Scordata: 14 maggio 1995
Ritrovato il corpo senza vita di Mia Martini
di Fabrizio Melodia (*)
«Morire di maggio, ci vuole tanto, troppo coraggio» cantava Fabrizio De Andrè. Mia Martini di coraggio e determinazione ne ha sempre dato ampia prova, anche se forse non del tutto sua intenzione farsi ritrovare senza vita il 14 maggio 1995 nel suo appartamento a Cardano al Campo, provincia di Varese, dopo giorni di totale silenzio in cui nessuno l’aveva più vista ne sentita.
Si era trasferita da un po’ per stare più vicina al padre, con il quale si era riconciliata dopo diversi anni. La sua fu una morte inaspettata. La procura di Busto Arsizio dispose l’autopsia, il referto del medico non si fece attendere: arresto cardiaco, causato da abuso di stupefacenti. Da mesi la cantante soffriva di un fibroma all’utero, per questo assumeva farmaci anticoagulanti.
Il 15 maggio il corpo fu cremato, secondo le volontà di Mia Martini, successivamente il caso fu archiviato. Ai suoi funerali, a Busto Arsizio, presero parte quattromila persone. La sua bara era coperta da una bandiera del Napoli, la squadra per cui faceva il tifo. Per volontà del padre, le ceneri vennero tumulate a Cavaria con Premezzo, accanto ai nonni.
Troppi lati oscuri in questo suicidio, visti i tanti progetti che Mia Martini – al secolo Domenica Rita Adriana Bertè detta Mimì, nata a Bagnara Calabra il 20 settembre 1947 – aveva in fase di realizzazione. «La musica che mi gira intorno» improntato alla rilettura di vari autori e generi musicali: dai classici napoletani (un disco che si sarebbe dovuto chiamare «Napoli Mia») a quelli più moderni di Pino Daniele (autore da lei amatissimo, che aveva volutamente tralasciato nell’ultimo album per dedicargli un capitolo discografico a sé) fino al tributo a Tom Waits. Nel marzo 1995, due mesi prima della sua morte, Mia Martini annuncia al suo fan club Chez Mimì di voler realizzare un album dedicato completamente alla Luna, dal titolo «Canto alla luna» (brano del 1978 scritto per lei da Ivano Fossati e pubblicato nell’album «Danza»). I brani che quest’album doveva racchiudere sono i seguenti: “Canto alla luna”, “Dillo alla luna”, “Verde luna”, “Luna rossa”, “Blue moon”, “Luna bianca” e due inediti ancor’oggi come “Alla luna”, scritta per lei da Franco Fasano e “Luna sciamanna” di Mimmo Cavallo. Per il 1996 era prevista anche una collaborazione con Mina, che Mia Martini ha definito «la più grande artista che abbiamo in Italia». Erano legate da un rapporto di amicizia e stima, più volte confermato dalla Martini nel corso degli anni. Sarà proprio Mina, a pochi mesi dalla scomparsa della collega, la prima cantante a dedicarle un omaggio discografico nell’album «Pappa di latte» dove è inserita una sua personale versione di “Almeno tu nell’universo”.
La sorella minore, Loredana Bertè, che con la sorella condivide lo stesso giorno e mese di nascita ma in anno diverso, affermò in un’intervista del 2009 che nella morte di sua sorella avrebbe avuto un ruolo importante proprio il padre. In una intervista successiva Loredana Bertè tornò sull’argomento, rimarcando la sua convinzione che Mimì fosse stata uccisa di botte dal padre. Tale convinzione è corroborata dalla risaputa violenza di Giuseppe Bertè (dall’intervista emerge che l’uomo, a detta della figlia, picchiasse la prima moglie) ma soprattutto al fatto che, a detta della sorella, il corpo di Mimì fosse ricoperto di lividi e che la sua salma fosse stata cremata dopo troppo poco tempo dal giorno del decesso.
La carriera di Mia Martini era cominciata quasi per caso. Era la secondogenita di quattro figlie. Il padre si trasferì nelle Marche per motivi di lavoro, così Mimì trascorse infanzia e adolescenza a Porto Recanati, nel maceratese.
