Siamo schiavi degli invisibili?
Qualche anno fa, il classico omino di Altan ci fece sorridere (e ci inquietò) così: «Mi chiedo chi sia il mandante di tutte le cazzate che faccio».
La vignetta di Altan mi è tornata in mente rileggendo «Schiavi degli invisibili» (ma il titolo originale «Sinister Barrier»era decisamente più azzeccato) di Eric Frank Russell. Se non credete possibile che noi esseri umani da millenni commettiamo atrocità e dunque volete scaricare tutte le nostre colpe su qualche mandante “esterno”… questo è il romanzo che fa per voi.
Ed è il libro che fa per voi anche se cercate un bel fanta-thriller con lieto fine (e persino l’amooooore). Soprattutto se non conoscete già la spiegazione del mistero che rende avvincenti, indimenticabili le prime pagine e se non incontrate qualche appassionata/o di fantascienza che appena vi vede in mano «Schiavi degli invisibili» parte a macchinetta: «ah sì i Vitoni» e bla-bla rivelandovi tutto il segreto. Come fa – un grave errore, secondo me – la quarta di copertina che dunque vi sconsiglio di leggere.
Sto parlando della ristampa (con la relativa revisione della ormai invecchiata traduzione di Roberta Rambelli) appena pubblicata da Coniglio editore: 256 pagine per 13,50 euri. Il libro uscì nel 1939, ebbe un clamoroso e duraturo successo (ma vennne ristampato con qualche aggiornamento alla situazione geopolitica, un bel po’ mutata dopo il 1945).
Il romanzo si apre nel maggio 2015 con un paio di scienziati che muoiono in circostanze insolite. Uno di loro, Walter Mayo, precipita fra i piedi di Bill Graham, una sorta di agente segreto, che non crede al suicidio: i dirigenti della polizia conoscono bene Bill e gli danno retta pur se ufficialmente non riveste alcun ruolo, se lui ha dubbi è meglio investigare a fondo. Dalle indagini di Graham e da alcuni appunti misteriosi ritrovati comincia a disegnarsi un quadro preoccupante quanto insensato. Gli scienziati deceduti nelle ultime 5 settimane sono 18 («7 stranieri e 11 americani»), una percentuale «6 volte superiore alla media». Fra i morti taluni hanno il braccio «pennellato» con tintura di iodio, altri di recente si sono interessati ai marinai, agli schizofrenici, ai gozzuti, a una forma di «follia omicida» che i malesi chiamano amok. Le autopsie mostrano che qualcuno di loro ha assunto mescalina.
Tante stranezze incuriosiscono gli sbirri e… chi legge. La terribile verità si saprà (ma ovviamente qui non sarà neppure accennata) nel quarto capitolo. Nell’ottavo capitolo inizia una lotta che sarà molto più terribile delle ultime tre (!) guerre mondiali.
Appassionante. La seconda parte, pur inferiore ai primi capitoli, riserva colpi di scena e invenzioni. Il ritmo regge fino al bacio finale, procrastinato … come allora usava.
«Schiavi degli invisibili» fu uno dei primi Urania pubblicati, più volte ristampato, poi anche dalla Nord ma da un po’ di tempo era introvabile. Merita assolutamente un posto nella biblioteca di chi ama la fantascienza. Del resto l’inglese Eric Frank Russell (1905-1978) ha confermato il suo talento in altri romanzi come nei racconti sia avventurosi che umoristici, spesso oscillanti fra il giallo e la fantascienza. Nella serie di brevi storie poi raccolte in «The Great Explosion» (in italiano «Galassia che vai») c’è un episodio che merita di essere studiato nei corsi di formazione alla nonviolenza; al riguardo andate a sbirciare codesto blog in data 22 febbraio 2010, «L’arma invincibile del futuro».
Trama a parte. Sono molti gli spunti interessanti disseminati nel romanzo a partire dalla bella frase «C’è saggezza nei pazzi ma bisogna scoprirla» che potrebbe essere di Erasmo o di Montaigne.
In copertina spicca, sotto autore e titolo, questa frase: «con un testo di Charles Fort». E qui vengono le note dolenti. «Schiavi degli invisibili» apre infatti una collana («Ai confini dell’immaginario») curata da un fascista dichiarato, Gianfranco De Turris, e dal suo compare Sebastiano Fusco. Nella loro introduzione («Le categorie della stranezza») De Turris e Fusco accreditano Charles Fort come una sorta di co-autore; e fin qui nulla di particolarmente grave perché anche Eric Frank Russell ha più volte espresso il suo “debito” (qui viene riportata una sua premessa del 1948 all’edizione rilegata). Ma i due curatori completano il libro con un loro ritratto entusiasta di Charles Hoy Fort, «il collezionista dell’inesplicabile» e pubblicando un suo breve scritto che intitolano «Le coincidenze? Non esistono». Sono proprio queste pagine finali, appesantite di sciocchezze sulle congiure, sui poteri occulti (il “mandante esterno” dei nostri crimini) a rovinare la lettura.
Restando liberi ieri Fort (1874-1932) e oggi De Turris e Fusco di credere alle balle che scrivono certi giornalisti, agli Ufo e ai cerchi di grano, personalmente mi intristisce questa confusione – che speravo superata – fra letteratura e superstizione. Ne ho scritto sulla rivista «Carmilla» anni fa («Vogliamo essere stupiti e non stupidi», lo trovate anche su codesto blog) e non mi ripeto. Il mio consiglio è di tenere ben distinti la fantascienza in generale e questo bel romanzo in particolare dall’idea di una “congiura” mondiale, dall’ufologia, dalle sciocchezze alla Roswell. Purtroppo i mandanti delle cazzate (o dei crimini) che facciamo siamo quasi sempre noi.
Direi che m’inchino alla tua conoscenza dell’argomento senza aggiungere nulla. Fusco lo conscevo solo per Lovecraft. Non sapevo nulla delle tesi complottistiche che avranno fatto ridere tanto l’Eco del Pendolo di Foucault.
Certo che uno che pubblica “Le astronavi dei Savoia” qualche problemino col presente forse ce l’ha.
Più che altro, però, trovo divertenti i vetero-fascisti. Un po’ stupidi, sempliciotti, incapaci di fare cultura che non sia tentativo di rivitalizzare i frankenstein del ventennio. Vivono in un passato che è troppo passato, superati dall’oggi, dalla partitocrazia berlusconiana che a Mussolini gli fa un mazzo così, e si limitano a elemosinare cariche che non sanno sfruttare forse per mancanza di talento e di talenti. In fondo ci credevano, in qualsiasi cosa credessero -anche solo nell’odio.
Mi preoccupano molti di più i fascisti in doppio petto alla Larussa o Bossi. Quelli sì che hanno capito come va la vita. Il fascismo secondo me non è Farinacci ma il Concordato, non i manganelli ma le corporazioni.
Dei primi non c’è bisogno se non in fase iniziale (oggi basta il telecomando, direi), i secondi non hanno mai perso il potere da un secolo a questa parte.
Secondo me, ovviamente.