Sfratto per il ponte che rifiuta la guerra
di Martina Pignatti Morano (*)
Proprio mentre siamo impegnati nella nostra campagna di Natale dedicata a raccogliere fondi per i minori siriani e iracheni in fuga dalla guerra, si sta materializzando una brutta storia a cui non avremmo voluto assistere. Nell’indifferenza delle istituzioni di Roma e del Lazio, ci troveremo presto sotto sfratto a causa di un ente pubblico nonostante la volontà di corrispondere un giusto canone adeguato agli attuali valori di mercato.
La sede storica di Un ponte per…, Ong impegnata dal 1991 nella solidarietà con vittime della guerra, è in piazza Vittorio Emanuele II a Roma ed è di proprietà dell’Istituto Santa Maria in Aquiro (Isma), ente autonomo controllato dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma. La sede è affittata alla Casa dei diritti sociali, nota associazione dell’accoglienza romana che da sempre fa spalla ai carenti servizi istituzionali, a cui Un ponte per… è da sempre federato. L’Isma ha deciso di cedere l’abitazione a privati e toglierla a due associazioni non profit che operano da più di venticinque anni per la solidarietà nel Lazio e a livello internazionale.
A nulla sono valse le continue richieste fatte negli ultimi dieci mesi al presidente dell’Ente Massimo Pompili, figura di spicco del Pd romano, e al segretario generale Basile, ex capo di gabinetto di Gianni Alemanno al Comune, di un incontro per favorire conoscenza reciproca e trovare una soluzione pacificatrice. A nulla è valsa la nostra piena disponibilità a pagare un canone di locazione adeguato al mercato o di dare ampia visibilità all’Ente che ha tra le finalità statutarie la protezione dei bambini. Il dado è tratto, l’Ente pubblico ribadisce la volontà di cacciare Un ponte per… e la sua storia dalla sua sede e affidarla a privati.
Anche la richiesta di un intervento sulla vicenda inoltrata al presidente Nicola Zingaretti è caduta nel silenzio, nonostante il nostro ripetuto tentativo, sostenuto da diversi deputati e amici, di mettere in luce questo piccolo, ennesimo colpo, che viene inferto alla solidarietà romana e laziale in un momento di piena emergenza: la cosiddetta “emergenza profughi”, in particolare di siriani e iracheni, che vede Un ponte per… in prima linea da anni.
Da parte dell’ente abbiamo trovato solo porte chiuse e anzi, la volontà di arrivare a una causa in tribunale, che rischia di far perdere tempo e risorse preziose sia ad Un ponte per… sia all’ente stesso, che dovrebbe invece utilizzare le proprie per assistere minori e anziani. È inevitabile inserire questa vicenda nell’ambito di una linea politica che negli ultimi anni sta colpendo inesorabilmente molti spazi sociali e di solidarietà della città di Roma.
Da ultimo il centro Baobab, che per mesi ha “fatto comodo” come luogo di accoglienza temporanea nel momento in cui le strutture istituzionali si mostravano carenti, e divenuto punto di riferimento della Roma solidale, non sempre visibile, ma viva e disponibile nell’emergenza. Purtroppo, anche questa esperienza è stata chiusa nel momento in cui non è più risultata utile alla propaganda politica. Per dare un segnale di fermezza, in linea con la stretta securitaria europea, è stato chiuso lasciando tante persone in stato di bisogno in mezzo a una strada.
Sembra sempre che le istituzioni del Lazio facciano le grandi con i più deboli e le piccole con i poteri forti e marci che comandano a Roma e dirottano i fondi pubblici verso sprechi, favori e corruzione. Le inchieste fanno scalpore ma sembrano non incidere sugli equilibri reali, mentre nessuno valorizza le esperienze di società civile realmente solidali, nel quotidiano.
Nel nostro caso, la controparte di Un ponte per… è l’Isma, un ente pubblico con finalità benefiche che è proprietario di moltissimi immobili nella città di Roma, di cui solo pochi dedicati ad attività sociali. La maggior parte sono affidati a privati. Peraltro l’ente è stato coinvolto in varie inchieste proprio per l’amministrazione degli immobili e, nonostante la nuova gestione ne sia estranea, insiste nel non favorire il sociale.
Un ponte per… avrebbe volentieri trasformato la sede anche in una struttura ad uso abitativo per minori in difficoltà, visto che solo con Unicef abbiamo assistito nel 2014 40.000 minori rifugiati. Ma non c’è dialogo. Solo un muro di gomma da parte dell’ente, come dalle istituzioni romane e del Lazio. Abbiamo deciso di non tacere sulla nostra vicenda perché è dovere di tutti vigilare con attenzione su chi gestisce questi patrimoni pubblici, su chi sono e saranno le persone che ne beneficiano.
Non si tratta infatti di beni di proprietà della dirigenza politica di questi enti ma dell’intera collettività del Lazio, e la loro finalità sociale dovrebbe essere sempre prevalente. Nell’anno del Giubileo sulla misericordia è paradossale che vengano chiuse e sfrattate le strutture che si occupano di accoglienza e solidarietà, in particolare verso vittime di guerra, per dare esclusivamente spazio ai privati. Ad inizio 2016 mettiamo a valore sociale che la “grande bellezza” della Capitale è nella sua apertura al mondo e nella sua capacità di essere inclusiva verso i più deboli, non nei suoi piccoli e grandi scandali, egoismi e profitti.
Il presidente della Regione Zingaretti e il commissario di Roma Tronca non hanno nulla da dire?
(*) tratto da http://comune-info.net/