Scordata: 25 luglio 1984

muore Vladimir Vysotsky,

di franz (*)

nel 1993, a Vladimir, viene assegnato il premio Tenco.

dopo che lo ascolti la prima volta, Vladimir Vysotsky non te lo dimentichi più, promesso.

 

…Il 25 luglio 1980, mentre si stanno svolgendo le Olimpiadi di Mosca, Vladimir Vysotsky muore per un arresto cardiaco. I suoi funerali diventano una spontanea manifestazione di massa, con una fila di 9 chilometri che segue il suo feretro…

da qui

 

Vladimir Vysotsky (Vysockij) era nato il 25 gennaio 1938 nel centro di Mosca, figlio di un sottotenente di carriera e di una interprete di tedesco. E’ un periodo terribile nella storia Sovietica, il momento delle grandi “purghe” staliniane. Nel 1946 i genitori divorziano, e l’anno seguente il padre viene trasferito in Germania Est, dove conduce il piccolo Vladimir insieme alla sua nuova compagna, una donna armena. Nel 1949 tornano a Mosca. Gli anni scolastici scorrono tranquilli, finché nell’ultimo anno di liceo comincia a frequentare un circolo di teatranti. Vorrebbe continuare, ma suo padre si oppone e lui si iscrive ad un corso di ingegneria.

Viene spedito in campagna. Nel 1956 viene subito bocciato al primo esame, e lì capisce che è inutile sforzarsi. Studia per entrare nell’istituto di teatro e nulla lo distoglie da questo, neanche i tragici fatti del 1956. Una volta entrato studia accanitamente l’uso della voce, anche se all’epoca viene ritenuto assolutamente inadatto al canto. Il 1960 è un anno importante. Si sposa con Iza, una compagna di corso, dalla quale divorzia l’anno seguente; incontra Aleksandr Galich, il poeta chansonnier che, con Bulat Okudzhava, ha lanciato in Unione Sovietica la poesia popolare cantata. “Grattando” la sua chitarra a sette corde, Vysotsky inizia così a cantare canti di prigione e di malavita. E nello stesso anno debutta in ruoli minori sia al teatro che al cinema. Nel 1961 scrive la sua prima canzone, intitolata “Il Tatuaggio”. Già in queste prime fasi, quasi per gioco, un suo amico registra le sue canzoni e gradualmente inizia una sorta di distribuzione “porta a porta” che contraddistinguerà tutta la sua vita.

Le sue canzoni cominciano a circolare, anche se il suo nome è ancora sconosciuto. Già nel 1963, a Vysotsky capita di sentire alcune sue canzoni rimanipolare e cambiate nelle strade di Mosca. In quello stesso anno si sposa per la seconda volta, con Ljud’mila Abramova, conosciuta sul set di un film a Leningrado, ma soprattutto inizia quella specie di “fuoco sacro” che lo porta a produrre e scrivere instancabilmente.

Nel 1964 un provino per Ljubimov, direttore del prestigioso teatro Taganka. Curiosamente, Ljubimov non è convinto delle sue doti di attore, ma lo prende con sé perché affascinato dalle sue canzoni che cominciavano ad essere già note. Ma già nel 1965 è a pieno titolo uno degli attori principali del Taganka, dove svolgerà ruoli memorabili: Kerenskij nei “Dieci giorni che sconvolsero il mondo”, e poi soprattutto “Galileo” di Brecht. Esce il suo primo disco, colonna sonora del film “Verticale”. Nel 1967 interpreta il ruolo di Majakovskij in una pièce intitolata “Ascoltate Majakovskij”, e poi il Pugachëv di Esenin. E’ il suo trionfo come attore. Marina Vlady descrive così la scoperta di questo attore: “Sul palcoscenico si dibatte e urla un uomo a torso nudo, con le braccia e il petto stretti dalle catene. L’impressione è terrificante. Sul piano inclinato del palco altri quattro uomini tendono le catene che hanno la duplice funzione di rete e di lacci…Come tutti gli spettatori, anch’io sono scossa dalla forza dell’attore, dalla sua disperazione e dalla sua voce incredibile. La sua presenza sulla scena getta nell’ombra tutti gli altri: solo lui sembra captare la luce. Il pubblico, in piedi, applaude calorosamente.” Vysotsky diventa un idolo, un attore leggendario.

L’anno seguente l’incontro con Marina Vlady diventa un grande amore che andrà avanti fino alla fine, in mezzo a mille difficoltà di ordine pratico e logistico. Per Vysotsky è un periodo di instancabile frenesia lavorativa. Recita, scrive, compone in continuazione, giorno e notte. Nel contempo è il momento in cui in Russia si vuol dare una stretta contro gli intellettuali indisciplinati. Ci sono processi, e contro Vysotsky, in modo più o meno diretto, viene organizzata una campagna stampa contraria. Da allora in poi le autorità scelgono la strada di un sistematico boicottaggio. Gli verrà negato ogni riconoscimento; cosa che logorerà progressivamente la sua tenuta nervosa. Vysotsky diventa una specie di “uomo invisibile”: non viene ammesso nell’Unione degli Scrittori, si cerca ogni espediente per annullargli i concerti e, naturalmente, niente dischi, a parte cinque 45 giri in 25 anni di attività, con le canzoni più anodine e insignificanti. Gli restano i concerti, ed era capace di farne quattro in un giorno solo, sempre a patto che qualche solerte funzionario non facesse in tempo a proibirlo. Nel contempo si susseguono delle pericolose e deliranti sbronze che ne minano fortemente la salute. E’ indisciplinato e spesso inattendibile, e questo gli crea problemi con Ljubimov. Nel 1970 inserisce in uno spettacolo la canzone “La caccia ai lupi” (Ohota na volkov), destinata a diventare uno dei suoi maggiori successi, una favola sulla libertà.

