Scor-data: 31 gennaio 1915
Nasce Alan Lomax, cacciatore di suoni e voci (*)
di Franco Minganti
Potrebbe iniziare così: «Quando facevo riascoltare quel che avevo appena registrato, si rendevano conto che erano bravi e che la loro musica era buona quanto quella di chiunque altro. Ho scoperto che quello che stavo facendo – e mio padre aveva fatto prima di me – era offrire un modo a questa gente per esprimersi, per raccontare la loro versione della storia». E’ la voce di Alan Lomax (1915-2002), in una registrazione del 1991 posta all’inizio del film olandese «Lomax. The Songhunter» di Rogier Kappers (2004) che pure si apre su immagini di Lomax in Florida, nell’estate del 2001, ai bordi di una piscina. Un Alan Lomax che capisce ciò che il suo giovane interlocutore europeo gli chiede, curioso di sapere delle sue personali escursioni nella musica popolare americana, ma che non è più in grado di rispondere, per i postumi di un ictus…».
Oppure potrebbe iniziare così.
«Devo aver incontrato per la prima volta il nome di Alan Lomax sulla copertina di un libro di grande formato, «The Penguin Book of American Folk Songs» all’inizio degli anni settanta. Ma ho come l’impressione che la grafia di quel nome stampato fosse già l’eco di qualcosa che avevo sentito a lezione di etnomusicologia da Roberto Leydi, a Bologna…».
O anche così:
«Lavorando su un progetto dedicato alla mediterraneità della nostra musica popolare, mi sono imbattuto in un paio di tracce registrate da Alan Lomax durante la sua “campagna d’Italia” (fra il 1953 e il 1955, se non ricordo male, in compagnia di Diego Carpitella) che ritengo passaggi-chiave per capire che aria tira nella nostra musica di oggi – anzi, che “arie” giravano già nell’immediato dopoguerra, per chi le poteva ascoltare. La prima è una registrazione effettuata a Pagani, non lontano da Napoli, nel 1955. E’ identificata come “La pizzica (country tarantella)” da Lomax, che annota: “Nella vicina Pagani (che significa appunto pagani, ovvero non credenti) ho trovato una genuina orchestrina nordafricana, con tanto di tamburi, washboard, sonagli, nacchere e tamburelli. I musicisti dicono che questo pezzo è una tarantella, ma il ritmo pulsante e i passi strisciati ne fanno un pezzo di pura musica nordafricana. Da notare la rapida presa del respiro, tipica del canto moresco. Per i musicologi italiani questa canzone è cugina della pizzica pugliese, che dà origine a possessioni isteriche”. Per altro, è lo stesso Lomax a registrare “Pizzica” nel 1954 in Puglia, un brano che è poi diventato, di fatto, l’inno semi-ufficiale della Notte della Taranta di Melpignano (le tracce delle registrazioni sopra citate si trovano nelle diverse raccolte “Italian Treasury” della Alan Lomax Collection). Ancora una volta si riapre la questione della materialità della trasmissione culturale e delle complessità ad essa connesse: un’orchestra (!) di musicisti africani (!) in giro per la Campania che esegue musica tradizionale italiana (!) col piglio dell’immigrazione (!) già nei primi anni cinquanta (!) – wow! quanti punti esclamativi! Ovvero la realtà di un’icona della pizzica salentina che, con tutta probabilità, è stata appresa dagli interpreti di oggi ascoltando i dischi, magari proprio quella registrazione di Lomax (come ammette qualcuno), oltre alle svariate versioni incise nel tempo… alla faccia della retorica sulla trasmissione orale delle musiche popolari».
Ovvero.