Nei primissimi anni cinquanta il mondo della canzone italiana era dominato dalla diffusione della radiofonia. La giovanissima Mimì decise di intraprendere una specie di carriera semi-dilettantistica come cantante all’interno di balere e feste, e dopo aver effettuato diverse serate come “voce” intrattenitrice e aver tentato alcuni piccoli concorsi per voci nuove, nel 1962 convinse la madre ad accompagnarla a Milano in cerca di un provino, per ottenere alla fine un contratto discografico. Il discografico Carlo Alberto Rossi fu l’unico disposto a metterla alla prova e dopo poco tempo decise di lanciarla come ragazzina ye-ye secondo la moda del momento, facendole incidere nel 1963 col suo vero nome, Mimì Berté, i primi 45 giri fra cui «Ombrello blu». con cui la cantante partecipa al Festival di Pesaro in abbinamento con Marisa Terzi.
Da quel momento l’ascesa di Mimì Bertè fu quasi inarrestabile: nel maggio 1964 vinse il Festival di Bellaria con la canzone «Come puoi farlo tu» raggiungendo poi una certa notorietà con il brano «Il magone». Seguì una certa attenzione da parte di giornali e tv, nonché un altro discreto successo, «Ed ora che abbiamo litigato». I numerosi provini realizzati in quel periodo, in previsione di un album, rimasero nel cassetto per quasi trent’anni: Carlo Alberto Rossi auspicò una sua crescita musicale e la spinse a firmare per una casa discografica più grande, la Durium. Nel 1966 uscì il 45 giri «Non sarà tardi / Quattro settimane» ma l’interesse del pubblico fu piuttosto scarso.
Quell’immagine fin troppo leggera era assolutamente inadatta alla giovane Mimì che già si ispirava alla vocalità di Etta James e Aretha Franklin. Trasferitasi a Roma con madre e sorelle, tentò di emergere nuovamente assieme alla sorella Loredana e al suo amico Renato Fiacchini (prima che assumesse il nome di Renato Zero), guadagnandosi da vivere con vari lavori, fra cui un modesto impiego presso il sindacato dei cantanti e dei cantautori. Nel 1969 scontò quattro mesi di carcere a Tempio Pausania per possesso di droghe leggere; da questa accusa venne successivamente prosciolta. Conseguentemente venne bloccata la pubblicazione del 45 giri «Coriandoli spenti», inciso qualche mese prima e destinato a rimanere inedito per oltre trent’anni (oggi uno dei dischi più rari in assoluto). Nel 1970 partecipò come corista, insieme a Loredana e ai Cantori Moderni di Alessandroni, al disco «Per un pugno di samba», inciso durante il soggiorno a Roma da Chico Buarque de Hollanda, di cui la cantante sarà sempre grande estimatrice. Il pianista Toto Torquati convinse Mimì a tornare a esibirsi affrontando un repertorio più congeniale al suo timbro vocale.
Fu cosi che vide la luce la nuova Mia Martini. L’incontro con il produttore discografico Alberigo Crocetta si rivelò determinante: il fondatore del Piper decise di lanciarla in ambito internazionale con un nuovo nome, Mia Martini: Mia come Mia Farrow (attrice da lei prediletta) e Martini scelto fra i tre nomi italiani più famosi all’estero (spaghetti, pizza e Martini, appunto).
Il look si fa più zingaresco, con i numerosi anelli e l’immancabile bombetta. Nel 1971 esce «Padre davvero», il primo brano pubblicato come Mia Martini.Il testo (di Antonello De Sanctis) tratta di un conflitto generazionale tra padre e figlia e viene subito giudicato dissacrante, incappando nella censura radio-televisiva. Ma l’interpretazione innovativa riscuote comunque parecchio interesse, tanto da ottenere la vittoria al Festival di Musica d’Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio. Sul retro di questo primo 45 giri c’è «Amore… amore… un corno», altro brano d’impatto scritto da un giovanissimo Claudio Baglioni e da Antonio Coggio. Lo stesso Baglioni scrive anche «Gesù è mio fratello» e la profetica «Lacrime di marzo» (facciata B del precedente) canzoni che trovano posto nell’lp «Oltre la collina». L’album, il primo della cantante, pubblicato nel novembre 1971, è considerato fra i migliori lavori mai realizzati da una donna, nonché uno dei migliori della discografia d’autore. E’ anche uno dei primi esempi di “concept album” italiani: fili conduttori sono la disperazione e la solitudine giovanile con in evidenza la religiosità, la malattia e il suicidio.
