Scor-data: 18 maggio 2001
Ratzinger impone il «secretum pontificium» sulla pedofilia
di d. b. (*)
Per questa «scor-data» (dimenticatissima o travisata, soprattutto in certi ambienti) mi limito a raccogliere due testi e a segnalare un gruppo attivo nell’informazione sugli abusi.
«De delictis gravioribus» (ovvero «Circa i delitti più gravi») è una lettera di Joseph Ratzinger. Così la racconta – nel massimo dell’asetticità, mi pare – Wikipedia.
«Scritta il 18 maggio 2001, aggiorna l’elenco dei delitti secondo il diritto canonico, per i quali la Congregazione per la Dottrina della Fede si riserva l’ultima parola rispetto alle chiese locali. Tali delitti, scelti per la loro particolare gravità, riguardano sia la celebrazione dei sacramenti sia la morale cattolica.
La lettera intende dare attuazione al documento “Sacramentorum sanctitatis tutela” emesso da Giovanni Paolo II ed è rivolta a tutti i vescovi e a altri membri della gerarchia della Chiesa cattolica. Le istruzioni contenute nel documento sono esplicitamente rivolte ad aggiornare quanto già stabilito in un altro documento, il “Crimen sollicitationis”, emesso nel 1962 da papa Giovanni XXIII e fino ad allora noto solo ai vescovi diocesani. Le principali novità sono:
I vescovi devono segnalare immediatamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede i casi fondatamente sospetti;
La Congregazione si riserva di prescrivere caso per caso ulteriori accertamenti da parte dei tribunali diocesani;
Al termine del processo di primo grado i vescovi devono fornire una documentazione completa al Vaticano, anche se non ci fosse alcuna richiesta d’appello;
La Congregazione rinuncia a riservarsi il giudizio in seconda istanza per i diritti contro la morale previsti dalla “Crimen sollicitationis”, tranne che per gli “atti contro il Sesto Comandamento del Decalogo commessi da un membro del clero con un minore di anni 18” (prima la minore età terminava a 16 anni).
In tal caso i termini per la prescrizione canonica sono stabiliti in 10 anni dal raggiungimento della maggiore età del minore e non 10 anni dal crimine.
La “De delictis gravioribus” introduce oggettivamente una più stretta vigilanza della Congregazione per la Dottrina della Fede sull’attività dei tribunali ecclesiastici diocesani. Le finalità di questa sorveglianza sono state interpretate in modo diametralmente opposto: secondo alcuni il Vaticano intendeva favorire l’occultamento dei delitti dei sacerdoti pedofili, secondo altri invece la vigilanza mirava a prevenire qualsiasi insabbiamento dei processi canonici di primo grado contro i preti pedofili. La controversia è stata favorita anche da una fonte favorevole allo stesso Ratzinger, che nel pubblicare una traduzione italiana del documento, vi ha aggiunto un sommario in cui l’ultima prescrizione, relativa al cosiddetto “segreto pontificio”, viene definita innovativa. Il segreto era già imposto dalla “Crimen sollicitationis” del 1962, voce a cui si rimanda per la discussione di tale segreto.
Contesto e sviluppi delle controversie suscitate dal documento
La “De delictis gravioribus” è stata chiamata in causa nel corso di alcuni processi per molestie sessuali perpetrate da alcuni sacerdoti negli Stati Uniti (molte delle quali su minorenni). La Corte distrettuale della contea di Harris (Texas) ritenne opportuno indagare Joseph Ratzinger per l’imputazione di «ostruzione alla giustizia» a causa delle disposizioni di riservatezza contenute nella lettera. L’8 aprile 2005, John Beal, professore di diritto canonico all’Università Cattolica d’America, ha rilasciato una deposizione sotto giuramento nella quale ha ammesso a Daniel Shea, difensore di due presunte vittime, che la lettera ha esteso la giurisdizione e il controllo della Chiesa sui crimini sessuali.
Il 20 settembre 2005 il Dipartimento di Stato statunitense accolse la richiesta di concedere al papa l’immunità diplomatica, in quanto capo in carica di uno Stato sovrano. Tale richiesta era stata inoltrata dalla nunziatura apostolica direttamente al presidente statunitense George W. Bush il 16 agosto 2005, dopo che il papa non si presentò in uno dei processi nel quale fu chiamato a rispondere del reato nella medesima contea e nell’ambito del processo a Juan Carlos Patino-Arango, seminarista colombiano accusato di abusi sessuali su minori».
Fin qui dunque Wikipedia.
