Scor-data: 26 agosto 1975
Morte dell’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié
di David Lifodi (*)
Nel suo libro Il Negus, vita e morte dell’ultimo Re dei Re, lo storico Angelo Del Boca, scrive: “Qualunque sia il giudizio finale Hailé Selassié, la sua figura merita rispetto e considerazione. È impossibile non provare un senso di grande ammirazione e di riconoscenza verso l’uomo che il 30 giugno 1936, dalla tribuna ginevrina della Società delle Nazioni, denunciava al mondo i crimini del fascismo e avvertiva che l’Etiopia non sarebbe stata che la prima vittoria di quella funesta ideologia. Per questo suo messaggio, malauguratamente non ascoltato, gli siamo un po’ tutti debitori”.
Tafari Maconnen, questo il vero nome di Hailé Selassié, morì il 26 agosto 1975 in circostanze poco chiare (alcuni dicono che fu ucciso nel sonno), ma il Negus, considerato dagli aderenti alla religione rastafariana come il nuovo Messia, l’incarnazione di Jah, il Dio supremo impegnato a combattere per i diritti dei neri e contro la persecuzione fascista, riuscì a far ammettere l’Etiopia alla Società delle Nazioni nel 1923 e perorò la causa africana sulla tribuna delle Nazioni Unite a New York nel segno dell’Organizzazione dell’Unità Africana, di cui fu il fondatore nel 1960. Non è un caso che il rastafarianesimo sia la religione più praticata in Giamaica: Bob Marley, il maggiore esponente della musica reggae, più volte si è ispirato ad Hailé Selassié e il suo stesso nome, Ras Tafari, significa in amarico “capo da temere”. Ras Tafari divenne imperatore d’Etiopia nel 1930: secondo il testo sacro etiope Kebra Nagast, la Regina di Saba (cioè d’Etiopia) incontrò Re Salomone, come riportato anche nella Bibbia, ed ebbe da lui un figlio, Menelik I. Da questo sovrano, attraverso 224 generazioni, è disceso Hailé Selassié, considerato dai rastafariani come il Leone di Giuda dell’Apocalisse. L’imperatore viaggiò in tutto il mondo e le sue riforme servirono a modernizzare l’Etiopia, paese fino ad allora rimasto arretrato, fin quando, nell’ottobre 1935, Mussolini annunciò la mobilitazione generale nei confronti dello stato africano. La Società delle Nazioni, che pure nel 1923 aveva accolto l’Etiopia, se ne laverà le mani, imponendo sanzioni ridicole contro l’Italia fascista. L’avanzata delle truppe italiane, caratterizzata dall’utilizzo dell’iprite, un gas letale utilizzato da Rodolfo Graziani (a cui il nostro bizzarro paese ha dedicato lo “schifezzario” di Affile, come riportato più volte in blog), costringerà il Negus all’esilio, non prima di denunciare, proprio di fronte alla Società delle Nazioni, l’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito italiano. Nel suo discorso del 30 giugno 1936, Hailé Selassié, pronunciò parole di fuoco per denunciare l’aggressione italiana: “Il governo italiano non ha fatto la guerra soltanto contro i combattenti: esso ha attaccato soprattutto popolazioni molto lontane dal fronte, al fine di sterminarle e terrorizzarle. Sugli aeroplani vennero installati degli irroratori che potessero spargere su vasti territori una fine e mortale pioggia, Stomi di nove, quindici, diciotto aeroplani si susseguivano in modo che la nebbia che usciva da essi formasse un lenzuolo continuo. Fu così che, dalla fine di gennaio del 1936, soldati, donne, bambini, armenti fiumi, laghi e campi furono irrorati di questa mortale pioggia” . La rivincita di Ras Tafari non tardò molto, grazie anche alla caduta dell’Africa orientale italiana per mano inglese: il 5 maggio 1941 Hailé Selassié rientrò ad Addis Abeba come vincitore. Aveva liberato l’Etiopia dall’invasione fascista (seppur con l’appoggio delle potenze antifasciste, su tutte la Gran Bretagna di Winston Churchill) e, nel giro di pochi anni, il Negus trasformò il paese conducendolo a rivestire un ruolo di primo piano nel continente africano: Addis Abeba fu la prima sede dell’Organizzazione dell’Unità Africana, l’unica istituzione che, ad oggi, è stata in grado di unire politicamente l’Africa a partire dalla salvaguardia dei diritti umani. In un discorso pronunciato nel 1963, ma ancora oggi assai attuale, Hailé Selassié disse: “Eppure la vittoria dell’Africa, anche se proclamata, non è ancora totale, e le aree di riluttanza persistono. Oggi definiamo come nostro primo compito la grande liberazione definitiva di quegli africani ancora dominati dallo sfruttamento e dal controllo straniero. Con l’obiettivo in vista, un trionfo incondizionato alla nostra portata, non dobbiamo ora né vacillare, né rallentare, né rilassarci. Dobbiamo fare un ultimo sforzo supremo: ora che la lotta si sviluppa, seppure affaticati, abbiamo conquistato tanto che l’esaltante senso di realizzazione ci ha portato quasi alla sazietà. Ma la nostra libertà non ha senso se tutti gli africani non sono liberi. I nostri fratelli in Rhodesia, in Mozambico, in Angola, in Sudafrica, gridano con angoscia per il nostro sostegno e assistenza. Dobbiamo sollecitare a loro nome il loro pacifico accesso all’indipendenza. Dobbiamo schierarci ed identificarci con tutti gli aspetti della loro lotta. Sarebbe un tradimento se noi servissimo soltanto a parole la causa della loro liberazione e fallissimo nel sostenere i nostri discorsi con l’azione. A loro diciamo: il vostro appello non sarà ignorato. Le risorse dell’Africa e di tutte le nazioni amanti della libertà sono radunate al vostro servizio. Rincuoratevi perché la vostra liberazione è vicina ”. Questo intervento del Negus è stato pubblicato, insieme a molti altri, nel libro curato da Lorenzo Mazzoni, Hailé Selassié I. Discorsi scelti 1930-1973, pubblicato da Stampa Alternativa. Lo stesso Bob Marley metterà in musica il brano War, dedicato all’appello di Ras Tafari per l’unità nella lotta del continente africano.
La rivolta dell’esercito, sobillato da Menghistu, costringerà di fatto Hailé Selassié alla resa: l’imperatore fu ufficialmente deposto dalla giunta militare Derg, di ideologia marxista-leninista, il 12 settembre 1974. Poco meno di un anno dopo Menghistu ne annunciò la morte, su cui ancora oggi non c’è chiarezza. L’uomo che aveva resistito all’Italia fascista e denunciato i suoi crimini, scrive Del Boca, “fu travolto da una rivoluzione che, nel nome della libertà e del progresso si è rivelata cento volte più infausta del suo regime, ha causato danni irreparabili, l’ha sprofondata in una guerra civile che Hailé Selassié aveva sempre cercato di scongiurare”.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)