Scor-data: 24 maggio 1962

La Saras arriva a Sarroch,

di Francesco Masala (*)

 

qualche anno fa Massimiliano Mazzotta ha fatto un documentario, anche se alla Saras e ai suoi avvocati non è piaciuto molto.

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E’ il 1962 quando Angelo Moratti sbarca in Sardegna e fonda la Saras, società anonima raffinerie sarde, ponendo le basi per quello che poi nel corso degli anni sarebbe diventato un polo petrolchimico di imponente rilievo e la più grande raffineria del Mediterraneo.

La raffineria venne inaugurata nel 1966 dall’allora ministro dell’Industria Giulio Andreotti che si congratulò con il fondatore per avere avviato la “rinascita” della Sardegna, “rinascita”  che di fatto ha segnato la morte di un territorio e della sua gente. Ed e’ il 1962 quando gli anziani di Sarroch definiscono in modo quanto mai profetico, lo scellerato progetto di distruzione di una porzione della invidiabile della Costa Degli Angeli, con l’appellativo di Sa Rovineria: una rovina sotto tutti i punti di vista.

Purtroppo gli anziani ci avevano visto giusto.

Se ci si affaccia dal viale Buoncammino sa rovineria è visibile ad occhio nudo, cosi come sono visibili i fumi e quella fiamma sempre viva; allo stesso modo se si percorre la strada statale 195 di notte si viene illuminati dalla miriade di luci riflettenti i tubi e le cisterne che quasi richiamano lo spettrale e apocalittico paesaggio della città di Conan: Indastria.

Un vero e proprio scempio perpetrato in una porzione di territorio a vocazione agricola e dedito alla pesca.

Nel 1962 il Signor Angelo Moratti pensa bene di sfruttare la posizione strategica della zona, nel cuore del Mediterraneo, acquisendo le terre alla popolazione di Sarroch per l’irrisoria cifra di 340 lire a metro quadrato; il progetto iniziale prevedeva l’occupazione di un’area di 180 ettari per arrivare agli attuali 800 ettari…

continua qui

 

…nel 2006 la Saras ha fatturato 5.196 milioni di euro, con un utile netto di 293 milioni di euro.

IN UN ANNO OLTRE 500 MILIARDI DELLA VECCHIE LIRE SOLO DI UTILE.

L’utile, nel 2000 era ‘solo’ di 36 milioni di euro. Ma come hanno fatto? Aumentare gli utili di quasi 10 volte in pochi anni e’ da maghi degli affari.

Ma c’e’ il barbatrucco. Non sono stati i bravi manager Saras a fare svettare questi introiti: e’ stato il magico Cip6 !! Elementare Watson. Ma come fa la Saras a ricevere i soldi del Cip6, che in teoria e’ per industrie che producono energia rinnovabile?
Facciamo un passo indietro. Prima del 2004, gli scarti della raffineria Saras andavano smaltiti, a caro prezzo, come rifiuti speciali. Nel 2004 allora l’idea brillante dei Moratti: bruciamoli quei rifiuti. E nel farlo ci ricaviamo un po’ di energia che facciamo passare per alternativa. Nessuno se ne accorgerà, avranno pensato.
E siccome l’hanno fatto passare per un metodo nuovo e ‘alternativo’ per produrre energia ecco che arriva il Cip6. Non ha importanza quanto schifo immettono in aria. Gli diamo la dicitura di ‘assimilata’ e siamo apposto. Lo Stato italiano (noi) abbiamo dunque regalato 200 milioni di euro alla famiglia Moratti. Neanche fossimo tutti interisti.
Furbo Mr Moratti, eh?
Così accanto alla raffineria vera e propria (completa di desolforatore come vogliono fare ad Ortona) hanno costruito questo inceneritori di rifiuti petroliferi, dal nome luminoso, e intriso di virilita’ sarda: Sarlux.
Ogni giorno, 3500 tonnellate di scarti della raffineria, fangosi e puzzolenti (immaginate voi di che robaccia si tratta) arrivano alla Sarlux e vengono bruciati. Dietro di se lasciano una scia di anidride carbonica, ossidi di azoto, solfati e concentrati di vanadio e il nichel che vanno dritti dritti nelle case, nei pesci, nell’aria di Sarroch.
Ma non e’ finita qui. L’energia viene venduta poi ad enti pubblici, e non a prezzo di mercato, ma ad un prezzo che e’ il DOPPIO del suo valore effettivo. Questo perché, di nuovo, la Sarlux e’ un impianto di energia “alternativa”.
In più come parte degli accordi per il Cip6 si sarebbero dovuti creare dei nuovi posti di lavoro anche in industrie non petrolifere. Dei tanti progetti vaporosi presentati dalla Saras a tuttoggi non ne e’ stato realizzato neanche uno. Solo i lavori riguardanti la raffineria sono stati portati a termine. La Repubblica calcola che ogni nuovo posto di lavoro sia costato fra i 400mila e il milione di euro…

da qui

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

 

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

  • Grazie Francesco, mi pare indispensabile far girare questo documento. Barattare la salute con il lavoro, questo orrore che è diventato ” normale” non può essere tollerato.

