Solamente io e te? Cioè io?
Ombra, luce, doppio, infinito, solitudine… in «Ci manca(va) un Venerdì» – numero 142 – dell’astrofilosofo Fabrizio Melodia
«Cos’è la solitudine?» domando. Ma nessuno mi risponde»: così afferma (con stizza) il “super-eroe” Ratman, nato dalla fantasia di Leo Ortolani.
In effetti come potrebbe qualcuno rispondere all’annosa domanda sulla solitudine, se non c’è nessuno? Sarebbe come urlare nello spazio siderale dove nessuno può sentirti, per parafrasare il noto teaser del film «Alien» di Ridley Scott. E a pensarci bene, il film di Scott potrebbe essere una risposta alquanto anticipata alla domanda di Ratman, visto che – tirando un pò l’ alieno per la coda – Scott ha creato una parabola non solo del male interiore, che si annida in ognuno di noi, ma anche della solitudine che circonda le nostre vite. Ellen Ripley è l’unica a sopravvivere scagliando quel male fuori dal ventre dell’astronave; per traslato fuori da se stessa. E dopo solamente un sonno senza sogni può darle sollievo nell’immenso vuoto interno. La solitudine è quasi una benedizione rispetto al male interiore che divora ciascuno di noi da dentro?
«Hai mai sentito parlare del concetto di “doppio”? Ognuno ha in sé due personalità. Una di loro è la persona di tutti i giorni, della vita pubblica, mentre l’altra è l’esatto opposto. La personalità nascosta nel subconscio viene chiamata “Ombra” in termini psicologici. L’Ombra nega il suo opposto simmetrico, la persona “Luce”, e in certi casi si espande fino allo stesso livello. Se riesce ad espandersi abbastanza, assume una forma propria, si separa dal corpo, e può andarsene in giro per conto proprio. È per questo, amico mio, che siamo qui entrambi»: assistiamo a questo dialogo dell’eroe e del suo doppio nel videogame «Metal Gear Ac!d», che rende a dir poco emblematico come la solitudine sia un modo di dire, nessuno è mai veramente solo, semmai è sempre alle prese con la propria Ombra, il cui scopo è prendere il sopravvento annullando la coscienza primaria. Da perderci la testa, vero?
«Entrambe le personalità credevano che l’altra seguisse se stessa. Alla fine, quando una personalità non guardava, una ha sparato all’altra in mezzo agli occhi e ovviamente, ha ucciso se stessa»: così nota l’ agente Cooper nella rivoluzionaria serie tv «I segreti di Twin Peaks».
Perturbante la risposta mancata di Ratman? O sarebbe una conferma? Noi siamo sempre insieme a qualcuno e in potenza questo altro-in-noi ha pure pessime intenzioni.
Come fare allora?
«La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice» fa presente lo scrittore José Saramago. Ovvero il vero male è non riuscire a mettere pace in noi stessi, non far cessare le guerre interne, non voler capire che la vita è cambiamento e che entrambe, Luce e Ombra, sono i moventi di tale cambiamento.
Da fare uscire via di testa il buon Freud temo, eppure qualcosa di simile la sperimentiamo tutti i giorni. Pensando alla tormentata e coraggiosa Ellen Ripley (del film di Scott) mi viene in mente Marguerite Yourcenar: «Nella solitudine le donne non possono vivere e immancabilmente la saccheggiano, non fosse che sforzandosi di costruirvi un giardino». In questo caso, Ellen ha dovuto buttare fuori dal giardino interiore il male che si annidava, ritornando poi alla pace del ventre materno, quasi a rinascere. La via del cambiamento è sempre saper rinascere dopo il dolore della solitudine e del parto.
Quindi mio caro Ratman beccati questo: «Lassù… lassù c’è l’immensità dello spazio, il senso dell’infinito. Lassù c’è un nemico che si chiama solitudine. Se ne sta lì con le stelle e aspetta. Aspetta con la pazienza dell’eternità, impassibile, al confine della realtà». Forse la solitudine non è reale ma siamo noi a crearcela, per paura di lanciarci nell’ infinito, nell’ignoto, nella pericolosità dell’incerto e della fragilità dei rapporti umani. Eppure proprio tu mia cara super scimmietta ci insegni a flettere i muscoli e a saltare nel vuoto.
L’ immagine è del conturbante pittore Egon Schiele, «Doppio autoritratto» (1914): sembra quasi fissare su carta l’alter ego che vive in noi. Ma qual è il vero volto dell’altro o dell’Io?
La solitudine terribile
è quella che soffri
in compagnia d’altri.
Sarina
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