Una riflessione interessante arriva da Piergiorgio Odifreddi che la pubblica sul quotidiano «La stampa» (5 giugno 2007) sotto il titolo «Pedofilia e pretofilia».
«Caro direttore,
quietati i clamori preventivi e consuntivi sulla puntata “Annozero” del 31 maggio, le chiedo di poter dire un’ultima parola su una trasmissione alla quale ho avuto l’onore di partecipare come ospite laico.
Scorrendo i giornali del 2 giugno, noto infatti da un lato commenti quali “Fisichella, il volto della Chiesa che scalda il cuore dei laici” (Lucia Annunziata su “La Stampa”) o “Elogio di Fisichella Monsignor Coraggio” (Aldo Grasso su “Corriere della Sera”) e dall’altro lato titoli quali “Che fatica capire nel salotto di Annozero” o “Quante gaffe in quel documentario” (Andrea Galli su “L’Avvenire”) che mi sembrano lasciar trasparire un giudizio eccessivamente ottimistico sulla veridicità dell’autodifesa della Chiesa in relazione ai fatti in questione.
I quali, come si ricorderà, erano le accuse di pedofilia ecclesiastica da un lato, e di copertura gerarchica dall’altro, mosse dal documentario “Sex Crimes and Vatican” (“Crimini sessuali e Vaticano”) andato in onda il primo ottobre 2006 sulla Bbc e ritrasmesso da Michele Santoro, dopo feroci polemiche e maldestri tentativi di impedirne la messa in onda sui canali pubblici italiani.
Monsignor Fisichella ha preteso in trasmissione di ridurre il fenomeno alle perversioni dei «quattro delinquenti» di cui il filmato narrava i crimini, e ha sistematicamente negato la segretezza della famigerata disposizione “Crimen sollicitationis” del 1962, l’intento omertoso delle sue norme avocatorie per sottrarre i preti colpevoli di crimini sessuali alla giustizia civile, e la permanenza in vigore di queste norme almeno fino al 2001.
Benché lo stesso Santoro abbia diplomaticamente aperto la trasmissione reiterando per tre volte la dichiarazione che “si sta parlando di casi singoli”, i fatti giudiziari finora affiorati lasciano invece presupporre un iceberg di molestie e violenze sessuali perpetrate da preti, suore e laici cattolici su scolari e studenti, minori e non, di orfanotrofi, scuole e seminari da loro gestiti. Per ora, i casi più noti venuti a galla sono quelli del padre messicano Marcial Maciel, fondatore della Legione di Cristo tanto amata da Giovanni Paolo II, e del frate irlandese Brendan Smyth, che detiene un record di 45 anni (1945-1990) di abusi sistematici. Il caso più blasfemo è invece quello, citato nel Rapporto Governativo Irlandese del 22 ottobre 2005, di un prete della diocesi di Ferns che ha violentato una ragazza sull’altare della parrocchia. Il caso più tragico, infine, è il suicidio del frate irlandese Sean Fortune nel 1999, per evitare un processo per lo stupro di 29 bambini.
Lo scandalo ha raggiunto anche i massimi livelli ecclesiastici, fino al cardinale Hans Hermann Groër di Vienna e una ventina di vescovi del mondo intero, tutti costretti a dimettersi (il primo già nel 1995). Un’idea dell’ordine di grandezza del fenomeno si può dedurre dal fatto che, secondo il rapporto, la natura e l’estensione del problema dell’abuso sessuale di minori da parte di preti e diaconi cattolici degli Stati Uniti del 27 febbraio 2004, stilato per la Commissione Episcopale Statunitense dal Dipartimento di Giustizia Criminale John Jay della City University di New York, nei soli Stati Uniti sono state presentate fino al 2003 circa 11.000 denunce contro più di quattromila preti, pari al quattro per cento (4.392 su 109.684) del clero cattolico locale.
Monsignor Fisichella, che in trasmissione mi ha chiesto malignamente se conosco anche il latino o solo la matematica, avrebbe forse dovuto preoccuparsi delle sue conoscenze in quest’ultima materia, visto che sembra non aver saputo (o voluto) afferrare la differenza tra “quattro”, “quattromila” e “quattro per cento”… Ma anche un esperto di sole lingue morte avrebbe comunque dovuto apprezzare almeno la differenza tra epidemico ed endemico fatta dal giudice Anne Burke della Commissione d’Indagine Nazionale sugli scandali sessuali istituita dalla Chiesa Cattolica Statunitense (!), che nel filmato ha dichiarato: “Abbiamo scoperto che non si è trattato di un fatto epidemico, con più casi in una diocesi che in altre, ma di un fatto endemico, con le stesse percentuali di molestie sessuali sui minori in ogni diocesi”.