John Szwed ha scritto una bella biografia, «Alan Lomax. The Man Who Recorded the World» (2010), componendo il ritratto di un personaggio tanto celebrato quanto controverso, tallonato invano dall’Fbi, criticato per certe sue pratiche di raccolta di materiali folklorici – per alcuni un purista fondamentalista, per altri un volgarizzatore populista – e additato nei suoi ultimi anni quale musicologo ambizioso e confuso. Insomma, serve ricordare che l’importantissimo ruolo avuto da Lomax nel recupero e nella conoscenza della musica popolare americana (e non solo) non è esente da ombre. Benjamin Filene, autore dell’importante «Romancing the Folk. Public Memory & American Roots Music» (2000), dedica ai Lomax padre e figlio – John e Alan – e alla loro “creatura” Lead Belly, l’intero secondo capitolo del libro, opportunamente intitolato «La creazione del culto dell’autenticità». Per altro, Filene deve tutta la propria passione di studioso alla bella storia, «strana e improbabile», di quell’aristocratico del Vecchio Sud, con tanto di bombetta, che nell’estate del 1933 carica sulla sua Ford un registratore “portatile” (160 chili!) e il figlio diciassettenne e intraprende un viaggio attraverso gli Stati sudisti, fermandosi in tutte le prigioni di massima sicurezza per neri a cercare di convincere quei carcerati dalla scorza dura a cantargli qualche buona canzone. Quei dischi di alluminio con le registrazioni sarebbero poi stati raccolti e catalogati alla Library of Congress di Washington, a formare lo zoccolo duro dell’archivio della musica popolare americana. Da intellettuali tutto sommato modernisti e primitivisti, i Lomax non esitarono a manipolare, insieme con l’immagine, anche la musica di Lead Belly. Pur lavorando per conservarne l’ “autenticità”, lo incoraggiarono a rendere il suo modo di cantare più accessibile per un pubblico urbano, a ripulire il suo slang del Sud e a inserire commenti parlati nel bel mezzo delle canzoni, mirati a illustrare trame, spiegare termini e simbolismi oscuri, anticipare o guidare le transizioni da una strofa all’altra. Filene confronta diverse versioni delle registrazioni dell’artista afroamericano, arrivando a parlare di un Lead Belly ripulito e “domato” dai Lomax, che arriveranno anche a scaricarlo quando uscirà dal ruolo «natural and sincere» che gli avevano confezionato su misura, col rischio, a sentir loro, di trasformarsi in un «ordinario, anzi men che ordinario, negro di Harlem…».
Una «scor-data» dedicata a Alan Lomax potrebbe davvero andare in tante direzioni, e potrebbe anche avere una coda come questa, visto che una «scor-data» che si rispetti dovrebbe anche far girare buone informazioni. E allora, presso la Library of Congress di Washington è depositata la Alan Lomax Collection; informazioni qui: http://www.loc.gov/folklife/lomax/lomax.html con la possibilità di accedere direttamente a parecchi documenti, foto, video e registrazioni audio. Su YouTube c’è un consistente archivio di immagini raccolte da Alan Lomax, riunite insieme in un canale apposito (http://www.youtube.com/user/AlanLomaxArchive), mentre sul sito www.globalequity.org<http://www.globalequity.org/> sono disponibili parecchi filmati del progetto di Lomax denominato «The Global Jukebox» (si veda anche, a illustrazione del progetto, http://www.naimark.net/projects/jukebox.html).
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata», di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende una persona o un evento che per qualche ragione la gente sedicente “per bene” ignora, preferisce dimenticare o rammenta “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 31 gennaio savevo (oltre alla nascita di Lomax) queste ipotesi di lavoro: nel 1881 nasce Bruno Buozzi; nel 1902 nasce Alva Reimer Myrdal; nel 1908 nasce Atahualpa Yupanqui; nel 1942 una tappa dell’inferno in Urss di Edmondo Peluso; nel 1943 la sesta armata tedesca si arrende a Stalingrado; nel 1944 si presume che Arpad Weisz sia ucciso ad Auschwitz; nel 1948 statuto speciale per l’Alto Adige; nel 1958 lancio dell’Explorer 1; nel 1968 occupata l’università di Trento; nel 1969 «scompare» Ermanno Lavorini; nel 1977 rapito e ucciso Marzio Ostini (e un innocente va 30 anni in galera); lo stesso giorno nasce il Beaubourg; nel 1990 nuovi scontri a Beirut. E ovviamente molti eccetera che a cercare un poco chissà quante altre «scor-date» salterebbero fuori.
Come vedete e vedrete molte le firme e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevissimi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo che sta nascendo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)