Scor-data: 16 febbraio 1943

Domeniko, la Marzabotto greca

di Marco Clementi (*)  

Quanto avvenuto il 16 febbraio del 1943 a Domeniko, un villaggio della pianura della Tessaglia, è stato riscoperto in Italia all’inizio del 2000 grazie a Lidia Santarelli e in seguito molto enfatizzato dalla nostra storiografia, ma era ben noto in Grecia.

[…] Il 16 febbraio 1943 bande partigiane di Agrofiotis e Baldoumis, del gruppo Oxias, informate che un reparto di 200 italiani si sarebbe diretto a piedi a Elassona e avrebbe trascorso la notte a Mylogousta, decisero di tendere un’imboscata in un punto della strada che si trova a poche centinaia di metri dal villaggio di Domeniko. L’informazione si rivelò errata e anzichè fanti incolonnati, il giorno stabilito comparvero 150 soldati autotrasportati. Lo scontro ci fu lo stesso, violentissimo, e gli italiani ebbero 9 morti e 26 feriti, i partigiani pochi feriti. Su ordine del comandante della divisione Pinerolo, il generale Cesare Benelli, che controllava la zona, il tenente colonnello Antonio De Paola, comandante del II gruppo Lancieri Milano, raggiunse Tyrnavos e Domeniko. Gli uomini furono divisi da anziani, bambini e donne per essere interrogati, mentre venne ordinato all’aviazione di radere al suolo il villaggio di Domeniko. Degli ostaggi, 20 vennero uccisi immediatamente, mentre 118 abitanti di Domeniko assieme a 5 di Damasios e 12 di Mesochorio furono condotti a Kafkasi, una radura non lontana nascosta lungo la strada, dove furono fucilati. Si salvarono in 6; uno riuscì a scappare, 5 furono solo feriti e la notte si trascinarono fuori dal cumulo di cadaveri. Durante un’azione di rastrellamento altre 40 case nei dintorni vennero date alle fiamme e uccise alcune persone. Anzichè rendersi conto della barbarie, il generale Benelli, che aveva seguito le direttive della circolare di Carlo Geloso del 3 febbraio, che stabiliva la responsabilità collettiva della popolazione greca per le azioni partigiane, concluse la sua relazione affermando che la distruzione del paese di Domeniko s’imponeva come «lezione salutare a tutti gli abitanti della zona che hanno dato un fortissimo contributo alle bande». A Domeniko, a dire di Benelli, trovavano rifugio noti comandanti comunisti responsabili in passato di aggressioni di automezzi civili nei pressi del paese. Il tenente colonnello De Paola veniva proposto per un encomio solenne con la seguente motivazione: «Comandante di autocolonna, incaricata di sbloccare un nostro reparto attaccato da forte banda armata e di compiere un’azione di repressione, con calma, implacabile energia ed intelligente azione di comando, assolveva perfettamente e completamente tutti i compiti che gli erano stati affidati». Come si vedrà parlando dei crimini di guerra, il generale Benelli sarebbe stato inserito nella lista dei militari ricercati dalla Commissione delle Nazioni Unite insieme ad Antonio Festi.

[…] La prima protesta ufficiale greca per la strage risale al 1943 per voce del capitano della gendarmeria di Elassona Nikolaos Babalis. Si tratta di un telegramma inviato alla Croce Rossa Internazionale e al ministero degli Interni il 19 febbraio. Lo stesso episodio fu denunciato dal governo greco collaborazionista nel 1944: «In se­guito all’uccisione di soldati italiani da parte di partigiani», scrisse allora il ministero degli Interni, «moltissimi civili furono rinchiusi in un campo di concentramento; venne distrutto il villaggio di Domeniko-Elassona, assassinati oltre 100 suoi abitanti e date alle fiamme moltissime abitazioni di villaggi vicini». Nel 1945 è il governo della Grecia libera a denunciare la strage, con un dettagliato rapporto che elenca i fatti e i nomi delle vittime, inviato alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra. […]

