Scor-data: 6 luglio 1907

In un sobborgo di Città del Messico nasce Frida Kahlo, donna e artista combattente come poche

di Daniela Pia (*)

Frida-blog

«Per i grandi cuori che muoiono nel corpo ma che continuano a battere nel respiro della notte, non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che portano a illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza». Con queste parole Frida Kahlo raccontava ciò che sentiva nascerle dentro. E si avvertono i tuoni nel contemplare le opere di questa donna così dolente, amante e amata, caparbia sino all’ inverosimile, la luce dei lampi poi è rara esperienza che ce ne fa innamorare mentre appena si comincia a intuirla.

Frida parla oggi come allora, attraverso le sue opere e le foto meravigliose che la ritraggono. È viva, anzi una sopravvissuta. Racconta l’ orrore con linee e pennellate che sembrano scudisciate, quelle dei dolori alla schiena e alla gamba destra che la tormentarono. La bellezza che i suoi occhi hanno colto si manifesta con tinte lussureggianti, capaci di raccontarne l’ attaccamento alla vita e «La sua arte è un nastro attorno a una bomba» come scrisse di lei André Breton. A osservare la sua «Natura morta» del 1953-54 trapela il forte attaccamento alla vita: nel dipinto appare la bandiera messicana, piantata su un cocomero a metà e si legge «viva la vida y el Dr Juan Farill». Una vita – la sua – che il 17 settembre 1925 fu segnata per sempre. Frida aveva solo18 anni e quel giorno le avrebbe riservato l’ inizio di un calvario dolorosissimo: l’autobus su cui viaggiava si scontrò con un tram e lei subì lacerazioni gravissime. Trafitta da un’ asta metallica, che la trapassò all’ altezza dell’addome per fuoriuscirle dai genitali, si fratturò la colonna vertebrale in tre diversi punti; la gamba sinistra si ruppe in undici punti; la pelvi in tre. I dottori pensavano che non ce l’avrebbe mai fatta. Eppure sorprese tutti per la sua forza di volontà.

Durante l’ interminabile convalescenza iniziò a dipingere mentre «la morte di notte danzava intorno al mio letto» scrisse. Continui interventi chirurgici – fra i quali l’amputazione della gamba destra, avvenuta nel 1953 – la faranno cadere in una depressione devastante, durante la quale tentò più volte il suicidio. Non era giunta ancora la sua ora, però, e nella primavera 1954 realizzò di aver superato in parte, ciò che pareva impossibile. Scrisse nel suo diario: «ho fatto tanto. Sicurezza nel camminare/ Sicurezza nel dipingere. Amo Diego più di me stessa. La mia volontà è grande/ La mia volontà perdura. Grazie all’ amore magnifico di Diego. Al lavoro onorevole e intelligente del dottor Farill». Diego però sarà suo sostegno e suo tormento: carezze e ferite si susseguiranno in una relazione passionale e tempestosa che ne segnerà profondamente la vita. La “grande ocultadora”, come lei stessa si definiva, non riuscì ad occultare l’amore totalizzante per Diego Rivera: «Premetto che dipingerò il ritratto di Diego con colori che non conosco: le parole, e sarà dunque ben povera cosa; inoltre, amo Diego così profondamente da non poter essere una semplice “spettatrice” della sua vita, della quale sono parte, per cui esagererò forse gli aspetti positivi della sua personalità unica cercando di eliminare cose che potrebbero ferirlo, sia pur da lontano. (…) Non parlerò di Diego come di “mio marito”, perché sarebbe ridicolo; Diego non è mai stato, né sarà mai il marito di nessuno». (così in «Lettere appassionate»). Infatti di Diego sopportò i numerosi tradimenti pur di stargli vicina, ma si portava dentro anche quelli di segni.

«Ho subìto due gravi incidenti nella mia vita… Il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego». Le cicatrici più profonde però gliele lasciò la perdita del figlio che aveva sempre desiderato e che volle, a rischio della sua stessa vita. A Detroit subì un aborto straziante ma non si arrese e, nonostante i medici l’avessero scongiurata di non riprovarci, rimase incinta altre tre volte: ogni gravidanza una nuova angosciante perdita. Di queste esperienze raccontano i suoi dipinti, capaci di rappresentare l’ondivago paesaggio interiore che in lei si fece metronomo, a scandire l’altalenarsi tra gioia e male di vivere.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

  • Elena Poniatowska – “Querido Diego te abraza Quiela” è un libro che non si può non leggere, ne ho regalato tante copie, non ne ho nessuna.
    qualche biblioteca ce l’avrà, spero.

    provare per credere, solo per amanti di Frida

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