Mia Martini ottiene l’attenzione di Lucio Battisti, che la vuole nel suo unico special televisivo «Tutti insieme» in cui Mia canta dal vivo «Padre davvero»… in versione censurata.
Alberto Crocetta se ne andò dalla RCA e Mia Martini decise di seguirlo alla Ricordi. Incise «Piccolo uomo», scritta da Bruno Lauzi e Michelangelo La Bionda,. Il brano arriva al vertice delle “hit parade”, è la consacrazione.
Nel 1973 incide «Minuetto», composto da Dario Baldan Bembo. Venne contattato Franco Califano, il quale riuscì a cucire addosso a Mia Martini e al suo personaggio la storia ideale per un successo oramai senza tempo. «È un’incognita ogni sera mia, / un’attesa pari a un’agonia / Troppe volte vorrei dirti no, / poi ti vedo e tanta forza non ce l’ho / Il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no / Le mani tue, strumenti su di me / che dirigi da maestro esperto quale sei». Un arrangiamento di ottimo livello, a supporto della complessa partitura di Baldan Bembo, in cui si possono individuare diverse atmosfere musicali: dalla citazione classica di Bach alle ballate pop d’oltreoceano. «Minuetto», in assoluto la sua canzone più venduta, le vale un nuovo disco d’oro, nonché la seconda vittoria consecutiva al Festivalbar.
In autunno Mia Martini partecipa nuovamente alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia con «Bolero e Il guerriero». Le due canzoni troveranno posto all’interno del nuovo lp «Il giorno dopo» che contiene anche «Ma quale amore», scritta da Antonello Venditti, «La malattia», sul tema allora censuratissimo della tossicodipendenza, e «Dove il cielo va a finire», probabilmente uno dei brani più significativi della sua carriera, scritto da Maurizio Fabrizio.
Nel 1974 Mia Martini è considerata dalla critica europea la cantante dell’anno. I suoi dischi escono in vari Paesi: registra i suoi successi in francese, tedesco e spagnolo, ottenendo consensi significativi anche all’estero, in particolare in Francia, dove viene paragonata a Edith Piaf nientemeno che da Charles Aznavour.
Il 29 aprile termina di incidere «È proprio come vivere». È anche autrice, insieme a Giorgio Conte e Dario Baldan Bembo, del brano «Agapimu», in greco. A ottobre riceve dalla Ricordi il “Disco d’oro” per il milione di dischi venduti negli ultimi tre anni.
Nel 1975 la Rai manda in onda il suo primo special intitolato semplicemente «Mia», con la partecipazione di Lino Capolicchio e Gabriella Ferri. Riceve il Premio della Critica Europea a Palma di Maiorca per il brano «Nevicate» dall’lp «Sensi e controsensi», uno dei più amati dall’artista, in cui compare anche «Volesse il cielo» di Vinicius De Moraes.
Proprio per i continui trionfi, la Ricordi obbliga Mia Martini a incidere canzoni di esclusiva edizione dell’etichetta stessa: l’album «Un altro giorno con me», pubblicato nell’autunno 1975, risulta assai più commerciale dei precedenti e la Martini sembra molto contrariata dalla situazione. Lasciata la Ricordi, dove ormai si sentiva prigioniera, torna alla RCA, per la quale realizza «Che vuoi che sia… se ti ho aspettato tanto»..
Charles Aznavour la vuole con lui all’Olympia, tempio della musica in Francia, in un recital, dove Mia Martini riscuote un grande successo.
Poi realizza l’album «Per amarti», nel quale collabora per la prima volta col cantautore Ivano Fossati, dando inizio a un sodalizio artistico e un legame sentimentale decisivi per la sua vita e la sua carriera. Nel pieno della storia d’amore con Fossati, valuta i progetti che le interessano davvero, a prescindere dal prestigio che possano recarle: «Nel corso di questi anni ho finito per impersonare il tipo della cantante sofisticata per pochi eletti, che cantava all’Olympia e che sembrava snobbare il pubblico che le aveva dato il successo, per ricercare chissà quali traguardi più elevati… Non è vero niente».
