Scor-data: 7 luglio 1963

Non uccidere: un grido da Palermo

di Luca Cumbo (*)  

Con un gesto clamoroso il 7 luglio 1963 il pastore Pietro Valdo Panascìa, fondatore del Centro diaconale valdese a Palermo, nel quartiere Noce, rompeva il silenzio delle chiese cristiane rispetto al potere mafioso.

Pochi giorni prima, il 30 giugno, era avvenuta la strage di Ciaculli nell’omonima borgata palermitana: un’auto Alfaromeo piena di esplosivo dilaniò 7 persone tra le Forze dell’Ordine e gli artificieri dell’esercito. L’attentato di Ciaculli era però soltanto uno fra i tanti: in quel periodo era in corso la prima guerra tra famiglie mafiose, i Greco e i La Barbera.

Panascìa, in accordo con la piccola comunità valdese di Palermo, fece tappezzare la città con un manifesto contenente un toccante appello:

«INIZIATIVA PER IL RISPETTO DELLA VITA UMANA

la Comunità Evangelica Valdese, associandosi, con animo commosso al lutto cittadino per la inumana strage avvenuta nei giorni scorsi in seguito agli attentati dinamitardi in cui sette preziose vite umane sono state stroncate in modo così crudele mentre

esprime

il profondo senso di solidarietà umana nel dolore alle famiglie delle vittime,

auspica

che non solo siano prese da parte degli organi competenti delle misure per reprimere ogni atto di criminalità che con così preoccupante frequenza insanguina le vie e i dintorni della nostra città, ma soprattutto

fa appello

a quanti hanno la responsabilità della vita civile e religiosa del nostro popolo, onde siano prese le opportune iniziative per prevenire ogni forma di delitto, adoperandosi con ogni modo alla formazione di una più elevata coscienza morale e cristiana richiamando tutti ad un più alto senso di sacro rispetto della vita e alla osservanza della Legge di Dio che ordina di:

NON UCCIDERE!»

 

Il papa Paolo VI, eletto pochi giorni prima della strage di Ciaculli, venuto a conoscenza del manifesto di Panascìa e colpito sinceramente, incaricò monsignor Angelo Dell’Acqua, della Segreteria di Stato vaticana, di consegnare una lettera, fino a pochi anni fa segreta, in cui suggerì al cardinale di Palermo Ernesto Ruffini l’opportunità di prendere qualche iniziativa contro la violenza mafiosa: «Nel segnalare detta iniziativa all’attenzione di Eminenza Vostra, mi permetto di sottoporre al suo prudente giudizio di vedere se non sia il caso che anche da parte ecclesiastica sia proposta un’azione positiva e sistematica, con i mezzi che le sono propri – d’istruzione, di persuasione, di deplorazione, di riforma morale – per dissociare la mentalità della così detta “mafia” da quella religiosa e per confortare questa ad una più coerente osservanza dei princìpi cristiani, col triplice scopo di elevare il sentimento civile della buona popolazione siciliana, di pacificare gli animi, e di prevenire nuovi attentati alla vita umana». Bisognava riflettere sull’esempio del pastore Panascìa e promuovere «un’azione positiva e sistematica per dissociare la mentalità della cosiddetta mafia da quella religiosa». Ma Ruffini, potentissimo principe della Chiesa, perfettamente a proprio agio con ogni genere di potere oscuro a Palermo e in Italia, rispose: «Mi sorprende alquanto che si possa supporre che la mentalità della cosiddetta mafia sia associata a quella religiosa. È una supposizione calunniosa messa in giro dai socialcomunisti i quali accusano la Democrazia cristiana di essere appoggiata alla mafia».

Il cardinale Ruffini non si fermò alla semplice risposta privata, poco tempo dopo pubblicò la sua Pastorale dal titolo «Ingiusta diffamazione della Sicilia» dando le sue spiegazione sui problemi dell’isola: «In questi ultimi tempi si direbbe che è stata organizzata una grave congiura per disonorare la Sicilia; e tre sono i fattori che vi hanno contribuito: la mafia, Il Gattopardo e Danilo Dolci». Naturalmente Ruffini non accusava la mafia in quanto tale, poiché sosteneva che questa era semplice delinquenza comune e non c’erano altri livelli o altri significati da ricercare, la mafia non esiste.

In questo 5 luglio 2013, mentre Palermo si prepara al Festino di Santa Rosalia e il vescovo Romeo è occupato a gestire le numerose e faticose conferenze stampa di presentazione, la piccola comunità valdese palermitana ha celebrato l’anniversario dell’appello ricordando la figura del pastore Panascìa, nel Centro Diaconale La Noce (nell’omonimo quartiere, storico mandamento mafioso) dove oggi operano una scuola, un centro di aggregazione giovanile e centro d’accoglienza ove si mescolano perfettamente italiani e immigrati. E’ importante infatti sottolineare come la storica comunità valdese di Palermo è stata ed è pioniera della lotta alla mafia, della tolleranza e della lungimiranza interculturale.

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili.Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

Luca

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