Senza fine la repressione in Turchia
un appello rilanciato nella ml della SIS (*) e qualche altra notizia che i massmedia italiana “non vedono”
Quasi ogni giorno arrivano notizie drammatiche dalla Turchia ma ai massmedia italiani interessano poco o nulla.
Fra le più recenti c’è la condanna di Ayse Gül Altinay – già direttrice del Gender and Women’s Studies Excellence Center (SU Gender) dell’Università Sabanci di Istanbul – a 25 mesi di carcere per aver sottoscritto nel 2016 una petizione per la pace insieme a oltre 2200 accademici. Nella petizione si chiedeva al governo di cessare le pesantissime operazioni militari – in particolare contro “la popolazione civile” – nella regione curda.
Le persone che hanno firmato quella petizione sono via via finite sotto attacco del ministero dell’Istruzione e della magistratura turca: molte furono costrette alle dimissioni e altre processate (**). Fra quelle finite in galera – al termine del processo – anche Füsun Üstel, una nota studiosa del nazionalismo turco e delle questioni di identità.
Qui è possibile leggere il discorso della difesa di Ayse Gül Altinay in cui spiega le motivazioni che l’hanno spinta a sottoscrivere la petizione: https://bianet.org/english/freedom-of-expression/208723-statement-of-academic-ayse-gul-altinay
Nella mailinglist della SIS (Società italiana storiche) che ha rilanciato la notizia si ricorda che negli ultimi tempi in Turchia dentro le università si sta riducendo drasticamente la libertà di ricerca e insegnamento e in modo particolare chiudono gli spazi per gli “studi di genere”.
DUE FRA LE TANTE “NOTIZIE” NASCOSTE (cioè sistematicamente taciute) DAI NOSTRI MASSMEDIA
In Turchia sono in forte aumento sia i femminicidi che le violenze contro donne e ragazze; solo in aprile – secondo l’agenzia Anf che cita anche l’associazione “Noi fermeremo i femminicidi” – almeno 20 donne sono state assassinate; in marzo le donne uccise erano 7 (e in gennaio 43). Una conferma di questi dati arriva anche dall’agenzia Jin News, fondata l’8 marzo 2012 da una trentina di giornaliste e artiste sia turche che curde, fra cui Zerha Dogan (***). Quando gli stupratori arrivano in tribunale trovano quasi sempre giudici compiacenti che concedono forti “sconti di pena” con le più incredibili motivazioni.
Oltre agli arresti “legali” (si fa per dire) nella Turchia di Erdogan cresce il numero dei desaparecidos, una pratica purtroppo che non è mai cessata contro gli oppositori politici e in particolare contro i curdi: dal 1995 le “Madri del Sabato” si riuniscono nella piazza di Galatansaray – appunto ogni sabato – per chiedere notizie dei loro figli scomparsi. Nel frattempo Erdogan prosegue la sua guerra sporca contro i curdi; in “bottega” ne parliamo spesso, denunciando anche le complicità italiane.
(*) chi volesse saperne di più si iscriva alla mailinglist@societadellestoriche.it
(**) in “bottega” vedi Appello urgente contro la nuova ondata di arresti in Turchia di accademici e intellettuali
(***) Zerha Dogan fu arrestata nel 2017 per un acquarello sullo strazio nella regione di Nusaybin sotto l’attacco turco. Anche di lei si parla pochissimo ma qualcosa (soprattutto in inglese) trovate in rete; però fate attenzione nella ricerca perchè il suo nome viene spesso scritto Dogan Zerha (oppure in modo sbagliato, per esempio senza “h”). A lei Banksy dedicò un murale. In “bottega” cfr un quadro che vale 2 anni più 9 mesi e 22 giorni… ma vedi anche qui, qui, qui e qui
Dal 20 luglio non si hanno più notizie di Dallala (Duygu Arınç). La vicenda ricorda quella della giornalista Ayten Öztürk rapita e detenuta in una prigione, vicino ad Ankara, nella quale per 6 mesi fu sottoposta a torture.
Segnalo questo articolo di Cristina Mirra: https://www.pressenza.com/it/2019/08/scomparsa-in-turchia-unoppositrice-politica/