Il 12 gennaio 1978 conclude la tournée con Aznavour. Mia Martini passa alla Warner e in estate pubblica «Vola» di Ivano Fossati, preludio di una seconda e ben più importante collaborazione che si concretizza in «Danza», album di grande spessore, con testi e musiche sempre di Fossati. «Canto alla luna» e soprattutto «La costruzione di un amore» rimarranno a lungo nel repertorio dell’artista. Ma i rapporti con Fossati si complicano e sfuma una sospirata collaborazione con Pino Daniele. La stessa Mia Martini ricorderà questo particolare periodo della sua vita in un’intervista di Ivana Zomparelli (pubblicata su «Noi Donne» nel maggio 1990): «Intanto era iniziato su basi sanguinolente e catastrofiche il rapporto con Ivano Fossati. E avevo il mio bel da fare con questo campo minato. Avevo un contratto con un’altra casa discografica e ho dovuto romperlo a causa sua. Perché era geloso, dei dirigenti, dei musicisti, di tutti. Ma soprattutto era geloso di me come cantante. Diceva che mi voleva come donna, ma non era vero perché infatti non ha voluto nemmeno un figlio da me, e la prova d’amore era abbandonare del tutto anche la sola idea di cantare e distruggere completamente Mia Martini. Io ero combattuta, non riuscivo a farlo. Il fatto che ci fossero tutti quei debiti da pagare era il mio alibi per non smettere. Ma quando si è opposto violentemente alla collaborazione con Pino Daniele, alla quale tenevo moltissimo, per un album che dovevo fare, questa lotta fra me donna e Mia Martini è diventata una cosa feroce. E infatti quando sono andata in sala registrazione per incidere il disco, senza Pino Daniele, mi è andata via la voce. Mi sono ritrovata con le corde vocali imprigionate in una spessa membrana formata da noduli. Pare che sia una cosa rarissima. Ci sono voluti due interventi chirurgici. Sono stata muta un anno. E non si sapeva se sarei potuta tornare a cantare. Ho ricominciato, con fatica…».
Nel 1981 – dopo un anno sabbatico, segnato da una difficile operazione alle corde vocali, che ne modifica drasticamente il timbro in favore di una voce più roca – Mia è decisa a proporsi anche come cantautrice, presentandosi con un look più discreto e maschile, lontano anni luce da quello eccentrico degli anni settanta. Realizza per la Ddd di Roberto Galanti l’album «Mimì»: dieci brani quasi interamente scritti da lei e registrati fra Londra e gli Usa con gli arrangiamenti di Dick Halligan. I risultati sono sorprendenti e variano le atmosfere musicali: degne di nota «Parlate di me», «Sono tornata» e «Del mio amore».
Nel 1982 arriva il vero rilancio discografico con la prima partecipazione di Mia al Festival di Sanremo, dove interpreta ancora una canzone scritta da Ivano Fossati, intitolata «E non finisce mica il cielo». Nello stesso anno scrive uno dei suoi testi in assoluto più validi, «Quante volte», su musica e arrangiamento soft-funk di Shel Shapiro, il quale produce «Quante volte… ho contato le stelle», nuovo lp con il quale Mia Martini sembra riavvicinarsi ai risultati di vendita del decennio precedente, superando le 70.000 copie vendute.
Nell’album, che la cantante dedica al padre, compaiono altri brani firmati da lei: «Stelle», «Bambolina» e il testo di «Vecchio sole di pietra» su musica di Fossati (episodio del tutto eccezionale nella carriera di quest’ultimo, abituato a scrivere testi e musiche delle sue canzoni). Fra gli altri autori compaiono Riccardo Cocciante, Mimmo Cavallo (con il quale aveva intrapreso una collaborazione due anni prima), e Gianni Bella (di cui riprende «Nuova gente» con testo di Mogol) oltre all’affezionato Maurizio Piccoli che firma «Solo noi».
Alla fine del 1983 annuncia il ritiro dalle scene a causa delle dicerie che la davano come “portatrice di sventura”, iniziate almeno una decina di anni prima e divenute ormai insostenibili proprio negli ultimi periodi.
