Se la salute non è una merce

di Vittorio Lovera (*)


foto tratta dal Fliker di Friends of the Earth Scotland

Da oltre 15 mesi la salute mondiale è sotto scacco per un virus che ha già causato oltre 3,5 milioni di morti (ritenuti dagli stessi analisti assolutamente sottostimati). Le immagini che ci giungono dall’India ci fanno ulteriormente comprendere la reale portata di questo flagello: migliaia di anonimi morti arsi nelle strade per impedire la diffusione del contagio.

L’Italia risulta tra le nazioni dove il virus ha generato il numero più alto di decessi rispetto ai contagiati.

In questo numero del Granello, interamente dedicato al tema Salute, andiamo a dimostrare – tramite eminenti esperti – come il progressivo e costante smantellamento della sanità pubblica abbia agevolato questo tragico risultato, che grida ovviamente vendetta e pretende un’immediata inversione di rotta: la sanità deve essere pubblica e non può essere né regionalizzata né affidata ai privati.

Utilizzando la rete degli Attac europei, abbiamo a disposizione anche una dettagliata analisi di come sia stata affrontata la pandemia in Gran Bretagna, Spagna, Germania e Francia in modo da poter effettuare comparazioni e analisi attraverso dati e opinioni non filtrate dalla stampa mainstream.

La salute non è una merce ma in Italia, fin dal primo manifestarsi della pandemia, abbiamo visto la corsa a trarre profitto da questa tragedia collettiva: l’ex Presidente della Camera Irene Pivetti indagata per frode causa mascherine contraffatte, il governatore della Lombardia Fontana indagato “per frode in pubbliche forniture“ avendo agevolato il cognato (titolare del noto marchio ”Paul & Shark”), nel Lazio contratti per acquisto di mascherine a tintorie, cantine sociali e società operanti nell’editoria.

L’elenco sarebbe lunghissimo: ci dimostra non solo di come le istituzioni abbiano colpevolmente smantellato la sanità pubblica ma anche di come alcune frange – anche di fronte al dramma planetario – non abbiano saputo rinunciare a intrallazzare nel pollaio. E dopo le mascherine, il vero business: i vaccini.  Solo in questi giorni il neo presidente statunitense Biden ha aperto – spiazzando l’Europa – alla temporanea sospensione del brevetto sui vaccini delle Big Pharma.  Le pressioni in direzione contraria sono ovviamente fortissime, in primis la Germania di Angela Merkel. Vedremo se gli interessi economici prevarranno ancora una volta anche rispetto alla tutela della salute di 8 miliardi di esseri umani.

Nelle 14 aree tematiche del Recovery Planet, redatto collettivamente dalla Società della Cura (400 associazioni e oltre 1500 singoli cittadin*) la questione Salute ha ovviamente un ruolo centrale. Il 10 Aprile abbiamo presentato il nostro Recovery Planet in oltre 20 città italiane – tutte interconnesse in diretta streaming – e successivamente, il 26 Aprile, giornata di presentazione del Recovery Plan da parte del presidente del Consiglio Draghi, il nostro documento è stato consegnato a deputati e senatori durante un partecipatissimo e colorato presidio a Roma, in Piazza Montecitorio.

Sì, perché è in arrivo un bastimento carico di miliardi. Si chiama Next Generation EU, ma non è rivolto alle generazioni che verranno, né a garantire il futuro della vita sul pianeta. È interamente guidato dal trittico Crescita – Concorrenza – Competizione.

L’esatto contrario di ciò che la pandemia ci ha insegnato: nessuno si salva da solo, siamo persone interdipendenti fra noi e con l’ambiente che ci circonda.

Il governo Draghi, in assoluta continuità con il precedente governo Conte, lo scorso 26 aprile ha presentato al Parlamento il Recovery Plan (PNRR) per l’accesso ai fondi europei.  Un piano dove non si intravede la minima inversione di rotta.

Il piano prevede grandi investimenti, ma nessuna conversione sociale ed ecologica della società, solo una modernizzazione in chiave green e digital dell’attuale modello fondato sulla predazione della natura e su una sempre maggiore diseguaglianza.

È  un piano scritto da un esiguo numero di “esperti”, senza alcuna apertura di un dibattito pubblico ampio e partecipativo per coinvolgere la parte attiva della società, quella che si è autonomamente adoperata con le pratiche del mutualismo e della solidarietà per sostenere chi dalla pandemia è stato precipitato nella disperazione.

