Scor-data: 29 novembre 1938
Morte di una maschera: la fine “ridicola” di Angelo Fortunato Formiggini
di Santa Spanò (*)
Da un’altezza di 86 metri, l’editore modenese Angelo Fortunato Formiggini si lancia nel vuoto la mattina del 29 novembre 1938. Compie così l’ultimo atto e realizza «La divina farsa. Ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena» come ebbe a intitolare un poemetto che scrisse e pubblicò adolescente durante gli anni del liceo.
Sembrerebbe un epilogo! Ma una storia richiede l’incipit, anzi (uso le parole di Traversetti) «l’esplosione semantica che genera e avvia il cosmo romanzesco».
Esplosione semantica.
Una visita lungo le vie dell’ex ghetto di Modena. Eccola la “riserva”: via Coltellini, via Blasia (la Via del Sole), arrivando dalla via Emilia le case del lato destro della via Torre e le case sul lato sinistro del vicolo Squallore. Vicolo Squallore senza uscita, senza porte, né portoni, alte inferriate alle finestre, nessuno esce dal ghetto e le case che si avvicinavano sempre più al cielo, cinque anche sei piani, erano tanti gli ebrei e lo spazio poco. Condizioni inumane, spazi ridotti, a volte tuguri senza aria e senza luce. E i quattro portoni a chiudere il ghetto, due sulla Via Emilia e due sul lato di via del Taglio; le chiavi erano affidate al portonaro, obbligatoriamente un cristiano che gli stessi ebrei erano tenuti a stipendiare (e ad assicurargli un alloggio!).
Siamo nella via Emilia Centro e una sosta sotto la torre campanaria del Duomo di Modena, la Ghirlandina, è d’obbligo. Un occhio distratto non la nota, ma sul muro della piazza, all’ombra della Torre, c’è una targa commemorativa. Puoi vivere per anni in una città, esserci nato, ma ci sono luoghi che restano invisibili, pur attraversandoli due volte al giorno. Siamo ipovedenti per indole. Precisamente è la targa «al tvajol ed Furmajin» (traduzione: il tovagliolo di formaggino) cioè una lapide in ricordo di Angelo Fortunato Formiggini, ebreo e suicida.
Formiggini in quella mattina di novembre 1938 sale proprio sulla Ghirlandina, uno scalino dopo l’altro per lanciarsi nel vuoto e si schianta nel limitato spazio tra la Torre e la statua del Tassoni, un suicidio programmato da mesi. È lui stesso a chiedere, in una delle ultime lettere, di chiamare quel quadrato «al tvajol ed Furmajin». Chiude la sua personale battaglia contro le leggi razziali e la propaganda antisemita con umorismo, così come era vissuto.
Cosmo romanzesco.
È nell’istante stesso in cui sento il tonfo (visione) ho davanti agli occhi… Mishima. Proprio lui, lo scrittore, l’attore Yukio Mishima che con grande teatralità, fa “seppuku” in diretta televisiva, un suicidio studiato e mediatico diremmo oggi. E nel suo ultimo biglietto scrive «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre.»
Amato da molti: chi non ha letto Mishima, chi non conosce Mishima, l’uomo che si toglie la vita per testimoniare il suo dissenso al trattato di San Francisco, l’uomo che grida «c’è un valore più grande della vita… È il Giappone».
Nessun paragone, nessun paragone, non inorridite! Ma per me è inevitabile pensare all’ultima frase di Formiggini: nessun pathos eterno, nessuna ostentazione decadente, solo un ridicolo “tovagliolo di Formaggino” oer la morte di questo italiano… ops! dovrei dire ebreo?
La sua morte fu silenziosa come silenziosa è la sua esistenza postuma. Eppure fu un uomo dalle grandi passioni: «si nasce editori come si nasce poeti» diceva e lui fu molte cose. Fu un sognatore goliardico di una rivoluzione gaudente dove la cultura schiacciava la politica ridendone.
«Nulla è più umano del ridere, nulla è più fautore di affratellamento in questo mondo di cani ringhiosi». E anche: «non vi potrà essere fraternità se vi sarà oppressione di un popolo sull’altro, ma nemmeno se non ci sarà comunione di cultura tra i popoli. E converrà soprattutto che i popoli si conoscano nei loro aspetti simpatici ed umani». Ancora: «I giovani studiosi non debbono essere politicanti, ma il liceo è come la porta della vita, varcata la quale ciascheduno ha, non il diritto soltanto, ma anche il dovere di portare il proprio contributo di idee e di idealità alla cosa pubblica». E ancora: «i migliori frutti si potranno ottenere quanto più si educheranno i giovani al senso della tolleranza e del rispetto per tutte le opinioni e le credenze che si agitano e si urtano nel perenne dibattito che è proprio della nostra vita».
Parole senza tempo, perché a distanza di 100 anni, più o meno, valgono ancora, valgono adesso e sempre.
Nel suo umanesimo buono non coglie appieno il fascismo, come direbbero oggi era un utopista del fare. Un “cuion”! È così no? «Un coglione». La sento spesso questa parola, solitamente a braccetto con “buono”, “onesto”, “leale”.
Quest’uomo ingenuo e beffardo, questo «coglione», fonda nel 1908 la casa editrice Formiggini, lancia la collana «I classici del ridere», con pubblicazioni che vanno dalla Prima giornata del «Decameron» al «Gargantua» di Rabelais, da «I viaggi di Gulliver» all’«Asino d’oro» di Apuleio.
«L’Italia che scrive» è il suo periodico mensile d’informazione libraria, dove oltre a segnalare le novità editoriali cura i profili degli scrittori, qualcosa di unico per il periodo. Siamo nel 1918 e le sue energie lo portano a costituire la biblioteca dell’umorismo: «considero il ridere come un fresco e lieto segno di vita che gli dèi hanno concesso agli uomini». Nel ’21 istituisce la Fondazione Leonardo per la cultura e avvia il progetto per la realizzazione della Grande Enciclopedia Italica. Tutto… tanto per ridere! Progetto che non avrà mai l’approvazione del ministro Gentile che anzi accusa Formiggini di irregolarità: la Fondazione con tutto il suo patrimonio viene assorbita dall’Istituto Nazionale Fascista di Cultura. Il progetto di Formiggini verrà realizzato da Giovanni Treccani.
Formiggini scrive «La ficozza filosofica del fascismo e la marcia sulla Leonardo» (la “ficozza” è il bernoccolo): una satira contro Gentile, che favorì il Treccani, amara e allo stesso tempo beffarda. Angelo Fortunato Formiggini era così. Un italiano che non si rese conto di essere divenuto ebreo.
Un intellettuale con una grave macchia: essere ebreo e credere nella forza dei libri. E cosa ancor più disdicevole faceva tutto questo ridendo.
Così anche nel suo ultimo giorno, a testimoniare il suo dissenso al fascismo e alle leggi antisemite, questo modenese di sette cotte gridò senza dirlo «c’è un valore più grande della vita… È la Cultura» e rise l’Angelo (s)Fortunato sventolando alla ficozza fascista il tovagliolo di Formaggino.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)