  • Finalmente qualcuno che ne parla.. Abbiamo bisogno di questo giornalismo, di giornalismo serio e coraggioso come il vostro!!!
    Continuate così!
    Grazie Francesco, e grazie Daniele che ospiti nel tuo blog dei temi così importanti.

  • Non abito in Sardegna. Ho letto questo articolo e sono rimasto di stucco. Non ne sapevo nulla. Fatta la denuncia, che fare ? Perché la denuncia è necessaria, ma non basta.

    Esistono studi tecnici che in termini scientifici e condivisi mettano in evidenza al di là di ogni ragionevole dubbio che le emissioni della Sarlux sono nocive ?

    Immagino che alcuni studi ‘tecnici’ possano essere condizionati dal denaro, ma non ho dubbi che esistono ancora tecnici che sono prima di tutto cittadini onesti.

    Poi raccolte queste indagini, accurate e indiscutibili, queste indagini vanno allora pubblicate, ed è di nuovo compito del migliore giornalismo trovare il modo per diffonderle in modo da trovare o forzare una risposta istituzionale.

    Sempre per fare il rompiscatole, penso che sia importante, ogniqualvolta si presenta una denuncia, mostrare anche quale possa essere il passo successivo, in pratica.

    Io, come essere umano, ma estraneo, cosa posso fare ? Informarmi. Fare il tifo. Ma poi ?
    Cerco di informarmi. A volte mi sento seppellito dalle denunce, che troppo spesso non mostrano alcuna via d’uscita o alcuna azione pratica che possa indicare una via d’uscita, che non sia un presidio o un corteo, e i presidi e i cortei sono stati storicamente importanti, però si tratta di potere e poteri, e di denaro, purtroppo, quindi credo sia necessario imparare a coinvolgere quei tecnici onesti che possano con i fatti rendere le denunce più efficaci e le soluzioni più vicine.

    Comunque, grazie.

    Ago

    • Voglio solo aggiungere, come post scriptum.

      Bisogna coinvolgere gli ‘intellettuali specifici,’ cfr. Foucault, Microfisica del potere: interventi politici (a cura di A. Fontana e P. Pasquino), Torino 1977.

      Il sapere, tutto, incluso quello tecnico scientifico, è potere.

      Cioè: Oppenheimer vs. Sartre.

      E voglio trascrivere, tratto da ‘Intellettuali,’ di Zygmunt Bauman

      http://www.treccani.it/enciclopedia/intellettuali_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/

      “ È Michel Foucault, tuttavia, a intravedere, negli anni settanta, l’eclisse dell’intellettuale democratico, e anche ‘rivoluzionario’, che si è tradizionalmente proposto come rappresentante dell’universale. Quest’intellettuale deriva infatti dall’uomo di giustizia e di legge, da colui che ha inventato l’eguaglianza di tutti davanti alla solenne maestà della norma e che ha di conseguenza scavato nel territorio dell’ ‘esemplare’ e del ‘giusto e vero per tutti’. Modello di quest’intellettuale, ancora una volta, è Voltaire, il depositario della cultura che si è appellato all’universalità della legge giusta anche contro i professionisti del diritto. La sua battaglia è stata quella del ‘generale’ contro il ‘particolare’. Dopo la seconda guerra mondiale, secondo Foucault, si è però sviluppata la figura dell’intellettuale ‘specifico’, dell’intellettuale che, come lo scienziato Oppenheimer, partendo appunto da un ambito consapevolmente settoriale – dalla ‘microfisica’ – ha investito temi e problemi che concernevano il destino dell’uomo e del mondo. Perché questo è avvenuto, o è giunto a definitivo compimento, non è facile da spiegare. Sembra però che si possa dire, seguendo Foucault, che l’intellettuale portatore in quanto tale di valori universali diventa tanto più obsoleto quanto più tende a occupare posizioni specifiche e a installarsi nei saperi socialmente utili che la società complessa organizza e dispiega secondo una strategia diffusiva e non necessariamente universalizzante. L’intellettuale ‘universale’ tende cioè a monumentalizzarsi e a museificarsi proprio mentre l’intellettuale ‘specifico’ si afferma in modo molecolare: inoltre la forza di gravità delle competenze attrae inevitabilmente il letterato-scienziato dei tempi passati trasformandolo in ‘esperto’, vale a dire in operatore della scienza e della cultura che si professionalizza nella scuola, negli ospedali, nei laboratori, nelle pubbliche amministrazioni, nelle aziende, nelle pratiche organizzative, nelle arti, nel mondo del commercio e del business, nella ricerca, nei mass-media. L’esperto, tuttavia, non è l’erudito autosegregatosi o il ‘competente apolitico’: racchiude potenzialmente, infatti, disperdendosi nei mille rivoli della microfisica sociale e politica, la tensione, frammentata e insieme moltiplicata, verso la giustizia e la verità che era propria dell’intellettuale ‘universale’. Questa tensione, peraltro, non è facilmente riconoscibile, talvolta è muta, talvolta è nascosta tra le pieghe del tessuto civile. “

