Scor-data: 6 dicembre 2007
Vite bruciate alla Thyssen di Torino
di d. b. (*)
Non si può certo dire che la strage alla Thyssenkrupp sia una data dimenticata. Ma per molte persone è un evento eccezionale anzichè la normalità della bilancia capitalista ovvero che pesa molto più il profitto di qualche vita e così sempre sarà finchè a gestire la bilancia sarà una sola parte.
Per questo la tragedia della Thyssen viene qui raccontata in un’ottica particolare cioè attraverso la memoria critica di Daniele Biacchessi, giornalista e autore teatrale. Le citazioni sono prese dal suo libro «Teatro civile» ovvero «Nei luoghi della narrazione e dell’inchiesta» pubblicato fra le inchieste di Verdenero, coraggiosa collana delle Edizioni Ambiente.
Il capitolo «nei luoghi della narrazione: il lavoro» del libro di Bianchessi si colloca fra quelli su ambiente, memoria (storica) ritrovata, 6 guerre recenti e la lotta alle mafie. Nella introduzione ci si chiede se questo sia «un teatro civile per un Paese incivile».
Prima di arrivare al rogo della Thyssen, Bianchessi racconta di lavoro negato. E di vite vendute. Chiede conto a chi legge (o ascolta… se siamo in teatro) di un numero: 874.940. Di cosa stiamo parlando? E poi, si sa, le cifre sono fredde, di per sè raccontano poco. Ma è diverso «se ti dicessi invece 874.940 operai, impiegati, muratori, carpentieri, attrezzisti, elettricisti, carrozzieri, meccanici, falegnami, contadini italiani portatio in ospedale in una giornata di ordinario lavoro». Ordinario.
Altro numero? 1200: «sono gli incidenti sul lavoro mortali in un anno». O per essere più precisi 1200 sono quelli registrati perchè, grazie a vari trucchi statistici, quel numero risulta inferiore alla verità.
La prima storia che Biacchessi racconta in questo suo libro è «La tuta di Celentano», una vicenda esemplare di emigrazione sud-nord negli anni Sessanta: al centro la fabbrica Innocenti. Subito dopo Biacchessi si sposta di pochi chilometri (da Milano a Gallarate) ma di molti anni per narrare la tragedia di Ion Cazacu (qui in blog è stata raccontata): il 16 aprile 2000 l’operaio romeno muore in ospedale per ustioni. Dopo una lite, il suo padrone (italiano) lo ha cosparso di benzina e gli ha dato fuoco.
Dal rogo di Gallarate contro un operaio straniero a opera di un padroncino italiano all’incendio della Thyssenkrupp di Torino dove, per «colpevole negligenza» (cioè brama di profitto) di padroni tedeschi, muoiono operai italiani: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi.
Il viaggio di Biacchessi nel lavoro che uccide continua nel «triangolo degli schiavi» a Foggia dove i braccianti extracomunitari sono «sfruttati; alloggiati in luridi tuguri; massacrati di botte se protestano; uccisi e i loro corpi fatti sparire…». Nel 2010 Biacchessi mette in scena «Il lavoro rende liberi», un suo monologo (con il cantautore Andrea Sigona) che propone molte di queste vicende.
E ancora «Teatro civile» racconta storie operaie portate in scena da Ascanio Celestini, dal gruppo teatrale Alma Rosè e da Alberto Nicolini («Stirru-La discesa» sugli zolfatari) che diventò poi anche un docu-film.
Saltando nel tempo e fra vari luoghi emerge che il rogo della Trhyssen e gli altri morti – omicidi in guanti bianchi – nascono dalla normalità dell’organizzazione capitalistica del lavoro.
