Scor-date: 11-15 luglio
11 luglio 1947 – Exodus. E oggi.
Lo soprannominarono «Ike» come il generale (e poi presidente) statunitense Eisenhower: di nome faceva Yitzhak e di cognome Aharonovitch. Chi (nel 1960) vide il film che raccontava la sua storia lo immagina forse con gli occhi azzurro-ghiaccio di Paul Newman.
Se in Google (pigrizia e/o fretta non sempre son premiate) digitate «Exodus» ci vuole un po’ per arrivare alla nave e su Wikipedia trovate soltanto questo.
«Exodus (il cui nome completo era Exodus 1947) è il nome di una nave diventata tristemente famosa per gli avvenimenti del 1947. La Exodus, salpata dal porto italiano di La Spezia, trasportava 4.515 profughi ebrei, scampati ai campi di concentramento, che tentarono di sbarcare in Palestina per trovare rifugio nella comunità ebraica. Tuttavia l’esercito inglese – in modo legale, come era sua responsabilità in base al mandato di protettorato della Palestina, stabilito dall’Onu, che sarebbe scaduto l’anno successivo – bloccò la nave e le impedì di sbarcare i profughi. Il governo inglese infatti era intenzionato a bloccare l’immigrazione ebraica in seguito ai disordini in atto fra arabi ed ebrei. La nave fu persino speronata nelle acque davanti Haifa dai cacciatorpedinieri inglesi, che causarono delle vittime a bordo. L’Exodus, dopo un lungo giro nel Mediterraneo, fu costretta a tornare in Germania, ad Amburgo, dove i profughi furono rinchiusi in un ex-lager nazista convertito in un campo di prigionia per ebrei».
La vicenda è più complessa e drammatica e vale raccontarla un po’ più per esteso.
All’inizio del secolo scorso non era ancora chiaro se gli ebrei avrebbero avuto uno Stato (come molti di loro chiedevano) e dove. Le grandi potenze avevano offerto a Theodor Herzl – fondatore del sionismo – Cipro, l’ Uganda, la Pampa argentina e un pezzo del desertico Sinai. Solo parole comunque. Sin dagli anni ’20 alcuni gruppi sionisti erano invece intenzionati ad abitare o a colonizzare (la differenza fra i due verbi è notevole) la Palestina, allora sotto dominio inglese.
Yitzhak Aharonovitch arriva in Palestina nel 1932, neanche ventenne, per decisione dei suoi genitori che però rimangono in Germania. Mentre studia a Londra da ufficiale di marina, il giovane inizia ad aiutare l’immigrazione illegale di ebrei in Palestina o almeno questo è un modo di raccontare che cercò di salvare un po’ di gente dagli orrori del nazismo. Aveva anche tentato, senza riuscirci, di arruolarsi nell’Armata rossa per combattere Hitler. Dopo la guerra Aharonovitch entra a far parte dell’Haganah che qualcuno definisce un’organizzazione terroristica e altri invece un gruppo di autodifesa ebraica (fu l’una e l’altra, dipende dai punti di vista… come per Mandela e l’Anc o tanti altri eventi storici).
Il giovane «Ike» incontra Exodus (President Warfielkd era il nome originario) sul fiume Potomac. Strano che quella vecchia nave si rimetta per mare e vada in Europa. Il comandante Aharonovitch non fa salire a bordo normali passeggeri ma 4500 profughi ebrei per portarli in Palestina. Il viaggio dura dall’11 al 18 luglio ma si conclude tragicamente: un vascello inglese, l’Ajax, abborda Exodus. Feriti, morti ma alla fine la nave viene dirottata verso Cipro, all’epoca colonia britannica. E’ uno scandalo mondiale ma il governo inglese non cede. Non sapendo dove mettere quelle 4500 persone così scomode sceglie la soluzione peggiore: li sistema negli ex campi di concentramento nazisti di Eppendorf e Am Stau da dove alcuni riescono a uscire soltanto nel gennaio 1949 (nel frattempo è nato lo Stato di Israele).
Questa complessa vicenda diventò, con molte semplificazioni, prima un romanzo (di Leon Uris) e poi un film, diretto da Otto Preminger con Paul Newman nella parte di Aharonovitch. Ma il viaggio dell’Exodus è sparito quasi del tutto dalla memoria; quando, il 23 dicembre 2009, Netanyahu muore sono ben pochi i giornalisti che ne ricordano la storia.
