Scor-date: 20 marzo 1982
Colpo di stato di Ríos Montt in Guatemala
di David Lifodi (*)
Trentuno anni fa, il 20 marzo 1982, Ríos Montt, uno dei peggiori repressori di tutta l’America Latina, prendeva il potere in Guatemala grazie ad un colpo di stato. Due mesi fa, a 86 anni, l’ex dittatore ha dovuto subire un affronto che mai si sarebbe aspettato: sarà processato per genocidio.
Lo sterminio delle comunità indigene nel Triangulo Ixil, la regione che comprende i municipi di Nebaj, Chajul e Cotzal (dipartimento del Quiché), è opera di Ríos Montt, come sua è la responsabilità di aver trascinato il Guatemala in una guerra civile che sotto la sua presidenza raggiunse il culmine in fatto di massacri e atrocità. Montt rimase al potere dal golpe del 20 marzo 1982 all’8 agosto 1983, prima che un altro colpo di stato, condotto da Mejía Victores, lo facesse cadere: ricoprì l’incarico soltanto per un anno e mezzo, ma le sofferenze dei guatemaltechi si sarebbero protratte per molto tempo, fino agli accordi di pace del 28 dicembre 1996. Eppure, in un periodo così breve, costrinse al desplazamiento (sfollamento) almeno un milione di persone, e quasi settantamila costrette a fuggire lungo la frontiera verso Messico o Honduras, decine di migliaia furono le vittime. Ríos Montt si sentiva investito da Dio alla presidenza del paese: scelse la carriera militare e, qualche anno prima di divenire presidente, aderì in modo convinto alla Iglesia del Verbo, una setta evangelica caratterizzata dal messianismo come ce ne sono ancora tante in Guatemala, alcune delle quali foraggiate ad arte per dividere le comunità e distruggere il coraggioso lavoro sociale svolto dalla Teologia della Liberazione. “È Dio che mi ha voluto qui”, ripeteva più volte il presidente nei suo interventi televisivi domenicali, ed era talmente convinto di ciò da spacciare la sua setta protestante come un’organizzazione che aiutava gli indigeni, fino a far confluire la sua Iglesia del Verbo nella Fundación de Ayuda para el Pueblo Indígena, uno specchietto per le allodole, aldilà del nome ingannatore . In realtà su Montt grava il peso di aver sterminato il popolo maya, a cui contribuì anche il suo successore, quell’Óscar Mejía Victores che fu suo ministro della Difesa prima di rovesciarlo. Eppure l’ex dittatore sperava di cavarsela con gli arresti domiciliari, convinto che la vecchiaia lo rendesse immune dal processo. Prima ha provato ad appellarsi alla Ley de Reconciliación Nacional, che prevede l’estinzione della responsabilità penale per i delitti politici commessi durante il conflicto armado, poi si è appellato ad ogni cavillo per togliere il suo caso dalle mani del giudice Miguel Ángel Gálvez, infine ha tentato di sostenere che non era a conoscenza dei massacri compiuti ai danni della popolazione civile, scaricando tutte le responsabilità sulle Patrullas de Autodefensa Civil (Pac). Una serie di bugie e contraddizioni rispetto al motto che amava ripetere più volte durante la sua presidenza: no robo, no miento, y no abuso. In realtà le Pac furono lo strumento principale utilizzato da Montt per la repressione: il programma Fusiles y frijoles servì per coinvolgere i civili nella lotta contro la guerriglia, disgregò le comunità tramite una forte propaganda a favore della delazione, finì per autorizzare i patrulleros alle peggiori atrocità e rappresaglie. Il nome di Montt è apparso nei documenti che pianificavano il Plan Victoria 82, quello che ha progettato a tavolino il genocidio nel Triangulo Ixil, ed è impossibile che l’ex presidente fosse all’oscuro di ciò che stava accadendo. In più di una circostanza, alle domande dei giornalisti sulla sua capacità di saper controllare l’esercito, Montt rispondeva: “Altrimenti non sarei qui”. Questa frase è stata documentata anche dal documentario Granito de Arena, en busca de la verdad y justicia en Guatemala, a cui ha lavorato la regista statunitense Pamela Yates, che lo ha presentato per la prima volta a Città del Guatemala nel marzo 2012. E ancora, di fronte all’insistenza del dittatore nel negare le sue responsabilità in merito all’operazione tierra arrasada, è stato fin troppo facile per il giudice Miguel Ángel Gálvez rispondere che secondo la legge militare le decisioni sono gerarchiche e verticali, e di conseguenza sono gli stessi vertici militari ad ordinare le azioni da compiere e ad essere informati su come agiscono i loro sottoposti. Del resto, durante la presidenza Montt erano tanti i malumori provenienti dallo stesso esercito, che sfociarono in una lettera aperta, l’unica, scritta da un militare di primo piano quale era il generale Echeverría Vielman, al governo. Inoltre, qualche mese prima, lo stesso Montt aveva sventato un tentativo gi golpe ai suoi danni ad opera della Fuerza Aérea: in seguito a questo e ad altri episodi simili furono molti i militari ad essere rimossi dall’incarico. In ogni caso, Montt non fu l’unico responsabile del piano di sterminio, ma lo furono tutte le alte gerarchie militari, che spinsero l’ex presidente ad adoperarsi per la riattivazione del Consejo de Defensa Centroamericano (Condeca), creato dagli Stati Uniti in chiave anticubana pochi anni dopo il trionfo della Revolucíon e rispolverato negli anni ’80 in funzione antisandinista. Eppure, nonostante le evidenti responsabilità di Montt, in Guatemala c’è ancora chi lo chiama el grande. Alcuni mesi fa, il quotidiano guatemalteco El Periódico ha ricevuto una missiva da un lettore che dichiarava tutta la sua riconoscenza al dittatore per aver salvato il paese dal comunismo, e non sono rari i commenti di giovani che ritengono necessario voltare pagina “nonostante il risentimento delle comunità indigene”, come se il loro sentimento fosse immotivato. È in atto un tentativo evidente di riscrivere la storia dalla parte degli oppressori, a cui la generazione dei diciottenni di oggi dà ascolto perché non ha vissuto la tragedia della guerra e delle operazioni di controinsurgencia, che spesso si concludevano con massacri di innocenti (bambini, anziani, donne).
Forse la giustizia guatemalteca riuscirà a fare il suo corso, a processare e condannare Montt, un fatto che fino a pochi anni fa pareva impossibile. La strada per portare in carcere Ríos Montt non sarà comunque semplice. La figlia dell’ex dittatore, Zury Ríos, che durante la lettura della sentenza si è seduta ben lontano dai parenti dei desaparecidos in segno di disprezzo, ha già gridato alla lesa maestà e, per ripulire la figura di suo padre, ha deciso di mettere fine alla storia del Frente Republicano Guatemalteco (Frg), per anni contenitore degli uomini dell’estrema destra. Sulle sue ceneri, da alcuni giorni, è sorto il Partido Republicano Institucional (Pri), un clone del suo omologo messicano: una pericolosa emulazione in cui cambia il nome del partito, ma le facce, l’ideologia e la ferocia dei sui militanti resta la stessa.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata», di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione la gente sedicente “per bene” ignora, preferisce dimenticare o rammenta “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)