Diecimila migranti sfruttati nelle campagne italiane
di Gianluca Cicinelli (*)
Sono circa diecimila sparsi soprattutto al Sud ma con massicce presenza in Piemonte e Lombardia. Sono i migranti occupati nell’agricoltura italiana secondo un rapporto elaborato dal ministero del Lavoro e dall’Anci nell’ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020–2022. Lo studio nasceva dall’esigenza d’individuare anche le amministrazioni locali destinatarie dei 200 milioni di euro del Pnrr investiti con l’obiettivo di superare questi insediamenti, dove nella quasi totalità dei casi si tratta di situazioni vessatorie, con diritti sindacali e civili negati e privi di servizi essenziali e di servizi per l’integrazione.
I Comuni hanno risposto al questionario individuando anche, quando possibile, gli insediamenti informali o spontanei non autorizzati. Ma sono stati gli stessi enti locali a far presente la difficoltà di una stima precisa persino nel dividere per genere le presenze e per quanto riguarda la regolarità o meno dei permessi di soggiorno. Hanno partecipato 3.851 comuni, in 608 dei quali si registra la presenza di migranti al lavoro in agricoltura. Cuneo risulta essere la Provincia con il maggior numero di strutture alloggiative, temporanee o stabili attivate da soggetti pubblici o privati, nelle quali vivono questi lavoratori. Se i servizi essenziali, negli insediamenti informali, sono scarsamente presenti, gli interventi sociosanitari e, più in generale, tutti quelli finalizzati a favorire l’integrazione dei migranti, risultano praticamente assenti, scrive l’Anci nel rapporto. Per la distribuzione sul territorio dei comuni si può consultare la Tabella 1 qui di seguito.
La segnalazione relativa ai casi che riguardano gli episodi di caporalato mostrano che la situazione è più critica negli insediamenti informali con il 25,8% rispetto a quelli formali con il 10,4%. Insediamenti informali e fenomeni di ghettizzazione non sono quindi problematiche esclusivamente abitative e non riguardano solo i migranti ma aggravano le condizioni lavorative, economiche e sociali di interi territori.
Dall’ultima rilevazione Istat gli stranieri censiti in Italia sono 5.171.894, l’8,4% della cittadinanza complessiva. L’Italia occupa il quattordicesimo per presenze straniere nella graduatoria dei 28 Paesi Ue. Dopo il lavoro domestico e di cura delle persone, l’agricoltura costituisce il maggior settore di impiego/sfruttamento delle donne migranti, come confermano i dati nazionali sulle donne vittime di tratta e/o grave sfruttamento valutate dai progetti anti-tratta. La maggiore presenza complessiva proprio all’interno dei flussi migratori delle donne fa comprendere l’accentuata presenza nel mercato del lavoro agricolo. Le paghe sono minori fimo alla metà degli uomini a parità di orari di lavoro.
Come è stato più volte sottolineato in precedenza, i fenomeni di sfruttamento lavorativo e caporalato non sono né territorialmente circoscritti né recenti. Sono problematiche afferenti a “schemi mentali, prima ancora che produttivi, ben definiti e radicati”, si legge nel rapporto. L’immigrazione non ha generato questa situazione ma la sta trasformando e caratterizzando attraverso una progressiva sostituzione degli autoctoni sia sul versante dei lavoratori che su quello dei caporali portando a un conseguente innalzamento dei margini di profitto e producendo quella che è stata definita “la più grande mutazione antropologica” degli ultimi decenni nel Mezzogiorno d’Italia.
(*) articolo in origine pubblicato su https://diogeneonline.info/sono-diecimila-i-migranti-sfruttati-nelle-campagne-italiane/
Sempre su Diogene trovate l’articolo ” Fare soldi in Germania con le deportazioni degli immigrati” a questo link: https://diogeneonline.info/fare-soldi-in-germania-con-le-deportazioni-degli-immigrati/