In queste ore, a distanza di 64 anni un’anziana ebrea, sopravvissuta all’olocausto, è ancora su una nave diretta in Palestina e di nuovo c’è chi è disposto a tutto per bloccare questo viaggio. Ma lo scenario è assai mutato.
Chi ha buona memoria ricorderà che il 31 maggio dell’anno scorso la Freedom Flottilla, che portava aiuti a Gaza, venne assaltata dalle truppe israeliane: 9 morti e moltissimi feriti, arresti, sequestro delle navi. Adesso la Freedom Flottilla 2 ci riprova: attualmente è bloccata in Grecia. Se le navi si muoveranno il governo di Netanyahu («I taliban di Israele» secondo la definizione del giornalista Zvi Schuldiner che ha il passaporto israeliano) ordinerà alle truppe speciali di assalirle. Su quelle navi c’è gente assai pericolosa come la scrittrice Alice Walker, l’italiano Vauro e quella vecchiarellina sopravvissuta ai campi di concentramento dei nazisti.
La storia purtroppo non ha pietà per nessuno. E il mondo si rovescia spesso facendo diventare oppressori le vittime di un tempo.
12 luglio 1562 – Il grande rogo
Incredibile l’arroganza dei capi maya che non vogliono abbandonare i loro riti per abbracciare l’unica, vera religione. Così il 12 luglio 1562 il vescovo Diego De Canda li fa arrestare e torturare. Poi ordina di distruggere i codici, le sculture e tutti i libri scritti in quella lingua. «Bruciamoli indistintamente» (cioè senza guardare se parlano di scienza, religione o sesso) perché, spiega, «in essi non v’è cosa che non sia corrotta di superstizione e falsità diabolica».
Così vien fatto. Non è il primo rogo (gli antichi romani vollero che il fuoco cancellasse Cartagine) e non sarà l’ultimo. Persino gli strumenti musicali degli amerindi vengono bruciati perché lì dentro – si spiega – suona il demonio. Viene vietato agli indigeni di parlare in pubblico la loro lingua.
Ma le fiamme non cancellano tutto. Le rivolte durano secoli e dalle ceneri qualcosa resiste, torna. Di bocca in bocca…. sino ai giorni nostri. Eduardo Galeano ritrova alcuni di quei documenti, li riordina e li pubblica: tre volumi di «Memorie del fuoco» (che sono tradotti anche in italiano).
Oggi gli sconfitti popoli indigeni sono di nuovo protagonisti. Non è male la Costituzione degli Stati Uniti ed è bella anche quella italiana ma il popolo boliviano ne ha varata una ancora migliore: è stato deciso, dopo una lunga discussione che ha coinvolto metà del Paese, di parlare dei diritti di Pacha Mama, la madre terra. Il presidente della Bolivia si chiama Evo Morales ed è un indio aymara. Difende i diritti della terra come quelli della sua gente, è un tipo arrogante come quei maya del 1562. Provate a indovinare chi lo odia e chi parla di lui solo per calunniarlo.
13 luglio 1942 – Uomini comuni
All’alba gli uomini del battaglione 101 della riserva di polizia tedesca entrano nel villaggio polacco di Jozefow: uccidono donne, vecchi, bambini e deportano 1800 ebrei.
Ordinaria follia nazista o questo 13 luglio del 1942 ha qualcosa di differente?
Gli uomini del battaglione 101 che ammazzano 1500 persone in un solo giorno (e in un anno 38mila) non sono truppe scelte del Terzo Reich: sono invece operai, impiegati, artigiani e persino «asociali» rastrellati nelle carceri. Gente perlopiù di mezza età, tutt’altro che nazisti convinti; anzi per l’ideologia dominante sono “il fondo del barile”. Eppure quelle 500 persone (quasi tutte di Amburgo) vengono rapidamente trasformati, con il terrore ma anche con tecniche studiate per loro, in macchine assassine. Un riuscito esperimento. Purtroppo.
E’ una storia che Christopher Browing ha ricostruito in un libro (uscì da Einaudi nel 1995) che bisogna assolutamente conoscere: il sotto-titolo parla di «polizia tedesca e “soluzione finale” in Polonia» così che sembra fare a pugni con il titolo, «Uomini comuni». Ma erano proprio persone qualsiasi: appena arruolate e troppo vecchie per un servizio combattente; infatti finiscono nelle retrovie ma ci si può fidare di loro per tutto, comprese le operazioni che portano verso le camere a gas di Treblinka 45 mila ebrei.
L’autore ha lavorato sulle 210 testimonianze di membri effettivi del Battaglione 101: sono loro a raccontare e a cercare perché, “giustificazioni”.
