27 aprile 1937: muore Antonio Gramsci
di Mauro Antonio Miglieruolo
Ho appreso, dal “Fatto Quotidiano” del 22 aprile, particolari sulle sofferenze fisiche di Gramsci (Antonio Francesco Sebastiano Gramsci: Ales, 22 gennaio 1891–Roma, 27 aprile 1937) che lo hanno afflitto sin da bambino; e castigato da adulto. Il primo dei quali è lo stesso male che ha contribuito all’infelicità di Giacomo Leopardi, il morbo di Pott; tubercolosi ossea che provocava deformazioni fisiche nella colonna vertebrale e che l’universo medico di allora suggerì di contrastare con metodi che costituivano vere e proprie torture.
Antonio sopravvisse al rigurgito di medioevo medico nella provincia sarda di allora, sopportò quel male e altri che con il tempo sopravvennero; la tempra dell’uomo era tale che non accettò di lasciarsi abbattere e neppure diminuire, assecondando l’ordinaria tendenza del corpo il quale, quando soffre, zittisce l’intelligenza o quantomeno la ridimensiona. Gramsci invece non solo visse appieno la sua esistenza di uomo e militante, ma del Partito Comunista d’Italia (Teatro San Marco a Livorno il 21 gennaio 1921 – vedi nota 1, a fine paragrafo) e del Movimento Comunista mondiale fu uno dei più brillanti dirigenti, il più importante quanto a originalità e profondità di elaborazione. Un pensiero vivo quello di Gramsci, in controtendenza con il determinismo e volontarismo (Stalin) dell’epoca; anche se soffrì, come tutti, i limiti dello storicismo che, insieme all’economicismo, compose il cancro teorico che distrusse dall’interno l’Internazionale Comunista. È la prevalente presenza di queste due “deviazioni” che permettono, morto Lenin, allo stalinismo di trionfare sul versante teorico, presupposto per il predominio politico-organizzativo.
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Nota 1: degli Ordinovisti nel comitato centrale del nuovo partito entrarono a far parte lo stesso Gramsci, che ne sarà il segretario, e Terracini; per e tra gli astensionisti Amadeo Bordiga, Ruggero Grieco e Bruno Fortichiari; per gli ex massimalisti a parte Egidio Gennari e Luigi Repossi – insieme ad altri – è da notare la “singolare personalità” di Nicola Bombacci che, espulso dal partito una prima volta nel 1923 e poi definitivamente nel 1927, negli anni ’30 si avvicinò al fascismo, per diventare – dopo la fondazione della Repubblica di Salò, consigliere personale di Mussolini fino all’ultimo, anche quando era ormai chiara la inevitabile sconfitta del fascismo. Fu catturato insieme a quest’ultimo e fucilato, in quanto supertraditore a Dongo dai partigiani. Indecente e pur ammirevole (in un’Italia in cui vige la vocazione al servilismo. All’arrivismo e all’opportunismo), deformazione culturale e intellettuale, che ha dato luogo a un abbaglio che ancora oggi i nostalgici del tragico ventennio sperano di ripetere utilizzando parola d’ordine “rivoluzionarie” atte a catturare le menti meno attente e meno critiche di sinistra.
A questo proposito c’è una cartina di tornasole in grado di svelare la vera natura delle offerte della destra estrema che si maschera con parole d’ordine solo all’apparenza di sinistra. I contenuti di quelle parole d’ordine tendono a determinare un aumento del potere dei lavoratori rispetto la loro condizione immediata e storica (e per altro sono effettivamente praticati? questi gruppi invitano sistematicamente ad appoggiare gli scioperi operai? Difendono i picchetti dalle aggressioni poliziesche e delle squadracce padronali? Manifestano insieme alle masse, o invece si tratta di fumo negli occhi per guadagnare consensi o anche solo attenuare l’antifascismo militante?). Questo potere inoltre deve essere effettivo, deve tendere a stabilire gradi di autonomia operaia; mai essere condizionato dalla accettazione di una dittatura reazionaria, o una dittatura democratico borghese, oppure anche solo soggetta alla volontà di un partito (fosse pure un partito comunista: ai comunisti spetta la direzione, non imporre decisioni). In termini meno analitici ma direttamente politici, al fondo di ogni offerta politica, da qualunque parte provenga, c’è o meno l’accettazione del principio della Dittatura Proletaria (la più avanzata forma di democrazia possibile, prima del comunismo realizzato)? Parlate a un fascista che si finge di sinistra di soviet e notate come reagisce. A meno che non si tratti di un infiltrato, non passerà molto che si verrà alla mani.
