Scor-data: 4 agosto 1906

Il naufragio del Sirio (e l’orribile oggi del Mediterraneo trasformato in cimitero dei nuovi migranti)

di d. b. (*)  

«E da Genova col Sirio partivano

per l’America, varcare, varcare i confin.
Ed a bordo cantar si sentivano

tutti allegri del suo, del suo destin.
Urtò il Sirio un orribile scoglio

di tanta gente la mise-la misera fin.
Padri e madri bracciava i suoi figli

che perivano tra le onde, tra le onde del mar.
E fra loro (
lerì)

un vescovo c’era (lerà)

dando a tutti (lerì)

la sua be-la sua benedizion.
E fra loro (
lerì)

un vescovo c’era (lerà)

dando a tutti (lerì)

la sua be-la sua benedizion».

Questa è una delle versioni più popolari (ve ne sono molte varianti, magari solo per una strofa o qualche parola): sul bel sito di canzoni contro la guerra  – www.antiwarsongs.org/‎  che è on line dalla sera del 20 marzo 2003, giorno in cui sono cominciati i bombardamenti statunitensi sull’Iraq  – dove l’ha postata Riccardo Venturi. In rete ne trovate anche versioni cantate. Nel 2002 Francesco De Gregori la inserì nell’album «Il fischio del vapore», realizzato con Giovanna Marini. Un giornalista gli chiese: «Concorda che ci sia una similitudine drammatica con la situazione attuale dove le bagnarole affondano?» e lui rispose: «Questo è proprio il motivo per cui noi la cantiamo, perché la nave Sirio, questa Titanic della povera gente, era una bagnarola di 23 anni, piena di disperati alla ricerca di una nuova vita», proprio come oggi: ma il cattivo giornalismo e la memoria collettiva impaurita hanno scelto la rimozione della nostra storia che potrebbe spingerci all’identificazione con i nuovi migranti che invece devono esseri “diversi da noi”, incomprensibili invasori.

Il Sirio era una nave italiana (ma costruita a Glasgow) adibita a trasportare gli emigranti italiani. Era diretta verso Brasile, Uruguay e Argentina ma naufragò il 4 agosto 1906 – alle 4 del pomeriggio – davanti alle coste del Capo Palos a Cartagena, in Spagna dove oggi un museo è dedicato al naufragio: vi sono esposti anche i volantini che spiegavano la possibilità di fare entrare i clandestini sul Sirio in scali ufficialmente non previsti.

Quel 4 agosto dopo l’urto con lo scoglio le caldaie del Sirio scoppiarono. Fu strage: molte persone morirono intrappolate e altre nelle scialuppe di salvataggio che, troppo cariche, si rovesciarono. La costa era lontana tre chilometri e molti gli scogli nella zona. Nonostante le navi lì vicino si precipitassero in soccorso alla fine i morti furono circa 500. Fra le vittime del naufragio anche un vescovo (come ricorda la canzone) quello di San Paolo del Brasile.

Le testimonianze dell’epoca sono state riprese, nel 2004, da Gian Antonio Stella in «Odissee. Italiani sulle rotte del sogno e del dolore» (Rizzoli), una sorta di seguito del bellissimo «L’orda: quando gli albanesi eravamo noi».

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 4 agosto fra l’altro avevo ipotizzato: 1334: Valerio Evangelisti racconta di Nicholas Eymerich che prende i voti; 1922: Parma resiste ai fascisti (qui in blog se n’è parlato, se digitate Guido Picelli trovate un paio di post); 1942: le infamie del generale Robotti nei Balcani; 1983: Sankara presidente. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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