Non bastasse questo a sconvolgerci, Browning nelle pagine finali ricorda che esperimenti simili sono avvenuti – o simulati (come nella prigione di Philip Zambardo, svolto a Stanfdord) – anche in democrazia. In chiusura Browning si affida a «I sommersi e i salvati» di Primo Levi e in particolare al capitolo intitolato «La zona grigia» dove sostiene che, malgrado la nostra esigenza di distinzioni nette, la storia dei lager «non è riducibile ai due blocchi delle vittime e dei persecutori».
La rassicurante idea che le guerre (e in particolare quella 1939-45) siano lo scontro fra il Bene e il Male è smentita da mille evidenze se le si vuole cercare. Dall’aiuto delle democrazie a Mussolini, Hitler e Franco alla collaborazione della Ibm nell’organizzare la macchina dello sterminio. E se il nazifascismo viene sconfitto sui campi di battaglia, molte sue idee vengono riprese dai vincitori dopo il 1945.
Allo stesso modo a chi invece vorrebbe ridurre tutti i tedeschi (o tutti gli italiani) al ruolo di “nemico assoluto” bisogna ricordare quante e quanti si opposero a Mussolini e Hitler, pagando anche con la vita.
Ogni semplificazione dunque è pericolosa. Di certo chi, ieri come nei nostri giorni, promuove la cieca obbedienza all’autorità, il disprezzo del diverso o del dissenziente, il culto del capo (ma anche del più neutro Stato) favorisce lo slittamento della «zona grigia» verso l’orrore assoluto.
14 luglio 1555 – Nasce il ghetto
«Poiché è oltremodo assurdo e disdicevole che gli ebrei, che sono per propria colpa sottomessi alla schiavitù eterna, possano, con la scusa di esser protetti dall’amore cristiano e tollerati nella loro coabitazione in mezzo ai cristiani, mostrare tale ingratitudine verso di questi, da rendere loro offesa in cambio della misericordia ricevuta, e da pretendere di dominarli invece di servirli come debbano; Noi, avendo appreso che nella nostra alma Urbe e in altre città e paesi e terre sottoposte alla Sacra Romana Chiesa, l’insolenza di questi ebrei è giunta a tal punto che si arrogano non solo di vivere in mezzo ai cristiani e in prossimità delle chiese senza alcun distinzione nel vestire, ma che anzi prendono in affitto case nelle vie e piazze più nobili, acquistano e posseggono immobili, assumono balie e donne di casa e altra servitù cristiana, e commettono altri misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano….». E via delirando.
Dobbiamo a Giovanni Pietro Carafa, più noto come Paolo IV, la bolla pontificia «Cum nimis absurdum» («Poiché è oltremodo assurdo») l’invenzione del ghetto; dal 14 luglio 1555 venivano istituiti in tutti i territori della Chiesa luoghi chiusi per i giudei «per loro colpa» condannati da Dio «alla schiavitù eterna».
Uno dei pretesti per questa bolla pontificia fu l’usura ma per capire che il denaro è solo un pretesto basta leggere le 13 disposizioni di Paolo IV.
1 – Gli ebrei dovranno abitare in luogo separato dalle case dei cristiani, il serraglio (vecchio nome del ghetto) con un solo ingresso ed una sola uscita.
2 – Non dovranno avere più di una sinagoga per ogni città; con l’obbligo di demolire tutte le altre.
3 – Dovranno portare un segno distintivo di colore giallo (un cappello per gli uomini e un fazzoletto per le donne).
4 – Non dovranno tenere servitù cristiana.
5 – Durante le festività cristiane, non dovranno lavorare in pubblico.
6- Non fare gli “strozzini” con i cristiani e non stipulare con essi contratti falsi o fittizi.
7 – Non dovranno far festa, mangiare o conversare familiarmente con i cristiani.
8- Potranno redigere i libri contabili e le registrazioni relative ad affari con cristiani solo in italiano.
9 – Non potranno esercitare alcun commercio al di fuori di quello degli stracci e dei vestiti usati con esplicito divieto a commerciare «beni alimentari destinati al sostentamento umano».
10 – I medici ebrei non potranno curare cristiani.
11 – Non potranno farsi chiamare con l’appellativo di «signore» dai cristiani poveri.
12 – Dovranno rispettare gli statuti favorevoli ai cristiani in vigore nei luoghi in cui risiedano temporaneamente.
13 – Saranno puniti se contravverranno a queste disposizioni.