Ora, i motivi dei tentativi di piccola censura del video da parte dei partiti politici clericali, e di grande copertura degli scandali da parte delle gerarchie ecclesiastiche, stanno tutti qui: nella paura, cioè, che questi dati possano lasciar inferire un comportamento sistematico da parte del clero, anche sulla base del fatto ben noto che le denunce di violenze sessuali in generale, e sui minori in particolare, riguardano solo una minima parte dei crimini che vengono invece commessi. Stando ai fatti appurati, comunque, le sole diocesi statunitensi hanno dovuto finora pagare risarcimenti alle vittime pari a un miliardo di euro: una cifra che è ironicamente dello stesso ordine di grandezza del finanziamento che la Chiesa riceve annualmente dai contribuenti italiani tramite l’esborso dell’otto per mille, ma anche una cifra che ha già tragicamente portato alla letterale bancarotta cinque di quelle diocesi (Tucson in Arizona, Portland in Oregon, Spokane in Washington, Davenport in Iowa e San Diego in California).
È singolare che, di fronte a un fenomeno di proporzioni appunto fenomenali, monsignor Fisichella e il Vaticano abbiano preferito chiudersi in una difesa cavillosa, invece di aprirsi a un mea culpa evangelico: soprattutto per quanto riguarda la sistematica connivenza con i colpevoli, in molti casi semplicemente trasferiti ad altre istituzioni (cioè, in pratica, a nuovi vivai per le loro malversazioni). Anche qui, i fatti sono testimoniati dalle dimissioni dei responsabili delle coperture: ad esempio, nel 2002, quelle del cardinale Bernard Law di Boston negli Stati Uniti (“punito” con la nomina ad arciprete della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma) e del vescovo Brendan Comiskey di Ferns in Irlanda.
E qui arriviamo alla pietra dello scandalo del video trasmesso da “Annozero”, che più che il delitto di lesa infanzia da parte del clero è stata l’accusa di lesa maestà addirittura a Benedetto XVI da parte del filmato. In trasmissione monsignor Fisichella ha bollato il coinvolgimento del papa come “gratuito”, e il giorno dopo il portavoce vaticano padre Federico Lombardi l’ha descritto come “gravemente ingiusto”, ma entrambi hanno dimenticato (o finto di dimenticare) che l’accusa non era affatto giornalistica, bensí giudiziale!
L’allora cardinal Ratzinger era stato infatti incriminato agli inizi del 2005 in Texas per aver ostacolato la giustizia e aver cospirato con l’arcidiocesi di Houston nella copertura degli abusi sessuali del clero locale, in una causa civile intentata nella Contea di Harris da tre vittime contro un molestatore appartenente al seminario locale. Il 26 maggio 2005 gli avvocati pontifici hanno comunicato alla Corte Distrettuale del Texas Meridionale di Houston che il 20 maggio l’ambasciata della Santa Sede a Washington aveva inviato al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti una richiesta di immunità diplomatica per Ratzinger, nella sua intervenuta qualità di Capo di Stato. Il 22 dicembre 2005 l’accoglimento della richiesta ha così posto fine in modo “gratuito”, questo sì, alla vicenda giudiziaria del Papa. Ma non, ovviamente, alle discussioni sulla sua effettiva colpevolezza, basata sull’ammissione del 18 maggio 2001, nella lettera ai vescovi “De delictis gravioribus” (Circa i delitti più gravi), che la disposizione del Santo Uffizio “Crimen sollicitationis” del 1962 era “hucusque vigens” (finora in vigore): cosa che in trasmissione ho chiesto più volte a monsignor Fisichella di confermare, ricevendone solo risposte elusive, nonostante egli tenesse in grembo la versione ufficiale a stampa di quella lettera, con il passaggio cruciale sottolineato a mano!
Alla domanda se la “Crimen sollicitationis” fosse poi una disposizione segreta, la sua risposta è stata invece netta, per non dire sprezzante: “Ma per carità, che cosa sta dicendo? Non raccontiamo barzellette!”. Peccato che la barzelletta fosse scritta, nel latino che tanto piace al monsignore e in maiuscolo, nelle prime due righe del testo stesso: “Da conservare con cura negli archivi segreti della Curia come strettamente confidenziale. Da non pubblicare, né da integrare con alcun commento”.
Per definizione, se una disposizione richiede di essere mantenuta segreta è, ovviamente, perché ha qualcosa da nascondere: che cosa, dovrebbe essere chiaro dai fatti enumerati in precedenza a proposito delle coperture dei vertici ai crimini della base (ma non solo). Non dimentichiamolo, quando elogiamo il mastino di Ratzinger per la sua indubbia efficacia mediatica nel difendere la Chiesa, perché rischiamo di confondere l’apparenza dialettica delle opinioni con la verità storica dei fatti».
E oggi?
Dopo il «mastino» Ratzinger (la definizione è di Odifreddi; il quotidiano «il manifesto» definì il nuovo papa «il pastore tedesco») l’agnellino Francesco. Che però sinora su questo delicatissimo tema ha detto poco e fatto nulla.
Un punto di riferimento interessante può essere la «Rete L’ABUSO» che si presenta così.
«Nasce dall’idea di un gruppo di vittime di preti pedofili, le quali, in occasione di un incontro internazionale a Roma, si rendono conto delle incredibili analogie tra i loro casi, tutti casi in cui l’abusatore è un sacerdote. Come la Chiesa gestisce la vittima, la famiglia, il pedofilo, le persone che erano a conoscenza dei fatti, tutto da manuale, come il trasferimento ad altra parrocchia del sacerdote pedofilo, o l’omissione di denuncia alle autorità.
Un modus operandi della Chiesa già visto negli Stati Uniti, in Irlanda, in Germania ecc. che emergeva chiaramente anche in Italia.
Ci rendemmo conto che occorreva un deterrente, perché ancora oggi, tutto viene gestito a livello interno omettendo qualunque tipo di segnalazione alle autorità civili, qualunque tipo di supporto medico e non alle vittime, qualunque restrizione al pedofilo che viene sistematicamente spostato in un’altra parrocchia, permettendo così di continuare ad abusare.
Le attuali (2014) procedure canoniche non sono utili alla soluzione di questo problema: siamo onesti, il problema del prete pedofilo non è che dice male la messa, il pedofilo molesta i bambini, occorre inserire in quelle procedure l’obbligo di denuncia alle autorità civili. Una riduzione allo stato non risolve il problema, o meglio, lo risolve solo alla Chiesa che si tutela dal dover pagare dei risarcimenti per gli abusi commessi dal prete, ma di fatto, senza la denuncia, il pedofilo resta libero di commettere altri abusi.
Per le vittime, la mancata denuncia non permette loro di ottenere il dovuto risarcimento, utile almeno a poter affrontare una terapia psicologica.
Nasce quindi il progetto della Rete L’ABUSO, un gruppo di attivisti, vittime e professionisti volontari, sparsi su tutto territorio italiano i quali hanno formato non solo una rete di supporto alla quale le vittime possono rivolgersi, ma anche un importante deterrente per evitare che la Chiesa “nasconda” i preti pedofili.
Il sito sul quale navigate in questo momento, in realtà è un database chiamato “ABUSE-TRACKERS” un aggregatore di informazione a uso interno nel quale gli attivisti della rete inseriscono da tutta Italia le informazioni note sui vari casi di abusi sessuali e le segnalazioni. Una sorta di schedario: dove il sacerdote ha commesso gli abusi, dove si trova in questo momento ecc riuscendo così a monitorare costantemente gli spostamenti e permettendoci di intervenire in caso di segnalazioni.
L’interfaccia pubblica invece funziona come un normale blog di informazione tematica, dotato di un motore di ricerca interno grazie al quale si possono trovare tutte le informazioni pubbliche disponibili dal 2005 a oggi».
In questi giorni la «Rete L’ABUSO» invita a dare un’occhiata qui:
http://retelabuso.org/papa-francesco-sbugiardato-dalle-vittime-italiane-le-loro-dichiarazioni-a-breve-in-un-video-2/
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul avevo, fra l’altro, queste ipotesi: Ogni anno ad Haiti «festa della bandiera»; 1498:Vasco De Gama arriva davvero alle Indie; 1781: strage dei conquistadores; 1872: nasce Bertrand Russell; 1895: nasce Sandino; 1911: muore Mahler; 1927: Bath (Usa), Andrew Kehoe uccide 44 persone; 1928: muore Big Bill Haywood; 1944: muore Dante Di Nanni; 1954: crepe al Colosseo, panico e profezie; 1978: storia di un sequestro in Argentina; 1984: muore Palmira Scalise, “briganta”; 2010: muore Edoardo Sanguineti. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)