SCRIVERE ACCUCCIATO
di Pabuda
stamattina ho visto un ragazzo
scrivere,
accucciato sul gradino di marmo
della chiesa sbarrata,
parrocchia chiusa al puzzo e alle voci
dietro al banco del pesce:
con fatica
per segnare sul cartone
il prezzo stracciato
del prodotto di stagione:
lo zero del dieci
usciva un po’ storto
dal pennarello nero tra i guanti
soprattutto
per colpa di quell’uno
troppo dritto, fatto per primo.
così, voltando la testa
e alzando lo sguardo di storto,
il ragazzo
guardava dal basso indeciso
il suo amico,
di fianco, di lato, fermo impalato:
sembrava cercare un aiuto, un consiglio,
magari un cenno d’approvazione
però diceva: provaci tu,
che sei tanto furbo e veloce a parlare:
ma il tipo in piedi
continuava a tenere
le mani ben ficcate in tasca
e la bocca cucita:
al massimo
alzava un po’ il mento.
forse non erano amici:
soltanto, al mercato, due soci.