      – – – – – –

      “ Il tema […] delle conseguenze culturali della specializzazione fu sviluppato cinquant’anni più tardi e integrato con una nuova dimensione politica da Michel Foucault (v., 1977). Egli diagnosticò la scomparsa degli intellettuali universali, ormai generalmente soppiantati da una grande varietà di intellettuali specifici, i quali operano nei settori specialistici di un ambito professionale ramificato e diviso e raramente – se mai lo fanno – trascendono i confini della propria sfera di interessi. Se l’intellettuale universale del passato discendeva dalla figura del giurista – dedito alla formulazione di leggi universalmente vincolanti – l’intellettuale specifico ha a che fare con una verità ‘locale’. Egli è innanzitutto e soprattutto un professionista: ove mai sia politicamente attivo, il suo interesse e il suo impegno politico si focalizzano sulla difesa e sulla promozione del benessere della propria categoria, spesso in contrasto con altri intellettuali specifici che lottano per difendere gli interessi del proprio settore. Foucault sperava che il cambiamento non segnasse inevitabilmente la fine del ruolo politico degli intellettuali: gli intellettuali specifici sono coinvolti volenti o nolenti nella politica al livello dei ‘punti dolenti’. “

  • Francesco Masala

    voglio solo dire (rispondere?) con un paio di cosette.
    1 – mi sembra che ci siano un sacco di informazioni importanti in giro, ma sono nascoste dal rumore di quelle inutili, sbagliate, o che distraggono.
    faccio un parallelo con per le imprese, un tempo il difficile era produrre fisicamente, poi si vendeva tutto, adesso il difficile non è produrre, ma commercializzare e vendere; per le informazioni è lo stesso, il difficile (almeno non sempre) non è produrle, ma diffonderle.
    cercare e diffondere le informazioni buone mi sembra utile.

    esistono poi tanti siti dove intellettuali “specifici” danno contributi importanti e istruttivi,

    2 – dice Ago, una volta conosciute le cose come sono, cosa fare? come agire?
    mi sembra una domanda che tanti si sono fatti, e si fanno.

    Marx dice(va): “I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo”.

    un tempo esistevano partiti politici che volevano cambiare il mondo, poi ci siamo accontentati di quelli che volevano solo renderlo meno ingiusto, non c’è più nessuno che può risponderci.

    ora gli Stati hanno ceduto porzioni sempre maggiori di sovranità, sono delle “bad companies”, tutte le cose profittevoli sono state privatizzate o lo saranno sempre più.

    e nessuno ha un progetto politico in grande, chi gioca lo fa per perdere con meno gol di svantaggio possibile, chi vuole ancora vincere, “trasformare” il mondo?
    nella neolingua “trasformare” è diventato prima “gestire”, adesso “subire in modo ordinato”.

    • Grazie Francesco per la tua replica e per il tuo tempo. Brevemente, pensare di sostituire il sistema con un sistema più giusto è un’utopia, a cui dobbiamo continuare a pensare perché le utopie ci mettono o mantengono in movimento, e, insieme alle utopie, la rabbia di fronte all’ingiustizia, al razzismo in tutte le sue forme, incluso il sessismo e il tribalismo, e al neofascismo. Al tempo stesso, pensare di sostituire il sistema come punto di partenza può anche deprimere la nostra volontà, anzi seppellirla, se non siamo in grado di gestire in modo ragionevole e consapevole le nostre aspettative e i nostri obiettivi plasmati dalla nostra passione e dal nostro desiderio di giustizia. Potrebbe quindi essere un punto di partenza migliore, quello di pensare, prima di tutto, a iniziare a provare a riarticolare il sistema, localizzando gli snodi del potere per poi provare a riarticolare questi snodi in modo più giusto. In questo, l’intellettuale specifico può essere molto efficace. E quale esempio di intellettuale specifico, a parte Oppenheimer citato da Foucault, se non Franco Basaglia ? Franco Basaglia. E poi, il problema dell’assenza di comunicazione con i tecnici e i professionisti, in particolare nel settore tecnico scientifico, l’incapacità di coinvolgerli, o l’assenza dell’interesse e della volontà di coinvolgerli, è in situazioni come quella da voi denunciata che questo autismo e questo tribalismo si manifestano in tutta la loro gravità, perché la tecnica e la scienza, i fatti descritti e analizzati attraverso il linguaggio robusto, affidabile e condiviso che la scienza mette a disposizione, ripeto la tecnica e la scienza mettono a disposizione strumenti potenti a sostegno della lotta per un sistema più giusto. Purtroppo esisterà sempre un sistema, perché laddove ci sono esseri umani ci sono anche istituzioni e quindi un sistema, ma riarticolare questo sistema in un modo più giusto è possibile. Franco Basaglia lo ha fatto. In Italia. E per realizzare questa possibilità dobbiamo imparare a cooperare meglio come agenti specifici di cambiamento. Buona notte

      Ago

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