Con molto ritardo il governo italiano si è scusato per la strage. Il 16 febbraio 2009, in occasione del sessantaseiesimo anniversario dell’eccidio, l’ambasciatore italiano ad Atene, Gianpoalo Scarante, intervenne a Kafkaky alla commemorazione dell’eccidio. «Signor Sindaco, Signore e Signori – disse – sono qui tra voi con dolore e commozione per esprimere a tutte le vittime di Domeniko il mio profondo cordoglio. Il mio dolore di uomo, di padre e di rappresentante di un Paese responsabile di una grande atrocità compiuta in questi luoghi. Confrontarsi con il passato e riconoscere le proprie responsabilità è un dovere morale e politico. Nulla può sminuire o cancellare gli eventi terribili qui avvenuti, quelle ingiuste atrocità inflitte a un popolo amico, che resteranno per sempre una macchia indelebile nella storia del mio Paese. Sono consapevole delle responsabilità storiche dell’Italia verso la Grecia, di cui sento tutto il peso e la responsabilità. Nulla potrà mai cancellarle. Nulla potrà mai farle dimenticare. Nulla potrà attenuare il peso terribile che sento sulla mia coscienza. Ma voglio anche ricordare che l’Italia di oggi non è quella di allora. Allora l’Italia aveva un regime totalitario e aggressivo, era dominata dalla dittatura di Mussolini. Voi greci purtroppo sapete bene cos’è una dittatura, una malattia che trasforma gli uomini e inserisce il male nelle loro coscienze. Una malattia che degenera sempre nella guerra, guerra che trasforma troppo spesso gli uomini in belve. L’Italia di oggi, invece, è un Paese libero e democratico, amico della Grecia e suo partner nell’Unione Europea. Il mio Paese è sempre stato vicino al vostro, sin dai tempi della sua storica lotta per l’indipendenza nazionale del 1821, quando tanti italiani filelleni vennero spontaneamente qui per combattere per la libertà dell’Ellade. L’Italia ha inoltre aiutato e ospitato moltissimi greci nel difficile periodo della dittatura, ha offerto possibilità di studiare a centinaia di migliaia di greci nelle proprie università e oggi un milione e mezzo di italiani scelgono ogni anno il vostro Paese come meta delle loro vacanze. E da ultimo, pochi mesi fa, il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano ha riportato in Grecia un prezioso frammento del Partenone, che oggi si trova nel museo dell’Acropoli, quale simbolico gesto di amicizia verso un Paese che sentiamo sempre più profondamente amico e vicino. Una lunga e secolare storia di amicizia e di affetto reciproco che i terribili eventi di Domeniko non possono e non devono far dimenticare. Grazie per avermi invitato. Mi sento onorato della vostra accoglienza».

Si tratta di parole sentite, che ammettono senza mezzi termini le responsabilità italiane; ma che non aprono alla possibilità di un processo per quel crimine.

[…] Oggi le cose sono molto cambiate a causa della crisi economica greca, ma solo nel 2009 la situazione era in evoluzione. Stathis Psomiadis, un parente delle vittime della strage, già membro del Consiglio Comunale di Potamias, aveva cominciato alla fine del secolo scorso a raccogliere materiale per cercare di ottenere l’arresto dei responsabili dell’eccidio. Nel 1998 il ministero dell’Interno greco riconobbe Domeniko «martire» della Grecia. Il 16 febbraio 2000, in occasione del 57° anniversario della strage, lo stesso Psomiadis denunciò il maggiore dei carabinieri Antonio Bali, il carabiniere Antonio Cingano, il comandante della guarnigione dei carabinieri di Elassona colonnello Antonio Festi e il generale Benelli. In seguito si aggiunse il nome del colonnello De Paola. La Procura archiviò la denuncia perché considerò i crimini prescritti. Nonostante questo, Psomiadis ha continuato la sua battaglia legale, essendo venuto a conoscenza che per tali crimini in Italia non esiste prescrizione. Il procuratore militare Sergio Dini inviò un rapporto sulla strage alla procura competente, chiedendo uno svolgimento di indagini e l’eventuale imputazione dei responsabili. […]

Il 4 ottobre 2011 Psomiadis ha presentato alla Procura militare della Repubblica presso il Tribunale militare di Roma, sez. Crimini di Guerra, una denuncia contro Benelli e Festi: «[…] Quando arrivarono le truppe nel mio paese, queste separarono le donne dagli uomini. Per questo motivo sia mia madre che mia nonna non assistettero all’omicidio. Posso però aggiungere che mia madre, che è ancora viva e presente, può raccontare quanto successo all’epoca. Per altro voglio aggiungere che è stato fatto un documentario trasmesso poi su History Channel (un programma televisivo della piattaforma Sky) in cui anche mia madre racconta ciò che sa sui fatti accaduti nel febbraio 194. Mia madre ricorda la foggia dei soldati italiani presenti all’epoca a Domeniko, ma non ricorda eventuali simboli presenti sulla stessa. Alla strage sono riuscite a sopravvivere varie persone. Solo di alcune di esse ricordo il nome che fornisco: Kiparissis Christos e Kiatos Petros e forse Johannis, non ricordo esattamente. Posso però aggiungere che entrambi sono morti qualche tempo fa. Solo il Kiparissis è riuscito a riportare la sua tragica esperienza nel documentario televisivo di cui sopra perchè sepolto dai corpi dei compagni morti. Il figlio di Kiparissis ha scritto un memoriale per raccontare la vicenda vissuta dal padre.

