Se comanda Meloni
Articoli di Franco Astengo, Piero Bernocchi, Umberto Franchi, Gian Marco Martignoni, Danilo Tosarelli. A seguire link a Giorgia Bulli, Ida Dominijanni, Paolo Flores D’Arcais e Stefano Galieni.
ELEZIONI 2022: VINCONO ASTENSIONE E SONDAGGISTI. CROLLA L’AGENDA DRAGHI RESTANO INTATTI I PROBLEMI SISTEMICI
di Franco Astengo
Elezioni 2022: Vincono astensione e sondaggisti. La vittoria dei sondaggisti è tale da porre un interrogativo: costruita una tesi è parte dell’opinione pubblica che vi si adegua e non chi esegue le rilevazioni seguendo l’andamento delle opinioni? In realtà restano intatti i temi della fragilità del sistema politico italiano in particolare sul versante della volatilità elettorale e della scarsa credibilità dei governi (rapporto tra i due fattori: scarsa credibilità del governo/ sale l’opposizione; finora dal 2008 in avanti non si è mai verificato il contrario). Il tutto distorto dall’applicazione della formula elettorale che rende possibile la costruzione di maggioranze di dimensioni ben diverse dal reale responso delle urne.
Il punto d’analisi vero risiede nella valutazione di quanto ci sia di redifinizione a destra nel risultato delle elezioni 2022 e quanto di ricerca del “nuovo” da parte di un elettorato ormai reso “volatile” dalla vacuità delle presenze politiche.
Da segnalare ancora l’accentuarsi delle divisioni geografiche dell’orientamento elettorale già ben evidenti in precedenti occasioni ma che adesso sta assumendo la dimensione di una vera e propria spaccatura che non riguarda soltanto la “tenuta” del M5S al Sud ma anche la crescita dell’Alleanza Azione-Italia Viva al Nord, in particolare nelle parti più produttive del Paese. M5S favorito nell’assegnazione dei collegi uninominali dalla forte concentrazione del voto in determinate zone, tanto da potersi considerare quasi “Partito del Sud” (circa il 40% dei voti complessivi raccolti tra Calabria, Puglia, Basilicata, Campania e Molise).
Andando per ordine con riferimento al voto per la Camera dei Deputati sul territorio nazionale (esclusa la Valle d’Aosta):
1) Al momento in cui scrivo queste note mancano alla conclusione dello scrutinio 28 sezioni su tutto il territorio nazionale, quindi all’incirca 17.000 voti.
2) Il primo dato da tenere in conto è quello dell’astensione: elemento snobbato da molti commentatori che hanno tirato fuori la vecchia litania del fisiologico allineamento con la democrazie occidentali “mature”. In realtà si è creata una vera e propria voragine che peserà sull’intera capacità di tenuta del sistema. Nel 2018 ci furono 32. 841.705 voti validi, adesso siamo a 28.037.116 con un calo di 4.804. 589 unità.
3) Il dato dell’astensione si riflette naturalmente sul totale dei voti delle singole liste. Dal punto di vista della maggioranza relativa Fratelli d’Italia ottiene 7.292.649 voti in netto calo rispetto alla quota realizzata dal Movimento 5 stelle nel 2018 che era di 10.732.066 (meno 3.439.417). In sostanza su di un corpo di 46.127.514 elettrici ed elettori il partito di maggioranza relativa rappresenta il 15,81% (2018 : M5S 10.732.066 su 46.505.350 pari al 23,07 con un calo di 7,26 punti).
4) L’elemento di porre in rilievo è quello della distorsione sul meccanismo di traduzione del voto in seggi parlamentari dovuta all’applicazione della formula elettorale vigente (legge n. 165 del 3 novembre 2017) che non prevede, oltre a mantenere le liste bloccate, la possibilità del voto disgiunto tra parte uninominale e parte plurinominale della scheda. A questo punto entra in gioco la capacità coalizione della forze politiche ed essendosi prodotta, in questo senso, nell’occasione delle elezioni del 25 settembre una forte asimmetria tra la tradizionale alleanza di centro-destra e la coalizione raccolta attorno al PD si è verificato il caso che il centro-destra raccolto il 43,82% sul totale dei voti validi ( in realtà 12.285.587 su 46.127.514 pari al 26,6% dell’intero corpo elettorale) abbia totalizzato l’83,44% dei collegi uninominali in palio per la Camera dei Deputati (un effetto distorcente del 40%). In sostanza il centro destra ha pagato i suoi collegi uninomimali 102.160 voti l’uno, mentre il centro sinistra li ha pagati 610.101 voti e il M5S 422.143 (sfruttando la maggiore concentrazione territoriale).
5) Non si può affermare semplicisticamente che ci si trovi di fronte a uno “spostamento” a destra che pure c’è stato, bensì sarebbe più corretto scrivere di “ridefinizione” del profilo della destra. Complessivamente il centro – destra ha raccolto il 25 settembre 12.285.587 voti una quota in lievissima ascesa rispetto al 2018 quando i suffragi furono 12.152.345 (circa 130.000 in meno). Deve essere ricordato come dal punto di vista della raccolta di consensi il centro destra avesse toccato il proprio massimo storico nel 2008, quando l’alleanza tra il Popolo della Libertà (che comprendeva già i neo-fascisti che poi avrebbero dato vita a Fratelli d’Italia) e la Lega Nord ottenne 17.064.506 voti (quasi 5 milioni di voti in più rispetto al risultato attuale: in quel momento il centro – destra rappresentava il 36,27% degli aventi diritto al voto, oltre 10 punti in più rispetto ad oggi).
6) Naturalmente la ridefinizione identitaria del centro-destra porta il segno della crescita di Fratelli d’Italia saliti da 1.429.550 suffragi nel 2018 a 7.292.742 nel 2022. Si tratta di un fenomeno da analizzare con attenzione nel quadro di una crescente volatilità del voto in Italia, con un elettorato mobile costantemente alla ricerca del “nuovo”. Abbiamo già visto il fenomeno del 2008 quando il Popolo delle Libertà conseguì la maggioranza relativa con 13.629.434 voti; successivamente toccò al PD targato Matteo Renzi in occasione delle elezioni Europee 2014 con 11.172.861, poi al Movimento 5 stelle nelle politiche 2018 con 10.732.066 e ancora con le Europee 2019 alla Lega con 9.153.638 voti e adesso a Fratelli d’Italia con i già menzionati 7.292.742 voti ottenuti il 25 settembre 2022: un cambio vorticoso di partito di maggioranza relativa dentro a un costante calo di consensi.