Questo sant’uomo non se la prese solo con gli ebrei ma ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’Inquisizione (fondata da Paolo III nel 1542, con l’allora cardinal Carafa a commissario generale) e del Sant’uffizio. Nel mirino i protestanti e gli eretici ma anche i cardinali che non andavano d’accordo con lui.
Però ebbe in particolare odio gli ebrei. Così mandò ad Ancona due commissari straordinari (Giovanni Vincenzo Falangonio e Cesare della Nave) per arrestare e processare gli ebrei marrani (cioè convertiti, più o meno a forza) che erano fuggiti dalle persecuzioni in Portogallo e avevano trovato rifugio lì: nel 1556 ad Ancona furono impiccati e bruciati al rogo 24 di loro.
Di fatto quella bolla resta in vigore sino al settembre 1870 quando il potere temporale del Vaticano si sgretola del tutto.
Da qualche anno sento ripetere come un mantra «le radici giudaico-cristiane dell’Europa»: ma questi tipi hanno una pur vaga idea della storia?
15-16 luglio 1917 – Il macello della brigata Catanzaro
«Santa Maria la Longa, 16 luglio 1917» ci informa la scritta in alto. Poi, sotto le sagome dei massacrati: «28 soldati vengono fucilati all’aurora mediante la pratica della decimazione».
Ma per capire cosa è accaduto dobbiamo tornare indietro di un giorno, cioè alla «sede del comando a Villa Bearzi, 15 luglio 1917. Ore 18». Qui incontriamo don Fiorenzo che rivela un segreto al colonnello Danise.
Salta avanti e indietro nel tempo, con maestria, «Officina del macello» (sottotitolo: «1917: la decimazione della Brigata Catanzaro»): è un fumetto storico di Gianluca Costantini e Elettra Stamboulis uscito nel 2009 nelle Edizioni del Vento ma con licenza «Creative Commons» e dunque potete scaricarlo da http://www.spaziosputnik.it/ftp/edizionidelvento/officina-del-macello-web.zip mentre per contattare Costantini e Stamboulis potete andare suhttp://www.politicalcomics.info.
In 80 pagine Costantini e Stamboulis (con tecniche illustrative assai varie) riportano alla luce uno dei tanti orrori della Prima guerra mondiale. Le altre 50 pagine ospitano un breve saggio (di Sergio Dini, Lorenzo Pasculli e Silvio Riondato) su «Fucilazioni e decimazione nel diritto italiano del 1915-18» e quattro appendici sulla Brigata Catanzaro.
Non riassumerò ciò che le immagini e i testi raccontano: l’ordine di partire, la ribellione dei soldati dopo l’ennesimo inganno, gli infiltrati, quelli che pochi giorni prima erano celebrati ora definiti facinorosi, la decimazione con i colpevoli estratti a sorte e subito fucilati. Ufficialmente si parla di 28 «passati per le armi» e di 123 arrestati ma… «all’appello ne mancano ancora 80». E neppure i nomi dei 28 “decimati” sono sicuri perché «qualcuno si è impossessato di gran parte della documentazione che risulta al momento irreperibile». Irreperibile… strano vero?
Bisogna leggere questa tragedia senza dimenticare che in quel momento storico il capo dei boia e dunque assassino lui stesso si chiamava Luigi Cadorna, un generale: «l’unico in Europa a praticare la decimazione, procedura non prevista dal diritto militare italiano». Ancora oggi a Milano esistono un piazzale e una stazione intitolati a Cadorna. La democrazia ritiene giusto onorare il boia. Neanche una lapide per i decimati. Invece la scelta di «Officina del macello» è ricordarli, uno per uno. Ecco i nomi che sappiamo:
«Cavaies Antonino…
Viola Antonio…
Bellini Giovanbattista…
Cassalia Antonio…
Di Giorgio Pasquale…
Dimitri Nicola…
Gabriele Angelo…
La Barbera Vito…
Morello Angelo…
Petirri Nunziato…
Toma Luigi…
Fabiano Giovanni…
Gratteri Saverio…
Gianandrea Domenico….
Alampi Salvatore…
Rondinelli Paolo».
UNA PICCOLA NOTA
Care e cari, da quando è nato IL DIRIGIBILE (www.ildirigibile.eu) tengo una rubrica quotidiana (salvo sabato e domenica) di scor-date. Eccone qualcuna … se ve la siete persa (ma l’11 e il 12 non sono state pubblicate perchè Il dirigibile era chiuso per un grave lutto). Quella di oggi, 18 luglio, è sul “Dirigibile” o presto lo sarà. (db)