La vicenda, nel momento in cui sto scrivendo, non si è ancora conclusa. La sentenza dell’Aja riguardante i crimini di guerra della Seconda guerra mondiale aveva frustrato le speranze di giustizia degli abitanti di Domeniko, ma secondo quanto mi è stato comunicato da S. Psomiadis il 19 febbraio 2013, il Tribunale militare di Roma in data 18 gennaio 2013 ha chiesto allo stesso una lettera di conferma che ci sono testimoni vivi e pronti a venire in Italia per deporre»

[…].   

4.5 L’aggravarsi della situazione interna

L’emergenza alimentare e il peggioramento dell’ordine pubblico provocarono importanti cambiamenti ad Atene. Le autorità occupanti si convinsero dell’inadeguatezza del governo Tsolakoglou; l’esecutivo, lo si è visto, era composto per lo più da militari di carriera, considerati mediocri, anche se la molteplicità di organi con i quali doveva concordare la propria politica (il Comando militare italiano, quello tedesco e i due plenipotenziari) ne intralciava non poco il lavoro. L’incipiente crisi finanziaria ed economica, alla quale non si riuscì a fare fronte, e i primi scioperi organizzati dalla Resistenza, come quello dell’aprile del 1942 degli impiegati e funzionari statali di Atene-Pireo, Salonicco e Patrasso, lo costrinsero alle dimissioni. Il 15 settembre del 1942 Tsolakoglou fu sostituito da Kostantinos Logothetopoulos, un medico di fama nazionale grande ammiratore del nazismo (aveva studiato in Germania e sposato una tedesca), il cui programma consisteva in soli due punti: piena collaborazione con gli occupanti nella repressione del movimento resistenziale e soccorso delle zone del Paese ancora colpite dalla carestia.

All’inizio del 1943 l’EAM lanciò una campagna contro la mobilitazione della mano d’opera in favore degli occupanti. Dopo un primo periodo, nel corso del quale la resistenza greca aveva riscosso un successo relativo tra la popolazione, la liberazione di zone montagnose e il loro controllo diedero maggiore corpo al movimento, che assunse un carattere più simile a quello di una guerra di popolo. Nel 1942, lo si è detto, erano cominciati da parte italiana i rastrellamenti su vasta scala ed erano state inasprite le pene, ma proprio in quel periodo la guerriglia portò a termine l’azione più ardita e significativa: l’operazione Harling, ossia la distruzione del Ponte di Gorgopotamos, sulla linea Atene-Salonicco, al passo delle Termopili, presidiato allora da un’ottantina di soldati.

(*) Ho ripreso – con qualche taglio e senza il ricco apparato di note – questo testo dal bel libro di Marco Clementi «Camicie nere sull’Acropoli» (sottotitolo: «L’occupazione italiana in Grecia 1941-1943») pubblicato l’anno scorso da Derive Approdi che ringrazio per avermi concesso questo estratto. La casa editrice presenta così il volume: «Marco Clementi, grande conoscitore dei Balcani, ricostruisce tutte le fasi della guerra, dell’invasione e infine dell’occupazione della penisola ellenica. Basato su un vasto apparato di fonti inedite, questo libro offre una sintesi ampia e ben articolata di un capitolo fondamentale della politica espansionistica di Mussolini. Clementi sfata molti luoghi comuni come il mito di “italiani brava gente” ma allo stesso tempo ridimensiona, grazie ai documenti trovati negli archivi greci, la polemica sulla rimozione dei crimini di guerra. Dalle storie dei soldati alle strategie militari e al sacrificio della Divisione Julia, senza dimenticare gli episodi più drammatici come la strage di Domenikon e l’eccidio di Cefalonia, Clementi descrive magistralmente gli anni dell’occupazione, la solidarietà con la popolazione per combattere la fame, e le spaccature dopo l’8 settembre fra chi scelse di allearsi con la resistenza greca, chi con i tedeschi e chi cercò di tornare in patria».

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 16 febbraio fra l’altro avevo ipotizzato: 1926: muore, per le percosse, Piero Gobetti; 1928: nasce Pedro Casaldinga; 1936: il Fronte Popolare vince le elezioni in Spagna; 1954: quattro morti a Mussomeli durante una protesta; 1985: Vicenzo Muccioli condannato per maltrattamenti; 2005: entra in vigore il protocollo di Kioto... E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

Redazione
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