7) Il successo di Fratelli d’Italia è andato a scapito delle altre forze della coalizione di centro destra. Tra il 2019 e il 2022 la Lega ha praticamente dimezzato i consensi passando da 5.698.687 a 2.461.627 (perdendo voti anche nelle roccaforti dell’antica Lega Nord) mentre Forza Italia è scesa da 4.596.956 a 2.275.948, nello stesso tempo sono arretrati anche i cosiddetti “centristi” del centro-destra: l’UDC nel 2018 aveva ottenuto 427.152 voti mentre adesso la lista dei Moderati (nonostante il sostegno di personaggi come il presidente della Regione Liguria Toti e il sindaco di Venezia Brugnaro) si è fermata a quota 255.270.
8) Particolare attenzione merita il voto ottenuto dal M5S. Tutti conoscono il travagliato iter che il Movimento ha percorso nella XVIII legislatura: scissioni e microscissioni mentre rimaneva costante la presenza al Governo con 3 diverse formule: alleanza con la Lega, alleanza con il PD, governo tecnico sostenuto da “larghe intese”. Nel frattempo i sondaggi davano il M5S in costante discesa, addirittura al di sotto della soglia psicologica del 10%. Alla fine, dopo un mutamento di direzione politica e una campagna elettorale fortemente orientata soprattutto alla difesa della misura-simbolo del reddito di cittadinanza, sono arrivati 4.325.977 voti pari al 15, 42% sul totale dei voti validi (pari al 9.29% del totale degli aventi diritto). Occorre molta chiarezza su questi dati, accolti con una sorta di velato e ingiustificato trionfalismo. Nel 5 anni trascorsi al governo dopo aver conseguito la maggioranza relativa il M5S ha lasciato sul campo 6.406.089 voti nella massima parte finiti nell’astensione (che nessun partito è mai stato in gradi di frenare considerato che la percentuale dei partecipanti al voto è in costante calo da decenni). D’altro canto i transfughi del Movimento, in particolare l’ormai ex-ministro degli Esteri Di Maio, hanno tentato nuove avventure politiche risultando del tutto irrilevanti. Naturalmente il calo del M5S ha aperto, nella quota uninominale, un vera e propria autostrada per il successo del centro – destra ma questo è un elemento che chiama in causa la capacità coalizionale del PD, il suo asse strategico di riferimento e – ovviamente – gli elementi distorsivi anti-democratici presenti nella vigente formula elettorale che evidenzia aspetti di sicura incostitjuzionalità. Rimane il dato di fondo degli oltre 6 milioni di voti perduti.
9) L’alleanza tra Azione e Italia Viva ha inteso collocarsi al centro dello schieramento politico con il deliberato proposito di svolgere una funzione interditrice al riguardo dei due schieramenti ritenuti principali (sottovalutando tra l’altro il possibile esito del voto al M5S). Alla fine sono arrivati 2.183.170 voti pari al 7,78% del totale di voti validi: varranno un pugno di deputati considerata la non competitività della lista nella parte uninominale. In realtà la raccolta di voti del duo Calenda – Renzi (assolutamente sovraesposto mediaticamente) è risultato di molto inferiore alle attese dei due imprenditori politici di riferimento: rimasti alla fine le vittime più illustri dell’impopolarità dell’agenda Draghi(nonostante l’apparente consenso di cui sembrava godere il suo apparente estensore). Un analogo tentativo fu svolto nel 2013 dall’uscente presidente del Consiglio Mario Monti che (a differenza di Draghi) si espose in prima persona. Il risultato fu considerato deludente ma sicuramente migliore di quello ottenuto dall’alleanza centrista in questa occasione (da accompagnare tra l’altro con il fallimento dell’ipotesi centrista portata avanti sul versante del centro destra). Prima di tutto Monti, nel 2013, riuscì a comporre una coalizione che ottenne 3.591.451 voti, oltre un milione e mezzo di voti in più rispetto all’operazione di oggi, e anche la sua lista con 2.823.841 voti (le altre componenti dell’alleanza erano rappresentate dll’UDC e dall’effimera FLI di Gianfranco Fini) raggiunse una quota superiore a quella del duo Renzi- Calenda di oggi.
10) Sul voto al PD pesa come un macigno il duplice errore strategico compiuto dal suo gruppo dirigente: prima di tutto la mancata riforma della formula elettorale da tradursi in senso pienamente proporzionale; in secondo luogo l’evidente incapacità di costruire un fronte capace di fronteggiare adeguatamente il centro-destra nei collegi uninominali. Da segnalare anche la disperata oscillazione nella campagna elettorale partita all’insegna dell’agenda Draghi e terminata con velleità simil-populiste di ritardato laburismo. Ciò nonostante il voto al PD preso per sè stesso non è pessimo: nel 2018 (fatto salvo che in quell’occasione la perdita rispetto al 2013 era stata di circa 2.000.000 di voti) il PD aveva ottenuto 6.161.896 voti scesi in questa occasione a 5.346.826 voti (con una finta crescita percentuale dovuta alla diminuzione nei voti validi): 815.070 voti in meno. Si segnala però l’assoluta assenza di consenso raccolto da alleati inseriti in lista (fra i quali 2 ex-ministri della Sanità). Il problema principale per il PD sarà quello della segreteria e quello della crisi di astinenza da governo in un partito fondato su correnti e sulla logica del potere in centro e in periferia.
11) A sinistra va segnalato il passaggio di soglia della lista Alleanza Sinistra – Verdi che, praticamente, con un 1.017.652 voti raccoglie l’intero bottino di Leu nel 2018 che ammontava a 1.114.799 voti. Si tratta di un dato che, oltre alla presenza parlamentare, sarà da verificare se potrà essere considerato punto di partenza per una necessaria ricostruzione a sinistra dopo le tante battute d’arresto fatte registrare almeno dalla vicenda della Lista Arcobaleno nel 2008 in avanti. Fallito completamente il tentativo di Unione Popolare nonostate il tentativo di personalizzazione attorno alla figura dellex-sindaco di Napoli De Magistris e l’intervento d’appoggio da parte di protagonisti della politica europea.