Questa breve memoria di vite vendute e bruciate finisce come era iniziata, cioè con la frase «non si può certo dire che la strage alla Thyssenkrupp sia una data dimenticata». Bisogna, per onestà, aggiungere che la memoria non basta: che il ricordo di tutti, il dolore di molti e lo sdegno di alcuni non sono sufficienti a mutare il mondo. Sarebbero serviti dopo quel 6 dicembre 2007 atti concreti per ridare valore alla vita di chi lavora nelle fabbriche (e più in generale sotto un padrone) ma che questi gesti siano arrivati non c’è chi possa dirlo in buona fede. Anzi chi ci governa continua a esaltare e favorire la produttività senza vincoli di sicurezza e senza controlli favorendo gli omicidi bianchi. Omicidi ma in guanti bianchi.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Ma qualche volta ci sono argomrenti più leggeri che… ogni tanto sorridere non fa male.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 6 dicembre fra l’altro avevo ipotizzato: 1492: Colombo ad Haiti; 1907: strage a Monongah; 1961: muore Fanon; 1989: «la pantera»; 1990: Casalecchio; 2002: Sarkozy contro rom;. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)
RICEVO E POSTO
Da: Mai più ThyssenKrupp
Comunicato ex familiari e lavoratori ThyssenKrupp Torino
GIU LE MANI DALLE EX AREE THYSSENKRUPP – ILVA
NO A SPECULAZIONI EDILIZIO-URBANISTICHE
IL COMUNE ONORI E RISPETTI LA VOLONTA’ DELLE FAMIGLIE DELLE SETTE VITTIME DELLA STRAGE DEL 6 DICEMBRE 2007 E DEGLI EX LAVORATORI TK
In coincidenza con il Sesto Anniversario della strage del 6 dicembre del 2007, che vide perire in modo così orrendo i nostri compagni di lavoro Antonio, Angelo, Roberto, Bruno, Rocco, Rosario e Giuseppe, noi famigliari ed ex-Lavoratori chiediamo al Cumune di Torino, in particolare al Sindaco e al Consiglio Comunale di NON DIMENTICARE ciò che é successo in quella maledetta notte e mantenere viva la memoria della più grande ferita inferta alla città dopo i rastrellamenti e i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Città e cittadini, un’intera comunità che tanto rimasero colpiti e segnati in quei giorni di lutto e cordoglio e che in modo naturale e solidale si strinsero in un abbraccio collettivo attorno alle famiglie dei sette operai e ai lavoratori TK che in quei giorni drammatici oltre che veder perdere la vita dei loro compagni e rischiare essi stessi la vita, avevano visto attuarsi lo sciagurato piano industriale della direzione aziendale TK di chiudere senza alcun preavviso il sito produttivo di Torino. Senza che per altro il Comune (l’allora Amministrazione Chiamparino) facesse nulla per impedirlo.
Per noi mantenere viva la memoria ed il ricordo dei nostri compagni di lavoro non vuol dire solo commemorarli, una volta l’anno, in un doveroso e pur importante “momento istituzionale”, attraverso la celebrazione della messa e il saluto del Sindaco e delle Autorità, come si è appena rinnovato venerdì scorso al Cimitero Monumentale. Per noi ricordare ed onorare ciò che è successo vuol dire anche e soprattutto far diventare “Patrimonio Collettivo” il fatto che nella nostra città culla del lavoro, in particolare dell’industria e nel segno della tradizione e della storia operaia, non accadano più stragi sul lavoro e siano riattualizzati valori come la dignità del lavoro ed il rispetto della salute e della vita dei lavoratori, ma anche dei cittadini che vivono nei pressi degli insediamenti produttivi rimasti in Città, proprio come ha ricordato nel suo ultimo discorso il Sindaco Fassino.
Una città che in più di un secolo è radicalmente cambiata e si è trasformata, pur tra enormi sacrifici e notevoli travagli socio-economici, e dopo alcuni decenni è passata dall’essere universalmente riconosciuta come la Città dell’Auto, simbolo del lavoro operaio e manifatturiero all’odierna “Moderna Città dei Servizi e del Turismo Europeo”: in sintesi la Torino Olimpica e degli eventi mediatici, che in questo scenario si è trasformata anche sul piano urbanistico con massicci interventi di riqualificazione attraverso il cambio di destinazioni d’uso di enormi ex-aree industriali. Milioni di metri quadri spesso “donati” ai privati, che vi hanno speculato costruendoci residenze private e supermercati, con rivalutazioni fondiarie rilevanti e perdita, per la Città, di importanti Aree che sarebbero dovute essere trasformate e destinate ad un miglior utilizzo per tutta la comunità con finalità sociali.