Non è questa la strada da seguire. Serve un cambio di paradigma e un nuovo modello di convivenza: la società della cura, che sia cura di sé, delle altre e degli altri, dell’ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno.

Occorre contrapporre il prendersi cura alla predazione, la cooperazione solidale alla solitudine competitiva, il “noi” dell’eguaglianza e delle differenze all’”io” del dominio e dell’omologazione. Quello che abbiamo fatto collettivamente redigendo, in due mesi di intenso lavoro, il nostro Recovery Planet.

Ecco in somma sintesi le proposte sul versante Salute: dopo un anno di pandemia, una generazione di anziani è stata falcidiata mentre un’altra, infanzia e adolescenza, è stata consegnata all’isolamento e al disagio. La maggioranza delle persone è finita nella crisi e nella precarietà, con il peso maggiore scaricato sulle donne. Tutto questo per seguire le sirene di questa economia che è stata la prima causa di quanto è accaduto.

La pandemia ha dimostrato il disastro di un concetto di salute e di servizio sanitario basato sul mercato, privatizzato, aziendalizzato e centralizzato sulle cure ospedaliere. Occorre una svolta radicale in direzione della salute come prevenzione nei territori e nei luoghi di lavoro e di un servizio sanitario universalistico nell’accesso, gratuito perché posto in carico alla fiscalità generale, basato sulla medicina territoriale partecipativa.

Servono importanti risorse per recuperare i tagli draconiani degli ultimi decenni e garantire personale e strutture a un sistema di sanità pubblica adeguato.

Occorre potenziare la medicina territoriale integrata, attraverso la diffusione territoriale di vere case della salute”, con equipe integrate e multidisciplinari; occorre ripensare l’assistenza alle persone non autosufficienti, superando il modello custodiale delle Rsa. Occorre rivedere il sistema delle autonomie, non solo respingendo ogni proposta di ulteriore autonomia differenziata, ma rimettendo in discussione la regionalizzazione della politica sanitaria. A seguire ora, un breve riassunto delle proposte sulle altre 13 aree tematiche individuate.

PROSPETTIVA DI GENERE. La crisi che stiamo vivendo è trasversale ma non neutra: nasce e vive in una società stratificata e non colpisce tutt* allo stesso modo. Le donne, ancor di più se di classe sociale impoverita e/o migranti, pagano un prezzo altissimo in termini di diritti, di condizioni di vita, di marginalizzazione economica e sociale. Inoltre, il confinamento ha comportato un aumento esponenziale della violenza domestica. Il PNRR nega di fatto il soggetto donne, non ne riconosce l’unitarietà in quanto soggetti che si autodeterminano.

Occorrono politiche specifiche che riconoscano le donne come soggetto unitario, con un piano di investimenti pubblici per incrementare i livelli di occupazione femminile, con l’obiettivo del raggiungimento in tempi certi del 60%, ripensando a tempi e modalità di lavoro.

Va riconosciuta e valorizzata la centralità dei lavori di riproduzione sociale e domestica (gratuiti o no), inclusa l’assistenza a familiari, per ricostruire un sistema socio-assistenziale e sanitario integrato come diritto di tutt*. Devono essere stanziate risorse per la diffusione e il recupero delle finalità dei consultori e dei centri anti-violenza. Occorre istituire il bilancio di genere per valutare in quest’ottica le scelte politiche e gli impegni economico-finanziari.

DEMOCRAZIA.

Non bastano gli investimenti finanziari, è necessaria una lotta collettiva per cancellare la deriva oligarchica della liberaldemocrazia, con élite di super ricchi che, grazie al loro potere economico, hanno tolto significato alla democrazia, sempre meno rappresentativa della società e sempre più strumento degli interessi di pochi.

Va riaffermato lo spazio pubblico, la partecipazione collettiva, l’importanza fondamentale del conflitto sociale, respingendo con forza ogni tentativo repressivo di affrontare lotte e vertenze come problemi di ordine pubblico.

DEBITO E FINANZA.

Per affrontare la pandemia, sono stati sospesi tutti i vincoli imposti dal patto di stabilità e dal fiscal compact. Quei vincoli vanno aboliti e il patto fra i popoli europei va riscritto a partire dai diritti. I finanziamenti del Next Generation Eu sono condizionati dalla richiesta di riforme di stampo liberista, per questo occorre uscire dalla trappola del debito pubblico, trasformando la Banca Centrale Europea in un istituto pubblico che finanzi direttamente gli Stati. Da subito, occorre socializzare la Cassa Depositi e Prestiti per mettere i suoi 300 miliardi di risparmi dei cittadini al servizio della conversione sociale ed ecologica. Serve una riforma fiscale fortemente progressiva che consenta la redistribuzione della ricchezza prodotta.