«La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che un manager mi scongiurò di non partecipare a un festival, perché con me nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti. Eravamo ormai arrivati all’assurdo, per cui decisi di ritirarmi… La delusione più cocente me la diede Gianni Boncompagni, un amico per l’appunto. Una volta fui ospite a Discoring, lui era il regista. Appena entrai in studio sentii Boncompagni che diceva alla troupe: ragazzi attenti, da adesso può succedere di tutto, salteranno i microfoni, ci sarà un black out»: così disse in un’intervista.
Ritornò sulle scene solo qualche anno dopo, nel 1989, quando alcuni dei discografici che l’avevano seguita all’inizio (Lucio Salvini e Giovanni Sanjust in particolare) riescono a convincerla. La canzone «Almeno tu nell’universo» (scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio nel 1972, quasi in contemporanea a “Piccolo uomo”, e depositata nel 1979) era rimasta inedita, in seguito al desiderio di Lauzi di affidarla solamente a Mia. L’amico di sempre Renato Zero convince l’allora direttore artistico del Festival di Sanremo, Adriano Aragozzini, a far gareggiare Mia Martini con questa canzone. L’interpretazione suscita gli entusiasmi del pubblico e le vale per la seconda volta il Premio della Critica, trionfo che pone fine a un altro dei periodi bui: «Erano sette anni che non potevo più fare il mio lavoro, per cui ho avuto momenti di grande depressione. E in quel momento ho sentito fisicamente questo abbraccio totale di tutto il pubblico, l’ho sentito proprio sulla pelle. E’ stato un attimo indimenticabile».
Il successo di Sanremo la incoraggia a intraprendere una vera tournée e incidere l’l «Martini Mia» per la sua nuova casa, la Fonit Cetra: un lavoro realizzato a tempo di record, che racchiude canzoni come «Notturno», divenuta nel tempo un piccolo classico, e «Donna», scritta due anni prima da Enzo Gragnaniello.
Negli anni Novanta è ancora protagonista di grandi successi come «La nevicata del ’56», «Gli uomini non cambiano» e «Cu ‘mmè» in duetto con Roberto Murolo.
Una vita artistica durata 32 anni, costellata da periodi grandiosi alternati a momenti di buio totale. Risulta molto difficile credere che una persona, sempre risollevata si da tutte le batoste subite, abbia alla fine scelto di morire per un’overdose. Forse è stata davvero occidentale, come si ipotizzò in fretta e furia, quasi con un timore reverenziale. Nessun tipo di approfondimento, l’inchiesta iniziò e terminò in un battito di ciglia.
Mia Martini continua a vivere sulle onde musicali della sua arte e nel cuore di coloro che la amano.
Bibliografia
Menico Caroli, “Il mio canto universale”, Firenze, Tarab, 1999.
Dario Salvatori, “Dizionario delle canzoni italiane”, Roma, Elleu Multimedia, 2001.
Pippo Augliera, “Mia Martini. La regina senza trono”, Napoli, Guida, 2005.
Marcello M. Giordano, Leda Berté, “Il caso Mia Martini”, Roma, Herald, 2006.
Dario Salvatori, “Il grande dizionario della canzone italiana”, Milano, Rizzoli, 2006.
Giorgio Nobis, “La mia Mimì. Il mio viaggio con Mia Martini”, Torino, Seneca, 2007.
Carlo Mandelli, “Mia Martini. Come un diamante in mezzo al cuore”, Roma, Arcana, 2009.
Menico Caroli, Guido Harari, “Mia Martini. L’ultima occasione per vivere”, Milano, TEA, 2009.
Pippo Augliera, “Mia Martini. La voce dentro”, Arezzo, Zona, 2011.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Qualche volta il tema è più leggero… che sorridere non fa male, anzi.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 14 maggio avevo, fra l’altro, ipotizzato: 1097: assedio di Nicea; 1441: una storia raccontata da Sebastiano Vassalli in «Stella avvelenata»; 1610: ucciso Enrico IV di Francia; 1686: nasce Fahrenheit; 1771: nasce Robert Owen; 1796: vaccino di Jenner; 1904: eccidio di Codignola; 1912: muore Strindberg; 1931: Toscanini rifiuta di eseguire «Giovinezza»; 1940: muore Emma Goldman; 1979: in orbita Skylab; 2008: Ponticelli, pogrom anti-rom… e chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)