Unione Popolare si è fermata a quota 402.187 appena sopra alla quota di 372.179 voti che era stata ottenuta dalla lista di Potere al Popolo (comprendente egualmente Rifondazione Comunista) nel 2018. Anche questi sono dati che dovrebbero fornire occasione per un ragionamento diverso dal consueto: tanto più che si è ben notata la differenza tra un’elezione per un incarico di tipo monocratico rispetto a un’elezione di tipo direttamente politico. De Magistris infatti presentadosi alle regionali calabresi con una candidatura a Presidente aveva avuto all’incirca il 16%: la lista di UP nella circolazione Calabria ha ottenuto il 25 settembre il 2,27%.
Infine completamente fallito il tentativo di sfruttare l’onda no-vax e no – Europa tentata dall’ex M5S Paragone bloccato a 533.190 voti e con la lista VITA dall’altra ex-deputata pentastellata Cunial (201,370 voti, 0,8%). Lontana dal quorum anche la lista rossobruna comprendente il PC di cui è segretario Marco Rizzo che ha avuto 347.713 voti pari all’1,24%.
Come previsto, Meloni e l’ultradestra trionfano. Record di astensioni: ne uscirà qualcosa di buono per la conflittualità sociale?
di Piero Bernocchi
Le previsioni mie e di parecchi analisti politici sono state più o meno rispettate, con qualche “scostamento”, però non irrilevante, e che vale la pena analizzare.
1) Meloni ha sbaragliato tutti, avversari e alleati. Ha stravinto la sfida che Letta le aveva lanciato su chi fosse il partito più votato dando più di 7 punti di distacco al malcapitato, e ora in aperta disgrazia, segretario PD. Ma contemporaneamente ha stracciato anche la Lega, in caduta libera anche più del previsto, nonchè Forza Italia che, entrambe, hanno perso quasi dieci punti rispetto alle precedenti elezioni, e per di più, anche messi insieme, sono circa 9 punti sotto i Black Brothers. In queste condizioni, per quante differenze ci siano tra loro, credo si possa confermare quanto già scrivevo nell’articolo/saggio Giorgia Meloni e la fiamma mussoliniana di venerdi scorso (cfr.www.pierobernocchi.it): e cioè che entrambi i due partiti, di fronte a queste cifre e ai rapporti di forza manifestatisi nel voto, si può permettere a cuor leggero di rompere il futuro governo, sia perchè rischierebbero di essere spazzati via dal “popolo di destra” sia perchè non si vede quale altra alternativa migliore potrebbero avere con un nuovo governo simil-Draghi. Poi, per carità in questa situazione mondiale così drammatica, niente si può escludere del tutto,però al momento la logica dice questo.
2) Il grande sconfitto di queste elezioni è ovviamente il PD, ancor più della Lega che prende una batosta ma che, eliminando Salvini e le sue paranoie fascoistoidi e i suoi tre anni di toppe clamorose e passando ad una “democristianità” fondata sui suoi amministratori a Nord, potrebbe anche riprendersi (moderatamente). Letta le ha sbagliate proprio tutte e i numeri suoi ma soprattutto delle altre forze con le quali avrebbe potuto allearsi lo dicono impietosamente. In fin dei conti, quel “campo largo” di cui aveva tanto parlato Letta, ha raggiunto il 48%, ben più della destra, ferma al 44%. Certo, questa è una sommatoria astratta perchè probabilmente parecchi di coloro che hanno votato per Conte non lo avrebbero fatto se si fosse alleato con il PD e lo stesso vale per Calenda/Renzi se si fossero alleati, oltre che con il PD, anche con Conte. Ma almeno qualche parziale alleanza più “remunerativa” di quella con i soli Fratoianni/Bonelli Letta e il PD l’avrebbero potuta/dovuta fare. E invece si sono dati ulteriormente la zappa sui piedi portandosi dentro l’alleanza proprio quel duo Fratoianni/Bonelli che da soli non avrebbero raggiunto la soglia del 3% e che invece così hanno finito per sottrarre al PD parecchi/e elettori/trici, scontenti del PD ma timorosi di disperdere voti. E poi non ha funzionato neanche il disperato tentativo finale di gridare “allarmi, arrivano i fascisti” dopo il lungo fair play con Meloni. Incalzato da Conte, e pure, entro certi limiti da Sinistra italiana, contestato apertamente all’interno, mi sa che per lui si prospetta il ritorno all’università parigina; ma anche per il PD la vita sarà assai grama, se poi i candidati alla successione sono quello scialbo e odiosetto Bonaccini e addirittura , ma mi pare incredibile, Schlein (sempre sorprendente come si montano i personaggi di questi tempi!) che già stentano a casa loro.
3) Fuor di dubbio che l’altro vincitore delle elezioni è Conte, la cui crescita nelle ultime settimane, soprattutto a Sud, pur abbondantemente annunciata, è andata anche un po’ oltre le previsioni: e dico Conte perchè l’Avvocato del popolo, direi il più incredibile trasformista della storia repubblicana italiana, è riuscito, malgrado la su esperienza politica non superi i 4 anni, a rivoltare come un calzino i 5Stelle, al punto da farne un’altra cosa, quel suo partito personale che molti lo invitavano a mettere in campo e che alla fine lui ha fatto impossessandosi della sigla, sbattendo fuori tutta la nomenclatura precedente, a partire da Di Maio (grottesco con il suo 0,6% e fuori dal parlamento comunque, avendo perso all’uninominale) fino al rompicoglioni Di Battista e a Raggi e via via gli altri. Persino Grillo ha messo ai margini, perchè la minaccia dell’Elevato di togliergli la sigla è oramai impotente, Conte potrebbe intestarsi il partito anche formalmente e non perderebbe un voto. Ed è riuscito in questo, e in soli due mesi, rispolverando la previsione dei Bettini/Zingaretti che lo avevano eletto a fulgido e “massimo riferimento dei progressisti“. E’ vero che è stato grandemente aiutato dal PD e da chi gli ha lasciato giocare, praticamente da solo tra le forze più rilevanti, la carta della difesa del reddito di cittadinanza e del bonus ampliamenti/ristrutturazioni case per milioni di persone, consentendogli, più in generale, di ergersi a paladino della giustizia sociale ed economica (in netta prevalenza a Sud) malgrado abbia governato per tre anni con pieni poteri e libertà d’azione. Però, non era un’impresa comunque facile dopo aver fatto cadere Draghi. Certo, anche il partito di Conte paga e pagherà caro il rifiuto di fare alleanze in un sistema maggioritario che penalizza grandemente chi marcia da solo: al punto, nello specifico, di avere in Parlamento un numero di seggi inferiore, ad esempio, a quelli di Forza Italia che ha preso poco più della metà dei voti 5Stelle. E voglio vedere come farà Conte a difendere sul serio anche solo il reddito di cittadinanza con quel pugno di eletti/e, autoridottosi sia per il rifiuto di fare alleanze sia per la bella trovata di ridurre drasticamente i parlamentari. Ciò non toglie, però, che ora potrà mordere i polpacci al PD e presentarsi anche come il dominus di una nuova eventuale alleanza con un PD allo sbando e “epurato” da letta e dagli anti-5 Stelle. Ve la vedete la gara per chi figura meglio “in società” tra Conte, forte comunque della grande visibilità e popolarità personale, ricavata dalla gestione di due governi ma anche da questa sorprendente rimonta, e figure incolori e di seconda fila come Bonaccini et similia?