In quest’ottica Bambacci, mi si passi una tantum l’insulto, era un uomo molto intelligente che viveva da cretino.
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Amadeo Bordiga che di Gramsci era il principale e più brillante avversario politico (tra i due vi fu sempre collaborazione e amicizia, nonostante i contrasti politici), commentando un incontro con Lenin, ebbe a dire: “la cosa non restò senza effetto; maestro ed allievo non erano da dozzina”. Ma ciò che più importa (e che Bordiga, nonostante l’apporto di singole critiche non “da dozzina”, non è mai riuscito a capire) è la ventata di novità che il suo antagonista aveva introdotto nel marximo mondiale. L’idealismo crociano di cui lo si accusa, e si è accusato i militanti del Manifesto, si era tradotto in un pensiero aperto e coraggioso, che puntava alla ricerca di vie nuove, di vie che permettessero di uscire dai vicoli ciechi in cui il marxismo della Terza Internazionale aveva cacciato l’intero movimento comunista. È l’essenza di questo pensiero che lo ha condotto in carcere e lo ha condotto alla morte nel 1937. In carcere, dove Stalin lo lasciò marcire, senza effettuare alcun serio tentativo per ottenerne la liberazione (ometto, per carità di patria, di soffermarmi sulle circostanze del suo arresto; Gramsci stesso – vado a memoria – a proposito parlò di un “orribile sospetto”).
Un contributo dunque, quello di Gramsci, non certo una rifondazione (lo preciso per escludere che si possa partire da questo pensiero per elaborare la strategia rivoluzionaria del futuro intellettuale collettivo); uno suo specifico che, simile all’estensione del marxismo operato da Lenin, introduceva nel dibattito elemento che avrebbero potuto offrire più ampi strumenti di interpretazione dei compiti dei rivoluzionari di ieri; e che può fornire preziose indicazioni su come agire nello stato odierno di capitalismo maturo.
Gli elementi essenziali di questo pensiero: il concetto di egemonia, le riflessioni sul ruolo degli intellettuali e le classi subalterne, l’attenzione prestata alla cultura e al ruolo che può svolgere nella diffusione dei punti di vista proletari atti a unificare intorno al proletariato le masse sfruttate e oppresse.
Bisogna per altro dire che i compiti assillanti per la costruzione dell’intellettuale collettivo, gli impegni quotidiani della lotta economica e politica, nelle quale le forze sono sempre sottodimensionate rispetto ai bisogni, hanno determinato scarsa attenzione (che in una certa misura dipende da sottovalutazione) al ruolo che la cultura in genere e l’arte in particolare possono svolgere per favorire la penetrazione tra le masse di valori e visioni del mondo alternativi. Quali la cooperazione, la solidarietà, i diritti del lavoro, la realizzazione degli interessi individuali attraverso quelli collettivi, la formazione della personalità attraverso la lotta per l’emancipazione di tutti; in contrasto con l’egoismo e l’egocentrismo, il cinismo e la futilità borghese. Cioè, in buona sostanza, mettere al centro la Persona e non il consumatore, il gruppo e non l’individuo. Può proporselo però solo chi si collochi in una concezione fortemente antidetermionistica come quella gramsciana.
Per concludere riporto qui sotto, a comprova dell’interesse di Gramsci per la cultura sotto l’aspetto della letteratura, e delle modalità da critico letterario che adopera (al volo preciso che è stato il primo comunista che si sia interessato di fantascienza, che lui definiva “romanzo scientifico di avventure”), quanto scritto a proposito della commedia pirandelliana “Pensaci Giacomino”: “è tutto uno sfogo di virtuosismo, di abilità letteraria, di luccichii discorsivi. I tre atti corrono su un solo binario. I personaggi sono oggetto di fotografia piuttosto che di approfondimento psicologico: sono ritratti nella loro esteriorità più che in una intima ricreazione del loro essere morale. È questa del resto la caratteristica dell’arte di Luigi Pirandello, che coglie della vita la smorfia, più che il sorriso, il ridicolo, più che il comico: che osserva la vita con l’occhio fisico del letterato, più che con l’occhio simpatico dell’uomo artista e la deforma per un’abitudine ironica che è l’abitudine professionale più che visione sincera e spontanea.”
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MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega