Scor-data: 23 dicembre 2007
Muore Oscar Peterson
di d. b. (*)
Arrivò da un sobborgo di Toronto (Canada) la notizia della morte di Oscar Peterson, 82 anni, uno dei più celebri pianisti jazz della storia. Un incantatore di platee giudicato da molti il più grande virtuoso della musica afro-americana ma che alcuni jazzisti – soprattutto delle avanguardie e/o della rivolta sociale e culturale – considerano, con una parte degli appassionati, «una perfetta macchina da concerto», fredda e senz’anima.
E’ il quarto dei 5 figli di un facchino che lavora nelle ferrovie canadesi e che suona il pianoforte per diletto: Oscar Peterson nasce il 15 agosto 1925. Daisy, la sorella più grande, gli dà le prime lezioni di piano ma i suoi biografi – probabilmente esagerando – scrivono che già a 6 anni… il bambino prodigio ha ben poco da imparare.
Oscar Peterson inizia a studiare musica classica, poi passa al jazz; dopo esser stato bambino prodigio diventa ragazzo d’oro, vince un concorso a 14 anni ed è subito scritturato dalla stazione radiofonica di Montreal entrando poi nell’orchestra di Johnny Holmes, una delle più popolari in Canada. Poi lo scopre Norman Grantz, impresario e discografico statunitense che lo fa esordire, nel ’49, alla Carnegie Hall di New York. In un paio d’anni è ai vertici del successo. Dal ’52 al ’54 fa una prima tournèe in Europa con uno dei suoi trii: il fedelissimo Ray Brown al contrabbasso e il batterista Ed Yhigpen. Altro suo accompagnatore celebre è Irving Ashby alla chitarra sostituito in seguito dall’eccellente Barney Kessell e dall’altrettanto brillante Herb Ellis.
Negli anni ’50 e nei primi del decennio successivo nulla ferma il suo successo: suona con quasi tutti i “mostri sacri” da Louis Armstrong a Ella Fitzgerald, da Lester Young a Stan Getz. Fra i primi neri a entrare nei templi della musica classica. E’ anche autore di numerosi testi di esercizi jazz per giovani pianisti. Nel ‘97 riceve un Grammy alla carriera. E’ uno dei canadesi più famosi nel mondo e gli viene attribuito il più importante riconoscimento civile, il Companion of the Order of Canada. E’ anche il primo canadese vivente che vede il proprio volto stampato sui francobolli.
Nel 2005 è a Umbria jazz: nonostante gli anni incanta il pubblico anche se alla fine appare stremato. Negli ultimi anni la salute malferma lo costringe a cancellare più volte esibizioni già annunciate, compreso il concerto… sotto casa, cioè all’ultima edizione del Toronto Jazz Festival.
Due parole di solito lo definiscono: tecnica strabiliante. E fin qui nessuno può dirsi in disaccordo. Non certo un genio della musica ma uno straordinario virtuoso sì, sì, sì: capace di essere lirico e spettacolare, ipnotico e divertente, accademico e velocissimo, classico e jazz, sia hot che cool. Peterson ha tutto per incantare il pubblico e insieme per…. scontentare sia i puristi che gli innovatori del jazz: non è un caso se i suoi fans più entusiasti vengono dalla musica cosiddetta colta. «Non è un pianista jazz» dice di lui con secchezza (e forse con eccessiva cattiveria) Charlie Mingus, il grande contrabbassista. Altri lo chiamano «Art Tatum redivivo» (in effetti lo ricorda per la tecnica) mentre una rivista addirittura lo ribattezza «la mano sinistra di Dio» (in realtà è instancabile nel giocare con entrambe le mani, nell’incrociarle senza sosta). I più severi concordano, fin dagli anni ’50, con il critico Joachim Ernst Berendt che parla di Peterson in questi termini: «un improvvisatore pieno di swing e slancio […] eppure con l’andar del tempo si scopre una tendenza al clichè che la sua esemplare vitalità riesce ogni volta a nascondere». Critiche che non gli impediscono un’attività frenetica e un successo quasi ininterrotto.
Per chi ama il piano jazz l’anti-Peterson è forse Thelonius Monk che ha invece una tecnica quasi primitiva accompagnata però da una sorprendente creatività. In una celebre intervista è proprio Monk a spiegare che «il jazz è un graffio nell’anima, chi non lo sente non ha anima». Forse quelle 10 dita velocissime erano troppo perfette per graffiare. Resta il piacere di averlo ascoltato e non è poco.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Ma qualche volta ci sono argomrenti più leggeri che… ogni tanto sorridere non fa male.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 23 dicembre fra l’altro avevo ipotizzato: 1900: da Genova parte lo sciopero generale; 1961: 69 morti in treno a Catanzaro; 1971: solo 4 anni di galera alla Pagliuca, torturatrice di bimbi; 1978: 108 morti a Punta Raisi; 1990: assalto della Uno Bianca al campo nomadi; 2005: «Science» inserisce l’autocoscienza fra le 25 scoperte più importanti che riguardano l’essere umano; 2009: prima pietra del ponte di Messina. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Per il 2014 stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)