4) L’altro grande sconfitto è quel Salvini che, pur avendole toppate tutte negli ultimi tre anni – dalla folle caduta autoprovocata del governo Lega/5Stelle, di cui era il dominus, giù giù fino alle ultime disperate aggressioni verbali ai migranti – non era prevedibile che portasse la Lega addirittura sotto il 10% dopo il 34% delle europee. Meloni, spietatamente, gli ha sottratto elettori, simpatizzanti ma anche personale politico ed ha ora con i suoi amministratori un rapporto migliore di quello che ha il Capitano: impresa poi non difficile, dato che sul piano del nazionalismo/sovranismo e delle politiche reazionarie nel campo dei diritti civili e dei migranti poteva vantare il primato dell'”originale fascistoide” rispetto ad imitazioni di un Salvini, pur sempre esponente di un partito che con la bandiera tricolore “ci si puliva il culo“, che odiava il Sud e che dall’Italia voleva casomai la secessione. Anche la corsa di Salvini, come quella di Letta, in un paese normale terminerebbe oggi, ma essendo noi in Italia e non avendo alcuna intenzione Salvini, a differenza di Letta, di farsi da parte, non mi stupirei se restasse malgrado il disastro provocato. Aggiungo, comunque, che la sua eliminazione, da quel rabbioso fascistoide che è, decisamente più scomposto e rozzo di Meloni, con il culto delle forze dell’ordine, delle divise, della repressione, delle ossessioni securitarie, del razzismo e odio verso i migranti e ogni tipo di diversità, e persino cattolico beghino e reazionario mangia-papi, sarebbe cosa comunque positiva, anche se verrebbe sostituito da una nomenclatura “neo-democristiana” di amministratori del Nord che pensano soprattutto ai soldi per la propria base e la propria imprenditoria, ma che perlomeno non hanno, o non manifestano, le paranoie securitarie e anti-migranti ai livelli dell’orrendo figuro fascistoide.
5) Anche la “strana coppia” Calenda-Renzi potrebbe essere annoverata tra i vincitori se nella sua megalomania Calenda non avesse fissato traguardi impossibili, come la doppia cifra e lo “smantellamento” di Forza Italia, puntando ad un risultato elettorale che lasciasse in bilico la tenuta di un governo di destra e che, conseguentemente, avrebbe dovuto riaprire la strada ad una grande alleanza capitanata nuovamente da Draghi o da un simil-Draghi. Prospettiva già altamente improbabile ma eliminata del tutto proprio dalla scelta, oltre a quella similare ma più comprensibile di Conte, di marciare da solo, rifiutando quella alleanza con il PD e Sinistra Italiana che avrebbe almeno limitato i danni e ridotto il successo di Meloni. Ora, nel contesto reale determinatosi e con il piccolo drappello di parlamentari a disposizione, ridotto dalla scelta di procedere da soli, la coppia non avrà grande spazio per fare opposizione, oltre ad apparire decisamente scavalcata, in tale ruolo, dall’attivismo “social-progressista” di Conte ma anche in difficoltà a trovare altre “munizioni” in Forza Italia (che ritroverà alimento dalla presenza nel governo) e in quell’ipotetico centro che in realtà in Italia è più che altro un’invenzione ideologica. E in un clima del genere, Renzi, che finora ha fatto il bravo e lasciato corda lunga a Calenda, riprenderà presumibilmente ad agitarsi e, tenuto conto dell’egolatria che divora entrambi, non sarebbe sorprendente se la coppia “scoppiasse”.
6) Tra i vincitori, seppur su dimensioni più ridotte, ci metterei anche l’altra coppia Fratoianni-Bonelli e la mossa azzeccata di riproporre quella simbiosi “rosso-verde” che ai tempi del movimento noglobal non riuscì a decollare, e di utilizzare di fatto come taxi il PD, precisando che all’alleanza elettorale non sarebbe seguita un’alleanza politica post-voto. Certo il binomio SI-Verdi è stato “miracolato” da Calenda e Letta in tandem, manco fossero stati l’agenzia pubblicitaria di Fratoianni (soprattutto) e di Bonelli , consentendo in particolare al primo di entrare, come immagine e visibilità, nel gotha dei leader che contano e che vengono citati continuamente (è ormai consolidata l’abitudine massmediatica di segnalare la “sinistra” come “un arco che va dal PD a Fratoianni“; un po’ come, ad un altro livello, quando nel movimento noglobal i massmedia presentavano “un arcobaleno che va da Pax Christi ai COBAS e ai disobbedienti“), dando soprattutto a Fratoianni una visibilità che da solo non avrebbe conquistato e consentendo ai due partiti coalizzati di entrare in carrozza al Parlamento, soprattutto grazie ai voti di quegli elettori/trici storici del PD che si volevano lavare la coscienza votando un po’ alla sua sinistra ma senza disperdere voti. Cosa faranno, in Parlamento e fuori, Sinistra italiana e Verdi non è facile prevedere ma non mi stupirei se erodessero ancora forze al PD.
