Scuola: se Bussetti sapesse e…
… se svedesi fossimo
di Daniela Pia
Ho questa amica, Lara, che insegna in Svezia. Una sera chiacchierando mi dice che nella scuola nella quale lavora, in bagno, mancava la crema per le mani. Ho avuto un attimo di straniamento e ho pensato di aver sentito male, tanto che ho quasi – anzi senza quasi – urlato: «la crema per le maniiiii?».
Così ho cominciato a descriverle il cesso docenti della mia scuola:
Porte che non hanno serratura,
Carta igienica, quando c’è, per terra o sopra un muretto con polvere e ragnatele decennali, per raggiungere la quale, se uno/a fosse tanto dis- perato da doverla usare, sarebbe necessario fare acrobazie in bilico con i pantaloni mezzo abbassati o la gonna stretta fra i denti.
Essendo poi il bagno promiscuo – cioè usato indipendentemente da uomini e donne, compresi gli studenti diversamente abili – e suddiviso in modo da condividere la finestra, nessuna privacy è concessa ma si agevola certamente, nel caso se ne abbisognasse, un’amabile conversazione da stambugio a stambugio.
In questo luogo ameno, che funge anche da deposito per la spazzatura e ripostiglio per gli attrezzi da pulizie, le porte sono abilmente istoriate con graffiti che rimandano a organi funzionali alla procreazione (Pillon docet), con poesiole amorose e con assunti sull’utilità della scuola tanto che la scritta «professoresse» – tanto per ricordare continuamente quanto sia gradito il ruolo dei docenti – è stata opportunamente corretta in «professorFesse».
Invece la “sala professori” è apprezzabilmente arieggiata: la porta è infatti da lungo tempo poggiata sul muro a sinistra appena si entra. Pedane di legno tarlato, la cui funzione è ignota agli avventori, si trovano adagiate su un fianco di armadietti anteguerra, tenuti chiusi con lo scotch o con pezzi di carta. Armadi senza ante, contenenti abiti dismessi, fra i quali stavano pure alcune mutande, vi giacevano da settembre sino a quando una collega coraggiosa, armata di guanti non li ha fatti sparire. Le quattro sedie presenti che ci contendiamo con le unghie e con i denti – quando siamo “a disposizione” – debbono essere state strappate alla rottamazione perchè il piano per sedersi è fatto di listelli che si stanno staccando e che spesso ci feriscono o danneggiano gli abiti (quanti cappotti, gonne e calze saprebbero raccontare le cure di cui in quelle sedie hanno goduto).
Nelle aule si possono ammirare lavagne di ardesia con le quali svolgere le lezioni, sempre che sia disponibile la bacchetta di gesso, che le collaboratrici scolastiche debbono regolarmente dividere a metà, «perché non ne abbiamo a sufficienza professoressa»: nessuna LIM ma molte limitazioni, compresa la connessione internet con la quale collegarsi al registro elettronico.
Laddove troneggiano le lavagne bianche, con le quali usare il pennarello, sono perlopiù inutilizzate perchè… mancano i pennarelli.
Tutto questo ho raccontato alla mia amica, “insensibile e crudele”, la quale mi ha inviato prontamente le foto – VEDI QUI SOTTO, IN UN ELOQUENTE CONFRONTO CON LE “MIE” – del suo bagno, della sala prof attrezzata con cucina super tecnologica più quella del suo ufficio. Ho pensato mi venisse un ictus ma è stato un “coccolone” soltanto.
E mi è sovvenuta la morta stagione alla quale si sta avviando l’istruzione nostrana, e mi è apparso il volto del ministro Marco Bussetti, ad Afragola, al quale un giornalista ha chiesto di recente: «Cosa arriverà di più qui al Sud per recuperare il gap con le scuole del Nord? Arriveranno più fondi?». La sua graziosa risposta è stata: «Ci vuole l’impegno del Sud, vi dovete impegnare forte, questo ci vuole: impegno, lavoro, sacrificio, impegno e sacrificio» ed in questa disparità si annegava il pensiero mio.
Al ministro dell’Istruzione pro tempore avrei una proposta da fare: anziché sponsorizzare corsi di aggiornamento sull’esorcismo, ne promuova alcuni di muratura, falegnameria, idraulica, antiquariato creativo, così nel tempo che ci resta fra preparazione, lezioni, correzioni, compilazione dei PdP, ddt e altre quintalate di carta a crocette, quando le interminabili riunioni pomeridiane ce lo consentiranno, potremo dedicarci a sistemare questi edifici fatiscenti che ogni giorno calpestiamo.
“Venghi sior ministro venghi” che una mano d’aiuto nobile come la sua farà la differenza.
LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani.
Magica …ma non abbastanza da trasformare luoghi di lavoro…artefatti o fatti ad arte ? …nel viaggio del tutto comunica…anche la non carta igienica ha il suo valore e il maleficio di non esserci mai accompagnata da gesso e tutto il resto che necessita ma non c’ è in una professione che, oltre a non avere il giusto valore non abbisogna di nessuno strumento, neanche il cesso. Amen!
Non sono d’accordo con Daniela Pia. Ho iniziato la mia esperienza di insegnante in Lombardia, dove ho vissuto per cinque anni, insegnando tra Tecnici e Professionali . Ho sempre trovato scuole adeguate per attrezzature e pulizia. Il mio rientro al Sud nei primi anni ’90 fu traumatico. La prima scuola da trasferito corrispondeva alla descrizione fatta oggi dalla collega, anche se c’è da dire che era la struttura fatiscente che non consentiva miglioramenti di sorta. D’altra parte eravamo nella ” peggiore” regione d’Italia, la Calabria. Cosa aspettarsi di diverso? Negli anni successivi mi sono mosso un po’ in tutta la provincia, approdando infine in un cosiddetto prestigioso liceo di Cosenza. La crema per le mani in bagno non l’ho mai trovata, e in altre scuole della mia regione ho trovato situazioni pur peggiori di quelle descritte da Daniela Pia, tuttavia – e non voglio assolutamente dar ragione a Bussetti – ho incontrato Dirigenti e docenti, nonché amministratori pubblici, che avevano e hanno a cuore la propria scuola. Se hanno carattere e motivazioni forti nessun edificio scolastico potrà mai ridursi come quello nelle foto. E in Calabria ho trovato anche buone scuole. C’è possibilità di trovare la Svezia anche nel profondo Sud. Ognuno, però, deve fare la sua parte. Senza piangersi sempre addosso.
Luigi Pedretti, mi scusi su cosa non è d’accordo? Sul tono sarcastico che ho usato o sulle foto che testimoniano la mia realtà. Non mi piango addosso, mai, denuncio se posso affinché qualcosa possa cambiare. Gioisco per Lei per le sue esperienze positive , la Svezia nel profondo sud, beato.