ECOLOGIA E AMBIENTE.

L’intero PNRR dovrebbe essere finalizzato alla cura del patrimonio naturale, alla rigenerazione dei servizi ecosistemici che sorreggono la rete della vita, dalla quale tutt* dipendiamo. Vanno riscritti la Strategia Nazionale della Biodiversità e il Piano Nazionale integrato per l’Energia e il Clima; vanno eliminati tutti i Sussidi Ambientalmente Dannosi e fermate tutte le produzioni e le infrastrutture legate all’energia fossile, destinando le risorse unicamente alla produzione di energia da fonti rinnovabili e privilegiando la generazione di piccola scala ai grandi impianti.

Va riconosciuta e applicata la volontà popolare espressa nel referendum del 2011, sottraendo l’acqua al mercato, alla Borsa e ai profitti e consegnandola alla gestione partecipativa delle comunità territoriali. Va finanziato un piano contro il dissesto idrogeologico e una strategia sui rifiuti urbani e industriali basata sull’economia circolare. Gli investimenti verso le imprese devono essere finalizzati alla conversione ecologica e sociale delle produzioni.

LAVORO.

Le contraddizioni evidenziate dalla pandemia obbligano a ridisegnare completamente il lavoro e la sua funzione, ponendo la necessità di una decisione collettiva su “cosa come, quanto, dove e per chi produrre”, definendo i lavori utili alla società e quali siano invece le produzioni dannose da riconvertire. Serve un forte intervento pubblico nell’economia per gestire direttamente la produzione di beni e servizi necessari da sottrarre alla logica del mercato e dei profitti. Serve un piano straordinario del lavoro per garantire occupazione, a partire dalle donne e dai giovani, e trasformazioni del lavoro che si prefiggano l’abolizione della precarietà, la riduzione dell’orario a parità di salario, l’aumento delle tutele e della sicurezza, la fine della discriminazione di genere, la democrazia reale nei luoghi di lavoro.

AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO.

C’è un modello di agricoltura e di allevamento agro-ecologico, che produce alimenti di qualità e favorisce la biodiversità e la tutela ambientale, e uno estrattivo, monocolturale e intensivo, che aggredisce l’ambiente, depaupera le risorse naturali, non rispetta il vivente e sfrutta chi ci lavora. Solo il primo deve assumere un ruolo centrale in ogni strategia di transizione ecologica e ricevere finanziamenti che riconoscano il valore collettivo della terra, i diritti collettivi degli agricoltori alle sementi, l’importanza di rafforzare le relazioni fra aree agricole e aree urbane, la necessità di ridurre la lunghezza delle filiere del cibo.

INFRASTRUTTURE SOCIALI E WELFARE.

Parlare di welfare significa immaginare la società della cura, un modo di vivere, studiare, lavorare, mangiare, consumare, invecchiare per stare bene. Non vogliamo un welfare come sistema che dispensi servizi con l’obiettivo di rendere le persone sempre più produttive ed efficienti, ma un sistema di relazioni territoriali e di prossimità, che mettano al centro le pratiche del mutualismo, della reciprocità, della solidarietà e della cooperazione, in un contesto all’interno del quale enti locali, terzo settore e protagonismo sociale dal basso promuovano percorsi di cura e di autonomia delle persone e delle comunità. Accanto a questo, occorrono risorse per garantire a tutt* un reddito di base incondizionato, con l’obiettivo di dare dignità e sicurezza alle persone e affermare il principio della giustizia sociale e della democrazia.

TRASPORTI E MOBILITA’.

La questione della mobilità e dei trasporti, già da tempo fondamentale sia per quanto riguarda l’inquinamento e la vivibilità urbana, sia per l’impatto delle grandi infrastrutture, con la pandemia è divenuta un nodo centrale, evidenziando la totale inadeguatezza di un modello gestito dal mercato e dai grandi flussi finanziari, rivelatosi incapace di garantire il diritto alla mobilità e il contrasto alla crisi climatica e ambientale. Serve un deciso stop a tutte le grandi e piccole opere inutili e dannose, servono pianificazione e investimenti per un trasporto pubblico urbano e pendolare basato sulla gratuità e sulla sostenibilità ambientale.

FORMAZIONE, RICERCA  E CULTURA.