7) E tra i disastri, seppure abbondantemente annunciati, c’è la vicenda – e mi spiace per i lettori/trici di questo scritto, che simpatizzano o addirittura erano in lista per il PRC, dover usare toni persino “brutali” – oramai precipitatata nell’assurdità più autolesionista, che riguarda l’esposizione e la trafila elettorale di Rifondazione Comunista: e la sua, sempre più incomprensibile, coazione a ripetere che l’ha portata, dalla lista Arcobaleno in poi, a mettere in scena sempre lo stesso copione, malgrado le continue batoste nelle urne, identiche nella forma, nella sostanza e nei numeri. Che senso ha, mi chiedo e da anni chiedo a loro, rimanere ancorati alle falci e martello e alla velleità di una rifondazione del comunismo novecentesco di cui nessuno, dopo più di venti anni, ha capito presupposti e riferimenti, quando poi ad ogni elezione ci si nasconde, si accantonano non solo le falci e martello e ogni riferimento al comunismo e al socialismo reale del secolo scorso (cosa di per sè buona, ma se praticata nll’insieme della teoria e della pratica quotidiana, e non solo nella scadenza elettorale), ma addirittura amdandosi a cercare un leader improvvisato , un’alleanza dell’ultima ora, sempre diversa e sempre dissolta il giorno dopo il voto, con un simbolo sempre cangiante. E per di più cercando di ingigantire oltre il credibile personaggi politicamente inconsistenti, ai quali si consegna per qualche settimana il bastone del comando, da Barbara Spinelli a Curzio Maltese, da Ingroia fino a un De Magistris così gonfio di sè da aver voluto la lista a nome suo e la cancellazione di fatto delle forze che lo sostenevano, ridotte a “portatori d’acqua” manco degni di essere mostrati “in società”. E alla fine ci si ritrova, malgrado il sostegno internazionale dei Melenchon, Iglesias e Corbyn (che la dice lunga su quale sia la visione internazionale di questi leader e dei loro partiti o correnti), a ripetere un misero 1,3% da dividere per giunta con quel PaP con il quale solo poco tempo fa si era fatto a capelli, rompendo piatti e bicchieri, dopo un analogo e altrettanto frettoloso “matrimonio” finito in rissa. Poi, a voler guardare anche oltre fino a livelli “molecolari”, restano appendici persino grottesche, come la corsa spasmodica degli altri partiti del comunismo novecentesco ad arrivare primi tra gli ultimi, via via calando dall’1,1% del PC di Rizzo (stavolta anch’esso “travestito”, e malamente, da Italia sovranista e popolare) allo 0,3% del Pci (ex-Pdci), fino all’estremo dell’assurdo, a quello 0,0% (nel senso che con i suoi 4 mila voti non è arrivato manco allo 0,1%) del Pcl della coppia Ferrando-Grisolia, in grado, onore alla coerenza seppur di stampo oramai “extraterrestre”, di toccare il fondo e continuare, ciò malgrado, a scavare per scendere ancora di più.
8) Ho messo per ultimo quello che in realtà, nella pubblicistica corrente, viene da anni indicato come il partito dell’astensione, che stavolta da solo ha superato qualsiasi altro partito, attestandosi ad un 36% record assoluto per elezioni politiche in Italia, circa 10 punti in più delle precedenti elezioni. Sulle “illusioni consolatorie a proposito di chi si astiene alle elezioni“, ho scritto, con questo titolo, un articolo/saggio a giugno del 2019 e a quello vi rimando (è nel mio sito, già citato) se foste interessati ad approfondire l’argomento. Ma qui ed ora una novità c’è, a mio parere. Per evitare equivoci, però, dico apertamente che io di questo “partito dell’astensione” ho fatto parte fedelmente quasi sempre, fin dal primo voto possibile a 18 anni. Ma l’ho fatto solo perchè non mi riconoscevo in nessuno dei partiti esistenti, e non perché mi sia mai passato per la mente che potesse davvero esistere un “partito dell’astensione” e che esso potesse costituire di per sè un soggetto rilevante nei conflitti che contano, quelli nella società, nei posti di lavoro, nelle piazze. Però, stavolta una novità mi pare ci sia. Perchè in tutti i precedenti casi, per giunta con numeri ben più ridotti, l’astensione veniva, seppur in misura diversa , da destra e da sinistra. Stavolta l’elettore di destra, da quello moderato al più estremista, aveva la più vasta gamma di possibilità di sempre, da Meloni a Salvini a Berlusconi, con fondatissime possibilità di vittoria, a Calenda/Renzi, a Europa+ (e persino il PD per i destrorsi più moderati e “civili”); e pure, più a destra ancora, aveva Italexit e anche cordate varie di noeuro, novax, noUE ecc. Perchè avrebbe dovuto astenersi? Ne concluderei che, a parte la vasta astensione qualunquista (“‘so’ tutti uguali, che me frega, magari alle comunali vado per raccattare qualcosa per me, ma qui che ce guadagno?“), il grosso dell’astensione “politica” sia venuto da una sinistra variegata che crede che il PD sia irrecuperabile e che i vari partitini di sinistra siano non credibili. La domanda è: questi milioni di persone (credo che le cifre siano tali), di fronte a quello che combinerà il nuovo governo nei terreni che ho elencato dettagliatamente in Giorgia Meloni e la fiamma mussoliniana e che non sto qui a ripetere, si faranno vivi nei conflitti dei prossimi tempi? E come li si può intercettare, sollecitare, favorire, aiutare ad emergere? Mi pare un rilevante problema che avremo di fronte, non solo ovviamente come COBAS o come sindacalbasisti uniti, ma come popolo conflittuale in generale, un “popolo” che al momento non sembra avere grande forza e che attende, anche con una certa ansia, “rinforzi” significativi per i conflitti delle prossime settimane e mesi, passando in particolare dallo sciopero nazionale, che auspichiamo generale e sociale, del 2 dicembre prossimo.
LA DESTRA AL GOVERNO PER CONTINUARE LA RESTAURAZIONE LIBERISTA ?
di Umberto Franchi
CHE FARE ?
Fratelli d’Italia che da oggi è il primo partito con il 26% dei votanti, oltre a mantenere la fiamma nel suo simbolo evidenziando uno stretto legame con il fascismo di Mussolini ed il MSI, è anche l’rede di Alleanza Nazionale. Tutti i personaggi di spicco che hanno eletto: deputati o senatori, sono già stati al potere, assieme alla Lega e a Forza Italia. Hanno governato oltre 10 anni con Berlusconi facendo cose ignobili come il provvedimento di legge liberista tra cui la “legge Biagi” prima causa dello sfacelo del precariato, fatte legge a personam per non mandare in galera Berlusconi, hanno privatizzato i “beni Pubblici” e tutti settori portanti e le maggiori imprese pubbliche dello Stato Italiano , hanno depotenziato l’economia con uno sviluppo basato sulla riduzione del costo del lavoro e 1.400 morti sul lavoro ogni anno, hanno privatizzato e distrutto gran parte della sanità pubblica, hanno favorito la finanza e la speculazione, molti di loro hanno effettuato e cimentato la corruzione, hanno sostenuto l’Europa dei mercanti, anche quando hanno fatto finta di criticare.
