Scor-data: 5 ottobre 1607

Attentato a Paolo Sarpi

di Fabrizio Melodia (*)  

«Circa le 23 ore, ritornando il padre al suo convento di San Marco a Santa Fosca, nel calare la parte del ponte verso le fondamenta, fu assaltato da cinque assassini, parte facendo scorta e parte l’essecuzione, e restò l’innocente padre ferito di tre stilettate, due nel collo et una nella faccia, ch’entrava all’orecchia destra et usciva per apunto a quella vallicella ch’è tra il naso e la destra guancia, non avendo potuto l’assassino cavar fuori lo stillo per aver passato l’osso, il quale restò piantato e molto storto» scrive Fulgenzio Micanzio nella «Vita del padre Paolo», in «Istoria del Concilio tridentino» (1974, pag. 1348).

Un vile attentato compiuto ai danni di un frate. Perchè? Chi erano i colpevoli?

Frate Paolo Sarpi non era mai stato un uomo tranquillo, soprattutto non sapeva stare zitto quando le cose non andavano nel modo corretto.

All’epoca la “Serenissima Repubblica” di Venezia non attraversava un buon periodo: il suo declino era sotto gli occhi di tutti ma ancora resistevano i “giovani”, i nuovi borghesi nati grazie allo spostamento dall’economia mercantile dei patrizi veneziani (fortemente compromessi con il papato e l’impero turco) a quella dei nuovi borghesi e delle proprietà terriere sulla terraferma, in particolare il trevigiano e la riviera del Brenta fino a Padova. Costoro diedero ampio impulso alla rinascita di Venezia, combattendo duramente l’invadenza ecclesiastica e rilanciando anche l’economia portuale minata dal controllo dei porti proprio da parte dello Stato Pontificio e dai famigerati pirati croati appoggiati dall’Impero Turco, i ben noti Uscocchi.

Il 10 gennaio 1604 il Senato Veneziano emanò una fiera ordinanza con la quale proibiva nella maniera più assoluta la fondazione di ospedali gestiti da ecclesiastici, monasteri, chiese e altri luoghi di culto senza previa autorizzazione. E un’altra legge del 26 marzo 1605 proibiva ai laici l’alienazione dei beni a ecclesiastici e limitava la giurisdizione del tribunale romano nei confronti del territorio veneziano.

Fatalità volle che proprio dopo l’emanazione della suddetta legge, con una tensione palpabile fra Repubblica Serenissima e Stato pontificio, fossero arrestati due ecclesiastici, tale Scipione Saraceno colpevole di molestie sessuali a una parente e Marcantonio Brandolini, abate di Nervesa, reo di stupri e omicidi. Papa Paolo V colse la palla al balzo e richiese l’abrogazione delle due leggi e l’immediata consegna dei due ecclesiastici allo Stato Pontificio, per essere processati secondo diritto canonico.

Venezia si rifiutò e il nuovo doge Leonardo Donà istituì una vera “task force” di teologi e giuristi per esaminare e controbattere efficacemente alle ingiunzioni della Santa Sede. Paolo Sarpi, per la sua sapienza e competenza, fu nominato a capo di questa squadra, e il suo scritto «Consiglio in difesa di due ordinazioni della Serenissima Repubblica» fu inviato a Paolo V. Sarpi prese duramente posizione contro le richieste papali, facendo seguire altri scritti, tutti sulla stessa linea: «Scrittura sopra la forza e validità delle scomuniche», il «Consiglio sul giudicar le colpe di persone ecclesiastiche», la «Scrittura intorno all’appellazione al concilio», la «Scrittura sull’alienazione dei beni laici agli ecclesiastici» e altri ancora, poi raccolti nella sua successiva «Istoria dell’interdetto». In quell’opera è contenuta anche la traduzione in italiano, fatta dal Sarpi stesso, del trattato di Jean Gerson sulla validità della scomunica, che fu attaccato dal cardinale Roberto Bellarmino, al quale fra’ Paolo rispose con «Apologia per le opposizioni del cardinale Bellarmino».

