse-di-obama/