Come Ass. Legami d’Acciaio e come ex lavoratori e quindi semplici cittadini torinesi invitiamo il Sindaco, l’Assessore all’Urbanistica e tutto il Consiglio Comunale affinché la variante urbanistica (ex 221), che prevede un cambio di destinazione urbanistica diverso dai fini industriali-produttivi previsti, venga discussa con le modalità e l’iter più corretto ed idoneo della variante strutturale e non come si sta tentando di fare, cioè velocizzando inspiegabilmente la discussione prima in Commissione e poi in Consiglio con una “variante semplice” che non terrebbe in debita considerazione la complessità, i numeri ingenti in ballo (metri quadri, SLP, ecc…) ma soprattutto le doverose bonifiche (che dovrebbero essere poste a carico della ThyssenKrupp e non del Comune; e quindi gravare su noi cittadini) e le relative criticità ambientali.
Area che è stata investita per circa 60 anni da attività industriali siderurgiche molto inquinanti, con il loro relativo impatto protrattosi per decenni anche a livello infrastrutturale, con cunicoli e/o gallerie sotto la superficie dei capannoni. Inoltre non bisogna sottovalutare l’altissimo rischio di esondabilità presente in tutta l’area a valle del Parco della Pellerina, come dimostrato nei fatti con l’alluvione dell’ottobre del 2000, che vide i nostri reparti di lavoro completamente invasi e gravemente danneggiati dalle acque della Dora Riparia.
Quindi chiediamo all’Amministrazione Comunale e a chi ne ricopre le responsabilità di soprassedere e valutare bene il destino di quelle Aree, di tenere bene in conto degli elementi di discussione accennati sui rischi e sulle ricadute ambientali (prima di cospargerci il capo di cenere o inutili recriminazioni su danni a cose o a persone che sarebbero a rischio alluvione), di considerare per le stesse cose dette e delle promesse fatte negli anni da questa e dalla precedente Amministrazione.
Per noi questo vorrebbe dire veramente Ricordo e Memoria per ciò che è successo, e non solo commemorare la data del 6 dicembre, un rito collettivo che appare anche solo in parte routine e retorica con cui lavarsi la coscienza. Il solo ricordo non aiuterà a migliorare la città e la vita quotidiana dei suoi cittadini.
Legami d’Acciaio non ha la presunzione né proposte specifiche da avanzare per la riqualificazione dell’Area, certamente non nel merito tecnico. Questo non compete a noi. L’unica cosa di cui siamo certi è che l’area così com’è non può restare, va restituita alla Città con un riutilizzo in termini di superfici a maggioranza con finalità pubbliche e siamo altrettanto convinti che sull’area non debbano esserci “svendite”, come già successo, a privati o amici degli amici che le usino a fini speculativi. Se non sono state vendute in sordina nel frattempo le ex aree ci risultano appartenere alla Fintecna o meglio l’immobiliare CimiMontubi S.p.A., almeno per le aree ex-ILVA.
Legami d’Acciaio esorta l’Amministrazione, il Sindaco, il Consiglio a confrontarsi con la cittadinanza, i comitati di cittadini nati o esistenti da anni in quelle Aree, che si stanno impegnando a valorizzare anche con progetti e proposte per il riutilizzo dei milioni di metri quadri di questo pezzo importante di accesso alla città (varco Ovest). Ragionare tutti insieme, anche con noi famigliari ed ex-lavoratori, non solo per salvaguardare la memoria un pezzo di Storia della città, di ciò che era, ma soprattutto per ciò che riguarda il proprio futuro di moderna città solidale e sostenibile e del volto che Torino dovrà per forza di cose ricostruirsi, dopo la pesantissima fase di dismissione e delocalizzazione industriale di numerosi siti produttivi dovuti alla crisi degli ultimi anni.
Torino potrà superare questa crisi solo se verrà rilanciato il LAVORO: per esempio realizzando i lavori di bonifica dell’ex area Thyssen assumendo tra i numerosi cassintegrati e disoccupati.