Contrastare con forza l’asservimento dell’istruzione, della formazione e della ricerca agli interessi delle imprese e la gestione di mercato della politica culturale. Forti investimenti per garantire asili nido e scuole dell’infanzia pubbliche, per estendere la scuola dell’obbligo ai 18 anni e con classi di 15 alunni, per implementare una formazione e una ricerca basate sulla collaborazione e sulla socializzazione delle conoscenze, con risultati accessibili e non coperti da brevetti. Finanziamenti per la stabilizzazione del personale precario e per un piano di assunzioni adeguato e importanti investimenti su edifici e strutture per una scuola sicura, bella e di qualità. Nel campo della cultura servono investimenti per la salvaguardia delle strutture culturali e un piano di sostegno pubblico alle figure professionali relative all’attività di produzione artistica e culturale.

DIGITALIZZAZIONE.

Non possiamo assistere inerti al passaggio dal capitalismo classico a un capitalismo delle piattaforme e della sorveglianza in cui siamo noi la materia profilata su cui fare profitto. Bisogna fermare la mercificazione dei dati promossa da Big Tech all’interno del Wto. Il ritardo nelle infrastrutture digitali non va affrontato con logiche di mercato: occorre una rete unica e pubblica, capace di coprire tutte le aree del paese e una digitalizzazione che abbia l’obiettivo di migliorare i servizi e non di ridurre i costi. Le risorse per la digitalizzazione delle imprese vanno vincolate a una valutazione d’impatto rigorosa sugli effetti non solo economici, ma anche sociali, sanitari e ambientali.

PACE, DISARMO, GIUSTIZIA GLOBALE

Il PNRR va inserito in una prospettiva più ampia rispetto ai soli confini nazionali. Serve una nuova politica estera europea, basata sulla neutralità, che promuova la collaborazione fra i popoli, la soluzione politica dei conflitti, la giustizia sociale globale. Vanno ripensate le regole di tutti i trattati commerciali internazionali che antepongono i profitti delle imprese ai diritti delle persone e dell’ambiente.

Il nostro Paese deve firmare subito il Trattato Internazionale per la Proibizione delle Armi Nucleari, fermare le missioni militari all’estero, fermare la vendita di armi a paesi in conflitto. Occorre un piano per la riconversione dell’industria bellica, una drastica riduzione della spesa per armamenti e un modello di difesa basato esclusivamente sulla difesa del territorio nazionale, attraverso gli strumenti della Difesa Civile Nonarmata e Nonviolenta.

MIGRAZIONI

Nonostante sia ormai un fenomeno ordinario e strutturale, il PNRR non dedica una riga alla questione migrazioni. Il primo passo da effettuare è la totale de-criminalizzazione della migrazione, recependo e attuando, a livello UE, la Convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie e l’istituzione di un permesso di soggiorno europeo.

Occorre smobilitare la “Fortezza Europa”, sostituendo l’approccio militare e da ordine pubblico con il riconoscimento dei diritti, con percorsi di accoglienza decentrata e gestita dagli enti locali, con la chiusura dei CPR, con un forte rilancio della cooperazione internazionale decentrata.

TERRITORI, CITTA’, AREE INTERNE, TURISMO.

La gestione del territorio e delle aree urbane deve uscire dall’impostazione su grandi interventi e grandi opere non decise dalle comunità territoriali ma i cui impatti ricadono pesantemente sulle stesse. Il territorio-paesaggio dev’essere compreso e trattato nella sua accezione strutturale, di sistema di sistemi interagenti e storici. Sono necessari un deciso stop al consumo di suolo e importanti investimenti per il risanamento e  la riqualificazione del patrimonio territoriale, naturale ed edificato; l’avvio di processi di rigenerazione urbana basati sulla ricostituzione degli ecosistemi; il sostegno alle nuove produzioni agro-rurali e alle attività ecosostenibili nelle aree interne; la trasformazione del turismo di consumo in turismo eco-socio-culturale.

Se condividi queste proposte e tu, o l’Associazione cui fai riferimento, non hai ancora aderito alla libera Società della Cura, iscriviti quanto prima (per aderire: mail a societadellacura@gmail.com): più siamo meglio ragioniamo tutt* assieme e più incidiamo. Proprio per ottenere – fuori dall’economia del profitto – la Società della Cura. Proprio perché noi, come la Salute, come l’Acqua e i Beni Comuni, non siamo e non saremo mai né merce né semplici clienti.

(*) ripreso da “Granello di Sabbia” n. 46 di maggio-giugno 2021:  “La salute non è una merce

Redazione
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