Il 1º dicembre 1970 si sposa con Marina Vlady, ma la coppia dovrà aspettare cinque anni per avere un appartamento proprio. Nel 1971, dopo aver litigato con Ljubimov e la Vlady per le sue intemperanze, si impegna a fondo per l’ “Amleto” del Taganka, e sarà uno dei suoi ruoli più memorabili. L’eterodossia era palesata già dal fatto che, nella parte di Amleto, Vysotsky imbracciava la sua chitarra. E’ un ruolo che perfezionerà fino alla fine, l’ultimo che ha recitato prima di morire. Nel 1975, grazie all’intercessione della Vlady, che nel frattempo si era iscritta al Partito Comunista Francese, ottiene un visto d’uscita e inizia un periodo di grandi viaggi. Ma proprio come Arkadij Renko, non pensa mai di fuggire. Sa bene, come dice lui stesso, di non esistere senza il suo popolo e senza il suo paese. Ma i viaggi continui e la sua sempre maggiore irregolarità lo portano lontano dalla disciplina del teatro, col quale si reincontrerà sempre in maniera travagliata. Nel 1977 recita l’Amleto in Francia, ma scompare all’improvviso e viene ritrovato all’alba completamente ubriaco. Col passare del tempo diventa sempre più ossessionato dalla mancanza di tempo, come se presagisse la fine imminente. Nel 1979 viene salvato in extremis dopo una crisi cardiaca; al bere si è aggiunta la dipendenza dalla morfina. E’ il colpo di grazia.

Il 25 luglio 1980, mentre si stanno svolgendo le Olimpiadi di Mosca, Vladimir Vysotsky muore per un arresto cardiaco. I suoi funerali diventano una spontanea manifestazione di massa, con una fila di 9 chilometri che segue il suo feretro. Da allora la tomba di Vysotsky è meta di continui pellegrinaggi.

Ma la sua biografia continua anche dopo la morte. Ripetutamente, anno dopo anno, a Jurij Ljubimov è stato proibito di organizzare delle commemorazioni fino alla fine, nel 1991, dell’Unione Sovietica.

Solo nel 1987, con la “Perestrojka” gorbacioviana, sono arrivati i primi riconoscimenti ufficiali e le sue canzoni sono state pubblicate su disco; è stato persino creato un “Museo Vysotsky”, fatto singolare e forse poco adatto alla sua figura, fatto peraltro da lui già intuito nelle poesia “Il Monumento”.

da qui

 

 

QUI le poesie/canzoni di Vladimir Vysotsky, edite da “Millelire” di “Stampa Alternativa”, di Baraghini

 

QUI i testi di tante sue canzoni

 

LA CACCIA AI LUPI

Sono stremato, ho i tendini a pezzi,
Ma oggi, ancora come ieri
Sono braccato. Braccato!
I tiratori, allegri, corrono ad appostarsi.

Dietro gli abeti un tramestio di fucili a canne doppie,
I cacciatori sono acquattati nell’ombra,
I lupi si rotolano sulla neve
Trasformandosi in bersagli viventi.

La caccia ai lupi! La caccia!
Ai predoni grigi, vecchi, e ai cuccioli.
I bracconieri urlano e i cani latrano fino alla nausea,
Sangue sulla neve e macchie rosse delle bandierine.

I cacciatori non giocano alla pari
Con i lupi, e le loro mani non tremano!
Hanno accerchiato la nostra libertà con le bandierine,
Ci colpiscono con certezza, sicuri di centrare il bersaglio.

Il lupo non può rompere le tradizioni.
Noi lupacchiotti, da piccoli, cuccioli ciechi
Abbiamo succhiato la lupa,
E con il suo latte, il divieto di oltrepassare le bandierine.

La caccia ai lupi! La caccia!
Ai predoni grigi, vecchi, e ai cuccioli.
I bracconieri urlano e i cani latrano fino alla nausea,
Sangue sulla neve e macchie rosse delle bandierine.

Le nostre zampe e le nostre mascelle sono veloci.
E rispondi, tu che sei il capo branco,
Perché ci avventiamo, braccati, contro i loro fucili
E non cerchiamo di trasgredire il divieto?

Il lupo non può, non deve agire diversamente.
Ecco, è arrivata la mia ora.
Colui al quale sono destinato
Sorride e solleva il fucile.

La caccia ai lupi! La caccia!
Ai predoni grigi, vecchi, e ai cuccioli.
I bracconieri urlano e i cani latrano fino alla nausea,
Sangue sulla neve e macchie rosse delle bandierine.

Ho rifiutato di obbedire,
Ho oltrepassato le bandierine – la sete di vita è più forte!
Ho solo sentito dietro di me, con gioia
Le grida di stupore degli uomini.

Sono stremato, ho i tendini a pezzi,
Ma oggi, non sono come ieri!
Sono braccato. Braccato!
E i cacciatori sono rimasti a mani vuote.

La caccia ai lupi! La caccia!
Ai predoni grigi, vecchi, e ai cuccioli.
I bracconieri urlano e i cani latrano fino alla nausea,
Sangue sulla neve e macchie rosse delle bandierine.

(Versione italiana di Riccardo Venturi)

da qui

 

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=QoA91eh1bbM]

La caccia ai lupi, canta Vladimir Vysotsky

 

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=_n-HF02WtVg]

La caccia ai lupi, canta Eugenio Finardi

 

Nel primo episodio della serie di cartoni animati Nu, pogodi!, il Lupo fischietta una canzone di Vladimir Vysockij, deprecata all’epoca (1969) dalle autorità sovietiche  (qui).

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=43YTLR7wKOk]

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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