Fulgenzio Micanzio, suo futuro biografo, iniziò a collaborare con Paolo Sarpi, il 6 maggio, dopo che il 17 aprile Paolo V aveva scomunicato il Consiglio veneziano e fulminato con l’interdetto lo Stato veneto. E allora Venezia pubblicò il «Protesto del monitorio del pontefice» (scritto ancora da Sarpi, nel quale il testo papale «Superioribus mensibus» è definito «nullo e di nessun valore») mentre impedì la pubblicazione della bolla pontificia.

Ai preti venne ordinato di non celebrare messe e Venezia reagì con la loro subitanea espulsione con grande appoggio da parte del popolo, il quale, come riferito proprio da Paolo Sarpi, li salutò con un corale «Andè in malora», detto proprio in veneziano.

La Spagna, alleata dello Stato Pontificio, cercò di portare aiuto al potente protetto, facendo in modo di scatenare un incidente internazionale. Fingendosi veneziani, soldati spagnoli travestiti invasero e saccheggiarono Durazzo, ma la cosa fu subito scoperta e il governo turco offrì appoggio ai veneziani per la rappresaglia.

Nel frattempo, Roma intimò a Paolo Sarpi e al suo assistente Micanzio, entrambi scomunicati, di rientrare alla Santa Sede per essere giudicati: ovviamente rifiutarono.

Anche se il papa aveva intenzione di portare guerra alla Repubblica di Venezia facendosi forza della Spagna, dovette venire a miti consigli poiché la Serenissima godeva della protezione della Turchia ma anche della Francia e dell’Inghilterra.

Le trattative andarono avanti: i due ecclesiastici furono scarcerati ma le leggi antipapali rimasero in vigore e i preti non poterono fare ritorno in territorio veneziano, anche se l’interdetto pontificio era stato tolto.

Nel frattempo a Paolo Sarpi giunsero velate minacce di morte da parte della curia romana, portate a sua conoscenza dall’ex luterano Kaspar Schoppe: «il papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui gravemente offeso non poteva succedergli se non male, e che se sino a quell’ora avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del papa era averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma, offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con qual onore avesse saputo desiderare; asserendo d’aver in carico anco molte trattazioni co’ prencipi alemanni protestanti e la loro conversione» riferisce l’assistente Micanzio, che non fa mistero di temere per la vita di Sarpi.

Non si sbagliava e Paolo Sarpi fu pugnalato a tradimento.

I suoi attentatori fuggirono molto facilmente nella casa del nunzio pontificio, per poi essere imbarcati per Ravenna e da lì direttamente a Roma. I loro nomi furono subito noti: l’esecutore materiale dell’attentato fu Rodolfo Poma, già mercante veneziano, poi trasferitosi a Napoli e di qui a Roma, dove divenne intimo del cardinale segretario di Stato Scipione Borghese e dello stesso Paolo V. Fu coadiuvato da tre uomini d’arme – tali Alessandro Parrasio, Giovanni da Firenze e Pasquale da Bitonto – mentre «la spia, o guida, fu un prete, Michiel Viti bergamasco, solito offiziare in Santa Trinità di Venezia, che non lasciò dubitare quanti mesi precedessero questo bel effetto prima che fosse mandato alla luce; poi che questo prete la quadragesima antecedente, sotto specie d’aver gusto delle predicazioni del padre maestro Fulgenzio, andava ogni mattina in convento de’ servi alla porta del pulpito, che risponde alla parte di dentro, e cortesemente trattava con lui, ricercandolo anco di qualche dubbio di coscienza. E continuò di poi sempre a salutarlo et anco andar in convento a visitarlo, parlandogli sempre di cose spettanti all’anima» scrisse il buon Micanzio.