Purtroppo nonostante la Meloni sia stata a lungo al potere assieme a Berlusconi in veste di Ministra portando l’Italia al disastro attuale , viene percepita come quella che vuole fare gli interessi degli italiani e non come responsabile della crisi attuale .
La realtà evidenzia il 36% di astensione dalle urne con il 44% dei voti al centrodestra che non avrebbe la maggioranza in Italia , ma grazie ad una legge infame anticostituzionale chiamata “rosatellum” molto peggiore della “legge truffa del 1953, modifica radicalmente la rappresentanza in parlamento in termini di seggi. Legge proposta da Rosato ed approvata dai partiti di centrodestra e centrosinistra nel novembre del 2017 e mai modificata, nonostante le numerose richieste di modifica pervenute da Coordinamento Nazionale Democrazia Costituzionale.
PERCHE’ LA DESTRA HA VINTO ?
FORSE SAREBBE PIU’ CORRETTO DIRE: COSA HA FATTO LETTA PER PERDERE LE ELEZIONI ?
– ha escluso i 5S dalla coalizione di centrosinistra dicendo: perché Conte non sposava più l’agenda Draghi, ma ha cercato l’Alleanza con Sinistra Italiana che l’agenda Draghi non l’ha mai votata… precisando subito che era solo una alleanza tecnica e non politica…;
– ha fatto un accordo politico con i liberisti di Più Europa , ci ha provato anche con Calenda andando a destra oltre l’agenda Draghi senza riuscirci ;
– ha candidato nelle proprie liste noti ” imprenditori ” il Presidente di Confindustria della Campania e quelli di Benevento, economisti come Cottarelli, che non sanno nemmeno cosa significa la parola sinistra;
– ha scelto di fare un programma politico solo nelle ultime due settimane di campagna elettorale cercando di mettere qualche cosa di sinistra nel sociale per convincere gli elettori a votarlo… in precedenza sosteneva che il programma elettorale del PD era quello della “Agenda” del banchiere Draghi.
Ora credo che Letta agendo come sopra, o è un demente, oppure ha fatto una scelta politica precisa spostando ulteriormente il PD al centro in termini liberisti ed atlantista. Ma siccome penso che Letta non sia uno stupido è evidente che ha fatto una scelta politica… quindi il congresso del PD e le dimissioni non possono che essere una scelta obbligata e non penso che la maggioranza degli elettori del PD rimpiangerà Letta che non solo ha superato Renzi .. ma pur essendo un democristiano come Renzi… ha anche dimostrato di essere ” o un incapace ad analizzare la realtà ed intervenire in modo adeguato ., ed il Pd, è il partito che più di ogni altro esce sconfitto da queste elezioni.
Ma la destra e la Meloni hanno vinto anche per altre ragioni.
Da molti anni un continuo lungo martellamento ideologico, effettuato da mas/media e un vasto ceto di propagandisti ad iniziare dalla Confindustria, economisti ben pagati, mass-media, assieme alle forze politiche di centro-destra e di centro-sinistra, è servito per fare delle “riforme” economiche e sociali, che in realtà sono state controriforme , mettendo al centro la validità del “libero mercato” nella globalizzazione mondiale, fino a costruire un regime fondato sul liberismo , creando grandi disuguaglianze, spostando immense ricchezze dai ceto medio bassi ai ceti più ricchi, con il 10% di popolazione che detiene il 55% di tutta la ricchezza presente nel nostro Paese ed anche facendo regredire civilmente e culturalmente una fetta di popolo
Le disuguaglianze sono le ferite che marcano il nostro tempo, (unitamente alle guerre) sono le principali questioni politiche del presente.
Le disuguaglianze definiscono la possibilità d’accesso ai servizi di salute e istruzione e sono economiche, sociali, di genere, di appartenenza etnica. Le troviamo nei territori, nelle fabbriche, nella differenza di opportunità fra città e aree rurali, tra città e periferie marginali.
Sono anche generazionali perché i nostri figli o nipoti devono vedersela con la minaccia di una sopravvivenza di breve/medio termine, su questa terra.
Inoltre le aziende pubbliche dello stato, i beni pubblici e molti servizi, sono stati svenduti a grandi capitalisti privatizzandole, con grave danno per i cittadini che devono pagare di più per ottenere servizi peggiori come nelle ferrovie , luce, gas, acqua, ecc…;
La sanità pubblica è stata in gran parte privatizzata a favore delle cliniche private e quello che è rimasto non è funzionale al bene fondamentale della cura e prevenzione della salute , ma del profitto;
La maggioranza delle pensioni sono di fame e gran parte dei lavoratori è costretta ad andare in pensioni a oltre 67 anni: contemporaneamente la disoccupazione aumenta, diminuiscono di poco quelli iscritti al Centro per l’impiego ed aumentano quelli inattivi che non si rivolgono più ai Centri per l’Impiego perché non credono ad un possibile lavoro tramite il Centro, con quella giovanile al 35%;
Oggi, oltre ai disastri sociali creati dalle politiche liberiste – ed una prospettiva di “lacrime e sangue” dovute all’aumento del gas, tariffe prezzi – abbiamo anche una regressione culturale e civile. In questo contesto siamo in presenza di un pezzo di Italia, che vive una notte profonda , con una parte di essa incarognita, poco politicizzata , non più capace di ragionare su un progetto “alto di cambiamento” ma che mette al centro delle proprie paure “la pancia”: individuando i nemici nei migranti, nei soggetti più deboli, nelle diversità civili e recependo con facilità le cose dette dalla Meloni pensando erroneamente che esse siano indirizzate contro chi governa. Il PD con la “sua agenda Draghi” è stato percepito come facente parte del sistema di governo o come un partito che ha perso la sua identità.
Esiste inoltre anche un ceto popolare che nel passato ha votato a sinistra ma che è profondamente deluso e stanco dalla sinistra rappresentata dal PD e dalle divisioni presenti nella miriade di partiti che si presentano alla sinistra del PD. Una parte non va più a votare (il 36%) ma fra chi poteva votare Unione Popolare c’è chi ha scelto i 5S per essere sicuri di superare lo “sbarramento elettorale”.
LA DESTRA HA VINTO: COSA AVVERRA’ ?
