Scor-data: 4 luglio 1910
Il nero dà scacco al bianco: Jack Johnson è campione del mondo dei massimi
di Giulia Franchini (*)
«I’m Jack Johnson. Heavyweight champion of the world. I’m black. They never let me forget it. I’m black all right! I’ll never let them forget it!». Io sono Jack Johnson. Campione del mondo dei pesi massimi. Sono nero. Non mi hanno mai permesso di dimenticarlo. In ogni caso io sono nero! E non permetterò mai che loro lo dimentichino!». Così l’attore Brock Peters, interpretando Johnson, al termine dell’ultima traccia dell’album «A tribute to Jack Johnson», composto da Miles Davis come colonna sonora dell’omonimo documentario.
Dall’alto del mio ring,
da voi edificato di proposito
là dove pulsa uno
dei tanti cuori dell’America, a sinistra
del suo polveroso petto
scintillante di neve e d’argento,
terra di miniere e di minatori,
il Nevada
Arena per la mattanza
di un toro nero adirato:
il gigante di Galvenston,
dal Texas
Artur John “Jack” Johnson
acclamato dalle folle
e dai giornali, una fama
che mi dissero in scadenza
Tempio provvisorio,
incisione sulla terra
e sarà un’ecatombe
– colpiscine uno
per abbatterne cento -:
James J. Jeffries,
la candida mano guantata
della Grande Speranza Bianca
(White
Anglo-Saxon
Protestant)
Dall’alto del mio ring,
fra le corde tese nel sole
biancheggiano i vostri panama
tondi occhieggianti
scintillano come monete:
gettate nella polvere
avevo dodici anni
Battle Royal
i miei primi guanti
un nero contro un nero,
una tradizione antica
come il concetto di razza
– combattimenti tra mandingo.
Arde l’aria intorno al quadrato
e sale dalle nostre schiene
acquea colonna di fumo
20.000 cappelli
40.000 occhi
a guardarci, tutta l’America.
Ho un fazzoletto intorno all’uccello
per meglio sbeffeggiarti, bianco:
sono sei anni che non combatti
45 chili persi
ma sei lento, lento
e sei vecchio
l’America sta cambiando
e corre più veloce di te
La paura ha un odore forte
nutre le mie narici
più forte del sudore, la sento
più accecante del sole, la vedo
lampo bianco sul fondo dei tuoi occhi
E quando al quarto round
ti colpisco col mio uppercut,
lo so, ho già vinto:
dal basso verso l’alto sale il mio montante
dolorante,
ho vinto, abbiamo vinto
è l’inizio
dell’ascesa di un popolo
il retro nero della Luna
scintilla fra le stille
dei miei sopraccigli.
Quindicesimo round,
al tappeto
e un tappeto nero si stende
ai miei piedi lungo 25 stati.
Oh, my Lord
what a morning,
oh, my Lord,
what a feeling,
when Jack Johnson
turned Jim Jeffries’
snow-white face
up to the ceiling.
Yes, my Lord,
fighting is wrong,
but what an uppercut!
(William Waring Cuney)
Il 4 luglio 1910 Artur John “Jack” Johnson, pugile nero statunitense, conquista il titolo di campione del mondo di pesi massimi (in realtà ottenuto due anni prima, ma non riconosciutogli ufficialmente) sconfiggendo James J. Jeffries, bianco, ex-campione mondiale ritiratosi imbattuto. Jeffries aveva accettato di tornare a combattere con il solo proposito – così dichiarò – «di provare che un uomo bianco è meglio di un negro».
In seguito a una vittoria schiacciante al 15° round, Johnson divenne un simbolo della lotta contro le discriminazioni razziali e negli anni ’60 e ’70 (era morto nel 1946) un’icona del Black Power.
Nel 1920 scontò un anno in carcere per aver violato il Mann Act, una legge introdotta contro il trasporto di donne da uno Stato all’altro per “propositi immorali”, quali la prostituzione, e che sostanzialmente si proponeva di punire i neri che si legassero sessualmente o sentimentalmente a donne bianche. Jack Johnson si era sposato tre volte, e tutte e tre con donne bianche, suscitando scandalo.
Una richiesta per la concessione di una grazia postuma, tramite il “perdono presidenziale”, come atto simbolico per riconoscere l’ingiustizia di una pena inflitta per motivi razziali, è stata presentata a George W. Bush e successivamente ad Obama: a oggi non gli è ancora stata concessa.
(*) Con questa «scor-data» Giulia Franchini esordisce in blog. Giulia ha scoperto per caso questo blog e ha raccolto l’appello ad aiutarci nella “gruviera” della memoria promettendo di farlo spesso in versi. La ringrazio a nome della piccola redazione: benvenuta… in questa gabbia di matte/i: per festeggiarla un simbolico squillo di tromba… ma immaginatelo di Miles Davis non di qualche fanfara militare.
Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 4 luglio avevo, fra l’altro, queste ipotesi: 1807: nasce Garibaldi; 1844: Thoreau a Walden; 1900: nasce Louis Armstrong; 1910: muore Schiapparelli; 1934: muore Marie Skolowska Curie; 1950: muore Salvatore Giuliano; 1966: Freedom Information Act; 1969: primo delitto di Zodiaco; 1971: occupato Monte Rushmore... e chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)