Portato prontamente dal chirurgo Girolamo Fabrici d’Acquapendente, Sarpi riuscì a sopravvivere grazie al pronto intervento di quest’ultimo e al fatto che la lama non aveva leso organi vitali, patendo però la rottura della mascella e numerose cicatrici al volto.

Paolo Sarpi disse «il mondo vuole che sia data stilo romanae curiae», traducibile sia come “stile della Curia Romana” sia come “pugnale della Curia Romana”.

Dopo l’attentato, Venezia corse ai ripari donando a Paolo Sarpi una casa sicura a S. Marco, dove potesse vivere con Micanzio e altri, aggiungendo una sovvenzione e a una barca con la quale spostarsi.

PER APPROFONDIRE

  • F. Micanzio, “Vita del padre Paolo, dell’ordine de’ Servi e theologo della serenissima republ. di Venetia”, Leida, 1646. Ed. moderna in P. Sarpi, “Istoria del Concilio tridentino”, Torino, Einaudi, 1974

  • F. Griselini, “Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studj del sommo filosofo e giureconsulto f. Paolo Servita”, Losanna, presso M. Mic. Bousquet e Comp., 1760;

  • F. Griselini, “Del genio di f. Paolo Sarpi in ogni facolta scientifica e nelle dottrine ortodosse tendenti alla difesa dell’originario diritto de’ sovrani ne’ loro rispettivi dominj ad intento che colle leggi dell’ordine vi rifiorisca la pubblica prosperita”, Venezia, Basaglia, 1785

  • P. Zerletti, “Storia arcana della vita di Fra Paolo Sarpi servita scritta da Monsignor Giusto Fontanini, arcivescovo d’Ancira in partibus e documenti relativi”, Venezia, 1803

  • P. Cassani, “Paolo Sarpi e le scienze matematiche naturali”, Venezia, 1822

  • A. Bianchi-Giovini, “Biografia di Fra Paolo Sarpi”, Basilea, 1847 – Disponibile on-line

  • R. Morghen, “Paolo Sarpi”, in «Enciclopedia Treccani», vol. XXX, p. 879

  • G. Getto, “Paolo Sarpi”, Firenze, Olschki 1967

  • Mario Gliozzi, “Relazioni scientifiche fra Paolo Sarpi e Giovan Battista Porta”, Archives Internationales d’Histoire des Sciences 3, pp.395-433, 1948

  • G. Cozzi, “Paolo Sarpi tra Venezia e l’Europa”, Torino, Einaudi 1979

  • D. Wootton, “Paolo Sarpi between Renaissance and Enlightenment”, Cambridge, Cambridge University Press, 1983

  • V. Frajese, “Sarpi scettico. Stato e Chiesa a Venezia tra Cinque e Seicento”, Bologna, Il Mulino, 1994

  • I. Cacciavillani, “I consulti di Paolo Sarpi sulla Vangadizza”, Padova, Cedam, 1994

  • I. Cacciavillani, “Paolo Sarpi”, Venezia, Fiore, 1997

  • I. Cacciavillani, “Paolo Sarpi. La guerre delle scritture del 1606 e la nascita della nuova Europa”, Venezia, Fiore, 2005

  • I. Cacciavillani, “Sarpi giurista”, Padova, Cedam, 2002

  • C. Pin, “Ripensando Paolo Sarpi”, Venezia, Ateneo veneto, 2006.

(*) Ricordo – per chi si trova a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 5 ottobre avevo, fra l’altro, queste ipotesi:
«giornata mondiale degli insegnanti»; 1589: muore san Benedetto «il nero»; 1789: a Parigi donne in rivolta; 1877: inizia la marcia di Capo Giuseppe; 1923: nasce Stig Dagerman; 1934: muore Jean Vigo; 1969: Monty Pyton (già in blog); 1986: rivelazioni di Mordechai Vanunu. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (
db)

 

Redazione
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