Avverrà questo :
– Cercheranno di fare la Flat Tax : significa che i ceti subordinati, gli operai , poveri … continueranno a pagare sostanzialmente le stesse tasse che pagano ora, mentre ai ricchi gli verranno ridotte fino all’80%;
– a causa delle mancate entrate dovute alla riduzione delle tasse ai ricchi, lo stato spenderà meno per la scuola, i servizi, la sanità con ulteriori gravi disagi ai ceti medio/bassi;
– cercheranno di fare l’autonomia regionale differenziata , con il collasso definitivo della sanità pubblica con gravi danni ai ceti poveri e subordinati e a tutto vantaggio della sanità privata ;
– cercheranno di cancellare il reddito di cittadinanza, mettendo alla fame milioni di poveri;
– cercheranno una involuzione autoritaria con la modifica della Costituzione dicendo che essa è vecchia di 70 anni, ma in realtà vogliono la Repubblica presidenziale, più decisionista ed autoritaria rispetto alle prerogative del Parlamento;
– ci sarà il tentativo (senza riuscirci) di bloccare nei porti di partenza i migranti e togliendo loro ogni diritto, ma con il solo risultato di allargare la marea dei rifugiati clandestini sfruttati nel lavoro senza assicurazione e salari decenti, a causa del fatto che perderanno tutti i diritti;
– cercheranno di controriformare ulteriormente la legge sulla giustizia , dando la garanzia ai ricchi di non andare mai in galera con la prescrizione e abolendo la possibilità di appello per coloro che vengono assolti in prima istanza;
– ci sarà una perfetta intesa con la Confindustria alla quale garantiranno “libertà d’impresa” senza vincoli legislativi (senza lacci e lacciuoli) nè controlli dei servizi ispettivi nei luoghi di lavoro, nonché l’energia nucleare e la manodopera a basso costo;
– continueranno nella politica atlantista con asservimento agli USA e con l’invio delle armi in Ucraina;
– ci sarà un aumento delle bande fasciste che con slogan xenofobi, omofobi e nazionalisti potrebbero spingere allo scontro di piazza, anche con provocazioni alle sedi della CGIL.
Tutto qua. Ma non è poco.
ORA CHE IL QUADRO POLITICO E’ MUTATO CON LA DESTRA POST FASCISTA AL GOVERNO COSA FARE ?
Occorre capire che se l’Italia è al disastro attuale, è perché in merito alla qualità dello sviluppo economico e sociale ai servizi, all’ambiente , il Centrodestra ed il Centrosinistra hanno si litigato ma finendo sempre per fare le stesse cose e per cambiare radicalmente non basteranno certamente i provvedimenti intrapresi con l PNRR.
In questo quadro di riferimento a mio parere è necessario che la sinistra “di classe” esca “dal cretinismo parlamentare” , perché la crisi economica e sociale ed anche sanitaria peggiorerà, ampliando l’emergenza sociale con l’aumento della povertà anche in fasce che mantengono un lavoro, la precarizzazione del lavoro, la frantumazione del lavoro , i disastri ambientali, la distruzione di parte dei territori… e quindi occorre tornare nei territori, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze, ed essere “come pesci nell’acqua del popolo” cercando di divenire egemoni culturalmente rispetto alle lotte sociali che vanno proposte e sviluppate… crescendo politicamente assieme al popolo … ed allora la sinistra può unificarsi ed avere risultati eccellenti come è successo in Francia con Mèlenchon e la sinistra Nupes.
Ma in questo contesto il sindacato cosa fa ?
Da molti anni Il potere di contrattazione dei sindacati è stato limitato, gli scioperi sono diventati molto rari. I sindacati nella nuova realtà sociale, fanno assistenza e non contrattazione; gestiscono le ricadute negative sui lavoratori delle scelte fatte dalle imprese e dai governi. L’aver fatto a suo tempo uno sciopero finto di 4 ore contro la riforma pensionistica di Fornero e nessuno sciopero contro l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è una vergogna !
Questo quadro sociale radicalmente peggiorato, indipendentemente da chi è al governo del Paese, impone anche al sindacato di doversi riprogettare nelle rivendicazioni economiche con richieste ingenti di almeno il 30% sui salari e sulle pensioni medio/basse.
Il sindacato deve inoltre occuparsi anche e soprattutto dell’abolizione delle leggi che permettano il lavoro precario della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro risanamento delle aree urbane, della mobilità collettiva, del suolo.
Deve riorganizzare la propria struttura per essere presente nei territori ed in tutti i luoghi di lavoro , per sviluppare le lotte articolate e generali senza più forme concertative con governi e padronato, ma ritrovando la via del conflitto ritornando alle proprie radici di classe … e la CGIL sta facendo il suo Congresso.
In questo contesto il sindacato deve cercare di tornare a misurarsi con le controparti sul tema del “cosa produrre, come produrre, per chi produrre” quindi misurarsi sul tema della grande transizione ecologica a partire dalle centralità del lavoro e della sua trasformazione.