Tra questi pure alcuni ex lavoratori ThyssenKrupp a cui Fassino ha promesso un lavoro, mai giunto. Francamente sia questa che la passata Amministrazione hanno usato molto la vicenda a fini mediatici ma poi in concretamente non hanno fatto niente di niente sia sul versante del miglioramento della sicurezza e della salubrità dei luoghi di lavoro, sia per quanto riguarda l’occupazione (ai minimi storici e peggio che nel resto d’Italia). L’ex Sindaco Chiamparino è stato premiato per la sua politica “rivolta ai cittadini” con la nomina ai vertici della Fondazione San Paolo. Piero Fassino invece preferisce investire sulla militarizzazione della Val Susa e l’inutile progetto T.A.V. (Treno a vapore), la svendita ai privati delle ex società municipalizzate, il taglio dei servizi (taglio ai percorsi G.T.T., ridimensionamento del servizio e del numero degli asili, peggioramento delle condizioni di studio, nessuna manutenzione agli edifici scolastici), appaltare scale mobili e ascensori per le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa proprio a quei criminali della ThyssenKrupp. Proprio una bella mossa che rivela grande sensibilità da parte dell’Amministrazione! Ecco come si è concesso di recuperare gli oltre 36 milioni di euro che Thyssen ha dovuto risarcire a tutte le Parti Civili. Alla fine dopo la strage la ThyssenKrupp ci ha pure guadagnato: 7 morti, nessuno in galera, nessun colpevole, nessuna bonifica, introiti dalla cessione dell’area e anche proventi per i lavori nelle due stazioni ferroviarie torinesi. Il Comune di Torino: una manna per i padroni!?
Sindaco Fassino: possibile che non si rende conto che Torino sta morendo? E neanche tanto lentamente. Forse lei è troppo impegnato a seguire le questioni che riguardano il suo Partito ma la nella città in cui vivono 890 mila persone e che Lei amministra chiudono i negozi, nei mercati i banchi scompaiono, la Metro è pressoché deserta, i giovani non trovano lavoro, sempre più persone chiedono aiuto per arrivare a fine mese, la gente ruba per fame, gli spazi di aggregazione sono messi in discussione, sempre più tasse e meno servizi offerti ai cittadini. Ci manca solo uno scempio urbanistico di fronte al più grande e bel parco di Torino e siamo apposto! Ma noi siamo sempre ottimisti e propositivi. Ecco alcune misure che può attuare fin da subito: mantenere la promessa fatta agli ex lavoratori ThyssenKrupp di un posto di lavoro sicuro e dignitoso; abbandonare il folle progetto TAV e destinare i soldi a cose più utili; potenziare il trasporto pubblico anche nelle ore notturne; aprire musei e mostre oltre gli orari attuali, ristrutture le scuole che cadono a pezzi (le suggerisce niente il nome di Vito Scafidi?) e tante altre cose ancora.
In ultimo, caro Sindaco, la finisca di trincerarsi dietro questa puerile scusa che mancano i soldi per fare le cose. Nessuno la accuserà di infrangere il Patto di stabilità se userà l’influenza, l’autorevolezza e i mezzi di cui dispone per realizzare anche solo metà della metà delle cose che abbiamo proposto! Noi non vogliamo far crescere i nostri bambini in una città dove ci capita sempre più spesso di vedere anziani (e non) rovistare nei cassonetti della spazzatura! Non ci meritiamo questo e non vogliamo che la Città prima capitale d’Italia, culla del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, Medaglia d’Oro della Resistenza (Lei lo sa bene, suo padre era un Partigiano) e del Movimento Operaio diventi una città vuota, sterile, indifferente e cinica proprio come chi fa profitti sulle spalle dei lavoratori. Altrimenti non si stupisca dei fischi e delle contestazioni che accompagnano sempre più spesso le sue (sempre minori, a dire il vero…) apparizioni pubbliche.
Sempre pronti a discutere e confrontarsi.
Torino, 10 dicembre 2013 Familiari ed ex Lavoratori ThyssenKrupp Torino