“Senza titolo”
di susanna sinigaglia
“Senza titolo”
Romeo Castellucci
Il salone d’onore della Triennale è tutto tappezzato di bianco e sembra che un pulviscolo bianco si diffonda dalle pareti nell’aria, come una specie di nebbiolina leggera e ovattante. La parte in cui si trova il pubblico è in penombra mentre, di fronte, la parte in fondo alla sala è illuminata. Un’asta dorata è appesa all’alto soffitto; vi si trova davanti una ragazza dai capelli lunghi che scuotendo ritmicamente la testa all’indietro, quasi a prendere la rincorsa, mena energici fendenti sull’asta con la sua chioma.
Dopo un certo tempo da dietro una tenda in fondo alla sala, sbuca un ragazzo, sempre dai capelli lunghissimi, e si avvicenda alla ragazza nello stesso gesto.
E così fino a vedere entrare e uscire sei performer, con un’interpretazione tutta personale di quel gesto semplice ma intensamente evocativo.
La rappresentazione potrebbe andare avanti così all’infinito con le performer che, come flagellanti, percuotono l’asta con i capelli provocandone una profonda vibrazione. Richiamano alla mente antichi riti iniziatici, come suggerisce anche l’uso del bianco: oltre alla flagellazione, gli oscuri sacrifici di fanciulle e fanciulli per ingraziarsi gli dei avversi identificati con gli eventi naturali spaventosi che si abbattevano improvvisi sugli umani indifesi. Pensandoci adesso dopo i recenti terremoti, inondazioni e alluvioni, sembra che quei riti ci riguardino di nuovo in un mondo in cui gli elementi si rivoltano contro un’umanità devastatrice punendo però, e forse come sempre, i meno colpevoli e i più deboli.