27 settembre 2022
Una lettura a caldo
di Gian Marco Martignoni
Per molti di coloro che hanno sempre militato nel campo delle forze progressiste e di sinistra questa campagna elettorale è stata dominata da un forte sentimento di disorientamento, poiché – a fronte di una destra che si è subito coalizzata per sfruttare il premio elettorale garantito dall’incostituzionale sistema del Rosatellum – , il Pd ha scelto inspiegabilmente e con motivazioni pretestuose e infondate la rottura del campo largo. Un campo largo che invece avrebbe permesso di contendere l’esito elettorale ad una destra tutt’altro che irresistibile, se si pensa alla pesante sconfitta della Lega, al di là del camaleontismo di Giorgia Meloni e dei suoi infuocati comizi da gazzarra. La scelta autoreferenziale e suicida del Pd è l’ennesima dimostrazione della separatezza tra quel ceto politico e il sentire del suo popolo, se è vero che un attimo dopo Letta ha stretto due alleanze rivelatesi decisamente disastrose. Infatti, la scelta di allearsi con un berlusconiano di successo come Luigi Di Maio non ha sortito un bel nulla per la lista del centro-sinistra, se non un certo discredito, stante che diversamente il partito personale di Giuseppe Conte ha visto crescere i suoi consensi oltre il 15 %. Al contempo l’apparentamento con Carlo Calenda, che senza il successivo accordo con Matteo Renzi non sarebbe stato in grado di raccogliere le firme per una sua lista, è durato solo il tempo dell’annuncio. Dopodichè Letta agitando il feticcio dell’agenda Draghi e scagliandosi ripetutamente contro il pericolo costituito dalle destre sul piano internazionale, si è preoccupato più di rassicurare il mondo delle imprese invece di concentrarsi sulle questioni sociali e del lavoro, considerati i disastri materiali generati per la condizione lavorativa dal jobs act renziano. In questo modo ha lasciato uno spazio enorme a Conte su tutte le questioni di carattere sociale – a partire dalla difesa del reddito di cittadinanza dai proclami bellicosi e punitivi delle destre, oltre addirittura a quella della riduzione dell’orario di lavoro – nel mentre Calenda gli rosicchiava altri consensi in particolare tra i ceti medi e il mondo delle professioni. Pertanto l’insistenza a proposito della demonizzazione dell’avversario, finalizzata ad una polarizzazione del voto tra FdI e Pd, è risultata controproducente in assenza della declinazione di un programma alternativo e convincente a quello inadeguato, per essere eufemistici, delle destre. Solo per fare un esempio la questione dei cambiamenti climatici e della transizione ecologica per storia, cultura e primato degli interessi economici è incompatibile con gli orizzonti prettamente economicistici e affaristici delle destre (ponte sullo Stretto, rilancio del nucleare, cementificazione selvaggia e consumo infinito del suolo ecc). In questa direzione, nonostante l’ostracismo del mondo dell’informazione e la costante irrisione di Matteo Salvini, la pattuglia di parlamentari (12 alla camera e 4 al senato ) ottenuti dalla lista Sinistra Italiana-Verdi è senz’altro in maggiore sintonia con la prospettiva della conversione ecologica dell’economia per un nuovo modello di sviluppo, evocata sabato ad Assisi da papa Francesco nel convegno organizzato a livello internazionale con mille economisti e giovani imprenditori. In ultima analisi il risultato complessivo del centro-sinistra è figlio di questi macroscopici e tragici errori, e lascia dunque una certa amarezza in quanti si auguravano un diverso scenario per il bene del Paese e delle future generazioni, perché se si leggono attentamente i dati elettorali il campo delle forze progressiste è tutt’altro che minoritario nel paese.
27-9-2022
La Meloni e anche noi
di Danilo Tosarelli
Era previsto da tempo e così è andata.
La Meloni ha stravinto.
Il centrodestra governerà questo Paese.
I numeri sono implacabili e non concedono interpretazioni.
Gli italiani hanno votato e deciso così.
Sono le regole della democrazia e vanno accettate.
Peccato che il 36% degli italiani abbia deciso di astenersi.
Un italiano su tre ha scelto di non schierarsi.
Questo trend è in continuo aumento, ma la politica va avanti.
Preferisce eludere il problema. Peggio per te se hai scelto così.
Chi va a votare decide anche per te.
UNIONE POPOLARE non ce l’ha fatta.
Quell’ 1,43% ci sta stretto, perché non eleggiamo nessuno.
Occorreva almeno il 3% ed il risultato ottenuto è lontano.
Tutti noi ci abbiamo creduto, forse con un po’ di ingenuità.
Gli altri partiti hanno avuto una notevole visibilità mediatica.
Naturalmente parlo dei grandi partiti e le loro coalizioni.
Per i piccoli partiti, tra i quali UNIONE POPOLARE, nebbia fitta.
Ho scoperto personalmente, che molti erano allo scuro.
UNIONE POPOLARE? Si presenta alle elezioni? Chi ne fa parte?
Questo gap ha avuto un ruolo decisivo nelle scelte dell’elettore.
Se ti conosco potrei anche votarti, altrimenti non esisti e ciccia…
Nelle riflessioni che ci accompagneranno, non sorvolare.
Siamo stati ignorati e fortemente discriminati.
Il nostro programma e le ns idee non hanno raggiunto molte persone.
Tu puoi avere idee eccellenti, ma se non giungi…. Ecco il risultato.
Siamo stati una voce nel deserto. Inevitabilmente inascoltata.
Non c’è alcun vittimismo. Questo è inconfutabile, purtroppo.
Oggi il consenso di qualunque tipo, passa dalla televisione.
Se ad essa aggiungi carta stampata e social c’è tutto.
Il consenso passa dalla tastiera e dal comodo divano di casa.
Naturalmente poi, denaro, denaro, denaro.
I grandi partiti hanno avuto modo di parlare e proporre.
Gli elettori hanno potuto valutare e scegliere.
UNIONE POPOLARE non ha avuto le stesse opportunità.
Abbiamo vissuto di volantini e banchetti ai mercati di quartiere.
Abbiamo praticato il porta a porta e contattato ogni ns amico.
Ci abbiamo provato anche con Facebook.
In televisione ogni tanto, magari in orari di scarso ascolto.
Tutto ciò ha ridotto le ns potenzialità e svilito il ns ruolo.
Tutto ciò ha falcidiato possibili consensi. Il voto sprecato.
Molti elettori non hanno non condiviso le nostre proposte. Ci sta.
Proprio non ne sono venuti a conoscenza e quindi… come votarci?
Avremo modo di ritornare sulle conseguenze di questo voto.
Si apre un capitolo nuovo per il Paese e dovremo farci i conti.
Una Meloni, con possibile incarico da Primo Ministro.
Un Salvini che potrà pretendere il ministero degli Interni.
Un Berlusconi che torna trionfante e cazzuto in Senato.
Premesse che se non fossero preoccupanti, sarebbero gossip.
Da quest’altra parte, un Letta che non sarà più il segretario PD.
Un nuovo congresso PD dove voleranno gli stracci.
Un partito che farà un’opposizione intransigente al centrodestra?
E come si collochera’ ed agirà il Fratoianni che conosciamo?
Vedremo cosa vorrà fare Conte. Un movimento progressista?
Cercherà alleanze o ribadira’ il suo primato in solitudine?
Quanti voti ha preso Conte a sinistra. Come li vorrà gestire?
Comunque vada, UNIONE POPOLARE non sparirà.
Credo vi sia piena consapevolezza che il cammino va proseguito.
Ci sono troppe speranze e tante aspettative da soddisfare.
Chi ci ha votato, deve continuare a vedere in noi un riferimento.
UNIONE POPOLARE dovrà dimostrare che non è un voto sprecato.
È un progetto che cerca consensi e vuole affermarsi tra il popolo.
Siamo uomini e donne di parte. Abbiamo scelto da che parte stare.
Ognuno di noi ha il diritto/dovere di parteciparvi. Farlo crescere.
Ci vorrà molto impegno e molto cuore.
Io sono in campo e lo seguirò da vicino.
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